Cass. pen., sez. I, sentenza 02/08/2018, n. 37578

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 02/08/2018, n. 37578
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 37578
Data del deposito : 2 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MORISCIANO MANUEL nato il 05/03/1996 a GIAVENO avverso l'ordinanza del 09/08/2017 del TRIBUNALE di TORINO sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CENTOFANTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M D M, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Torino - provvedendo ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen. sull'appello proposto da M M, sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere per concorso in omicidio e tentato omicidio, aggravati dai futili motivi - con l'ordinanza in epigrafe confermava quella emessa dal locale G.i.p. in data 26 luglio 2017, con cui era stata disattesa l'istanza di sostituzione della misura in atto con quella degli arresti domiciliari.

2. I fatti erano accaduti in Giaveno, nella tarda serata del 13 gennaio 2017. Si evince dal provvedimento che, in località l'Aquila, nel piazzale antistante l'omonimo ristorante, intorno alle 21,30, erano sopraggiunti due veicoli, un furgone tipo Fiorino e una Jeep Defender, che avevano preso ad eseguire manovre pericolose sul ghiaccio. Erano presenti alcuni motociclisti, essendo il locale anche sede di un club di appassionati del settore, i quali invitavano i conducenti dei veicoli suddetti a desistere, come in effetti avveniva;
quello di loro che era alla guida del Fiorino, poi identificato per il coindagato E R, prima di allontanarsi rivolgeva minacce all'indirizzo degli astanti, annunciando che le avrebbe messe in atto di lì a breve. Mezzora dopo circa, in effetti, si presentavano sul medesimo piazzale due vetture, una Mini Cooper, guidata dal medesimo E R e con a bordo soggetto poi risultato essere M, nonché una Nissan Navara, condotta dal coindagato C R, padre di E. Questi scendeva, impugnando una pistola ed urlando ai motociclisti astanti di mettersi in fila perché li avrebbe ammazzati, quindi estraeva dalla cintola una seconda pistola, ed iniziava a sparare. M si metteva invece alla guida della stessa vettura e con essa, a tutta velocità, investiva il gruppo dei motociclisti. Anche C R sventolava una pistola, sparando dei colpi e poi allontanandosi dal piazzale. Sul posto saranno rinvenuti bossoli e proiettili riconducibili ad un'unica arma, una pistola Glock, modello 23, che sarà poi sequestrata ad E R. A seguito di tali condotte rimanevano feriti Pierluigi O, investito dalla Mini Cooper, ed Alessandro G, colpito alla testa da un colpo d'arma da fuoco;
quest'ultimo, caduto in stato d'incoscienza, decedeva una settimana dopo in ospedale.

3. Rintracciati durante la notte, gli indagati erano sottoposti a fermo di polizia giudiziaria, e nei loro confronti era disposta la misura della custodia in carcere. Le indagini proseguivano con l'effettuazione della consulenza balistica.Dopo il suo deposito M avanzava, nel luglio 2017, l'istanza di concessione degli arresti domiciliari, appellando di seguito, come in premessa, la decisione reiettiva del giudice della cautela. Nel respingere l'appello, il Tribunale osservava che il quadro di gravità indiziaria a carico dell'istante era rimasto immutato dal tempo dell'applicazione della misura, avendo le investigazioni ulteriori confermato le prime emergenze, anche in merito all'individuazione del ruolo di ciascuno dei correi ed alla ricognizione delle ipotizzate individuali responsabilità. La circostanza che M non avesse sparato, confermata dai riscontri tecnici, non influiva sul suo globale contributo concorsuale, ravvisabile nella presenza fisica rafforzativa della condotta materiale altrui e nell'investimento volontario di O. Né era emerso alcun elemento nuovo che potesse essere speso a sostegno di un ridimensionamento del quadro cautelare, nell'ottica di cui all'art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. Il pericolo di recidivanza permaneva nella sua massima intensità, in ragione della brutalità e gratuità della condotta e dell'indole violenta che essa esprimeva, indole confermata dal contenuto di un'intercettazione telefonica tra la fidanzata di M ed una sua amica, da cui emergeva che detto indagato avesse un'insana passione per le armi da fuoco e fosse solito, anche in sua presenza, sparare per puro diletto. Sussisteva altresì l'esigenza di cautela di cui all'art. 274, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., dovendo essere ancora ascoltata la citata fidanzata, che aveva accompagnato E R e M durante il loro primo arrivo sul piazzale, e ne aveva atteso il ritorno all'esito della spedizione punitiva. Le rilevate esigenze non potevano neppure essere fronteggiate da misure rimesse alla sola autolimitazione del sottoposto (quand'anche accompagnate da modalità accessorie tipo il c.d. braccialetto elettronico), in assenza di elementi in grado di vincere la presunzione di adeguatezza di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen.;
elementi che non si sarebbero potuti ridurre al mero stato di formale pregressa incensuratezza, in quanto svilito dalla gravità dell'apporto causale del prevenuto, dalla sua impropria dimestichezza con le armi, dalla personalità refrattaria alle regole e dalla totale assenza di resipiscenza. Non rilevava in contrario né il tempo di presofferto cautelare, inidoneo in sé ad affievolire le esigenze di prevenzione, né la sopravvenuta ammissione agli arresti domiciliari del coindagato C R, stante la necessità in materia di separata e personalizzata valutazione.
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