Cass. civ., sez. I, sentenza 02/09/2005, n. 17702

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La specifica eccezione al divieto della prova per testimoni, prevista dall'art. 2724, n. 2, cod. civ. nel caso di impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta, cede, in forza del successivo art. 2725, rispetto ad ogni prescrizione di forma, "ad substantiam" o "ad probationem", che la legge imponga per il documento di cui abbia a trattarsi. Detta eccezione non trova pertanto applicazione con riguardo alle riserve dell'appaltatore nell'appalto di opere pubbliche, in rapporto alle quali il requisito di forma è prescritto dagli artt. 35 e 54 del regolamento di contabilità dei lavori pubblici (r.d. 25 maggio 1895, n. 350) - che configurano le riserve come atti a forma vincolata - e discende, altresì, dalla stessa previsione normativa di una documentazione specificamente tipizzata dei fatti attinenti allo svolgimento dell'appalto.

L'obiettiva difficoltà, in cui si trovi la parte, di fornire la prova del fatto costitutivo del diritto vantato non può condurre ad una diversa ripartizione del relativo onere della prova, che grava, comunque, su di essa; né, d'altro canto, la circostanza che detta prova sia venuta a mancare per fatti imputabili alla parte che ha interesse contrario alla prova stessa, implica che questa debba considerarsi acquisita e la domanda debba essere accolta. (Fattispecie relativa a domanda di pagamento di maggiori somme proposta da un appaltatore di opere pubbliche in relazione alle riserve formulate nel corso dell'esecuzione dei lavori, la quale era risultata sfornita di prova a seguito dello smarrimento della documentazione del rapporto contrattuale, custodita presso gli uffici del comune appaltante).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 02/09/2005, n. 17702
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17702
Data del deposito : 2 settembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P V - Presidente -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. C W - rel. Consigliere -
Dott. P S - Consigliere -
Dott. D C C - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CALDERONI S.R.L., in persona del Presidente pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati MUSSO PIANTELLI GIOVANNI, COSTA TERESA MARIA, IO PAOLO, giusta procura speciale per Notaio L C di Genova, rep. 37186 dell'11.02.05;



- ricorrente -


contro
COMUNE DI G, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIALE GIULIO CESARE

14, presso l'avvocato R E, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato D, giusta mandato in calce al controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 97/01 della Corte d'Appello di G, depositata il 15/02/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/05/2005 dal Consigliere Dott. W C;

udito per il ricorrente, l'Avvocato IO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito per il resistente, l'avvocato P, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAFIERO

Dario che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Genova il 09.02.1998 nel giudizio introdotto con citazione del 10.03.1993 dalla s.r.l. Impresa Edilstradale Calderoni e nei confronti del Comune della stessa Città, nel giudizio di appello, residuò come materia del contendere, oltre alla domanda relativa agli interessi moratori sulle somme che il Tribunale aveva riconosciuto dovute all'impresa e all'altra relativa al rivendicato maggior danno ex art. 1224 cod. civ., la domanda di pagamento delle maggiori somme che detta società
appaltatrice aveva avanzato con riferimento a quanto durante l'esecuzione dell'appalto aveva formato oggetto delle riserve indicate alle lettere A), D), E), F), 6) ed H).
In ordine a tali somme il c.t.u. aveva riferito di non aver potuto disporre della documentazione del rapporto contrattuale che, custodita all'origine presso gli uffici del Comune, era risultata non più reperibile affermando conclusivamente che quella limitata documentazione esaminata "non permetteva la determinazione esatta delle misure superiori o diverse da quelle contrattuali ne' di comprendere le particolari condizioni che avevano indotto l'impresa a formulare le riserve", sulle quali cadeva l'indagine richiesta dal g.i., ed altresì che "non si avevano elementi di salutazione certi per controllare oggettivamente la validità delle riserve e delle controdeduzioni formulate dalle parti in causa, non potendosi controllare ne' le misure ne' conoscere i fatti determinati riportati nella documentazione ufficiala" dell'appalto.
Il Tribunale, preso atto di tali conclusioni del c.t.u., osservò che la verificata circostanza dello smarrimento della documentazione contabile non poteva risolversi in un esonero dall'attrice dall'onere della prova sicché non restava che prendere atto che la stessa attrice non aveva adempiuto al predetto onere. In via integrativa, lo stesso Tribunale, valorizzando la consulenza tecnica nelle parti in cui la medesima aveva esposto conclusioni meritevoli di essere condivise, pervenne ad un giudizio di inaccoglibilità delle maggiori pretese della società appaltatrice in ordine a ciascuna delle suindicate riserve, motivando tale giudizio con argomenti che si riassumevano, per tutte le riserve, nell'assenza di prova dei fatti costitutivi dei maggiori oneri che l'appaltatrice sosteneva di aver sostenuto.
La Corte di Appello, con la sentenza ora impugnata (n. 97 emessa il 15.02.2001), confermò sul punto il giudizio del Tribunale ritenendo infondate le doglianze dell'impresa appellante, incentrate sul quesito "quali conseguenze dovessero trarsi dal fatto che l'amministrazione committente non aveva diligentemente custodito i documenti de quibus, cagionando la perdita degli stessi e così il venir meno della fonte della prova oggettiva dei fatti costitutivi delle proprie pretese, inizialmente riflesse nelle riserve tempestivamente formulate", quesito al quale corrispondevano le richieste sul piano processuale di ammissione di una prova per testimoni e sul piano sostanziale di una liquidazione in via equitativa del preteso compenso supplementare.
Detta Corte osservò quanto segue:
a) il concetto, nel quale si riassumeva la motivazione della sentenza del primo giudice, che dallo smarrimento di atti il cui contenuto è ignoto non sia ricavabile alcuna inversione dell'onere della prova a favore dell'attore e a carico del convenuto, appariva giuridicamente corretto. Se pur era vero che la reiezione della domanda da parte del tribunale non era sorretta da un giudizio di certezza di contenuto negativo, ciò non giovava all'impresa appaltatrice stante l'oggettivo criterio dell'onere della prova a cui soggiace l'accertamento degli elementi fattuali costituenti il presupposto del venire in essere del diritto fatto valere in giudizio. b) la prova testimoniale dedotta dall'appellante risultava inammissibile perché avente ad oggetto non già determinate specifiche circostanze di fatto bensì, con l'affermazione che i maggiori oneri di cui trattavasi erano stati sostenuti dall'impresa, l'anticipazione del giudizio sui riflessi economici e quindi sulle conseguenze giuridiche dei fatti che restavano indimostrati. c) l'aspirazione dell'appellante ad ottenere, in mancanza del non conseguito risultato probatorio al quale ora specificamente preordinata la verifica della documentazione ufficiale dell'appalto, quanto meno una liquidazione equitativa del preteso compenso supplementare, non poteva trovare accoglimento atteso che detta liquidazione equitativa trovava applicazione soltanto al fine di sopperire alla impossibilità di determinazione quantitativa del diritto del quale sia tuttavia certa l'esistenza, ma non già al fine di superare il dubbio sulla stessa esistenza dei fatti costitutivi del diritto medesimo ossia allorché il dubbio investe lo stesso an debeatur.
Avverso tale sentenza la S.r.l. Calderoni ha proposto ricorso per Cassazione, al quale resiste, con controricorso, il Comune di Genova. Entrambe le parti hanno depositato, ciascuna, una propria memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato ad un unico mezzo rubricato "violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 3698 c.c. 12 delle preleggi, dell'art. 1359 c.c., dell'art. 3 della Costituzione, degli artt. 1374- 2043 c.c. dell'art. 11 c.p.c., nonché del principi generali in materia di onere della prova" e svolto con le seguenti argomentazioni:
1) costituivano dati ritenuti pacifici dalla corte genovese a) che la prova certa e piena dei fatti costituenti il fondamento dei diritto vantato da essa impresa di percepire gli importi per i maggiori oneri e spese non avrebbe potuto fondarsi che sul libretto delle misure, sul registro di contabilità e sul giornale dei lavori (tutti necessari all'accertamento delle prestazioni dell'appaltatore ex art. 38 del r.d. n. 350 del 1895 ed ai sensi dell'art. 69 del Capitolato
generale del Comune di Genova e costituenti atti pubblici);
b) che detta essenziale documentazione era custodita presso il Comune di Genova il quale a mezzo del proprio consulente aveva dichiarato che la stessa non era più rinvenibile presso nessuno dei servizi di esso Comune e documentato l'avvenuta presentazione, alla data del 13.03.1995, della denuncia (ai carabinieri di San Teodoro di Genova) di smarrimento";

2) l'errore della Corte di merito e nel richiamarsi semplicemente al brocardo "actore non probante reus absolvitur" laddove l'interpretazione della regola dell'art. 2697 c.c. dev'essere compiuta alla luce dell'art. 12 delle preleggi e dei principi generali cui detta norma rinvia, sicché la Corte medesima avrebbe dovuto tener presente la norma dell'art. 1359 c.c. e ricavarne la conseguenza che "se la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della domanda (costituente la condizione alla quale la domanda può essere accolta) viene a mancare per fatti imputabili alla parte che ha interesse contrario alla prova stessa, questa deve considerarsi acquisita e la domanda deve essere accolta";

3) se è vero che, per disposto dell'art. 2968 c.c. sono nulli i patti con i quali è modificato l'onere della prova quando la modificazione ha per effetto di rendere ad una delle parti eccessivamente difficile l'esercizio del diritto, "a fortiori, nel caso di specie, atteso che l'onere della prova era stato modificato...a causa dell'inadempimento del Comune di Genova all'obbligo di custodia dei documenti dell'appalto, indefettibile conseguenza sarebbe stata quella di assumere senz'altro provati i fatti che detto inadempimento aveva reso impossibile provare";

4) la Corte avrebbe dovuto ritenere - e non aver tenuto conto di tale possibilità ha costituito errore di diritto - che dalla situazione data (smarrimento dei documenti per fatto addebitabile al comune a titolo di inadempimento colpevole) derivava "quantomeno un'attenuazione dell'onere della prova in capo ad essa attrice, dalla quale avrebbe potuto discendere una diversa impostazione dell'istruttoria tecnica e/o una diversa valutazione delle sue risultanze" e conseguentemente ammettere, anche con riferimento agli artt. 2724 c.c. (impossibilità di procurarsi una prova scritta) e 1513 c.c. "costituenti l'una e l'altra applicazioni normative
particolari del generale art. 2697 c.c., sia la prova per testimoni sia la prova per presunzioni.
Sulla base di tali argomenti la ricorrente richiede che la sentenza sia cassata al fine di consentire al giudice di rinvio di "valutare le risultanze tecniche acquisite, disponendone, occorrendo, l'integrazione perché fosse dato di verificare (non già se essa, attrice aveva dato prova positiva dei suoi assunti, bensì) se la stessa avesse dato prova della loro non manifesta infondatezza e probabilità".
Su tali censure, la Corte osserva quanto segue.

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