Cass. pen., sez. IV, sentenza 19/07/2022, n. 28291
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RABIA HAFIDA nato il 01/01/1960 avverso l'ordinanza del 22/11/2021 del GIP TRIBUNALE di PAVIAudita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO D'ANDREA;lette/sentite le conclusioni del PG RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 22 novembre 2021 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia ha dichiarato inammissibile la richiesta di E B A, E B A, R H, E B F ed E B B - persone offese nel procedimento a carico di Adriatici Massimo per il reato di cui agli artt. 52, 55 e 589 cod. pen. - di opposizione al diniego del P.M. di consentire al consulente tecnico delle persone offese di esaminare atti e prove già acquisite dal consulente tecnico nominato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia. 1.1. Ed infatti, con un primo atto del 19 ottobre 2021 le indicate persone offese avevano richiesto al P.M. di fornire il verbale di acquisizione dei reperti video inerenti all'omicidio commesso dall'Adriatici nei confronti del loro congiunto E B Y. Con successiva istanza del 21 ottobre 2021, quindi, avevano richiesto al P.M. di consentire anche la condivisione di prove informatiche estratte dal telefono cellulare sequestrato all'indagato, trovantesi nella materiale disponibilità del consulente tecnico nominato dalla Procura. Entrambe le istanze erano state rigettate dal P.M., con provvedimenti rispettivamente emessi il 22 ed il 26 ottobre 2021. Il successivo 4 novembre 2021, quindi, era stata proposta opposizione al diniego del Pubblico ministero di consentire l'esame degli atti e delle prove già acquisite dal consulente tecnico della Procura, cui aveva fatto seguito la celebrazione dell'udienza camerale del 22 novembre 2021, conclusasi con la contestuale ordinanza con cui il G.I.P. ha dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione presentata dalle persone offese, per mancanza di legittimazione. 1.2. Il G.I.P. ha, in particolare, motivato la propria pronuncia osservando come l'art. 233, comma 1-bis, cod. proc. pen. riservi i poteri indicati dalla norma ai soli consulenti tecnici di una parte privata, mentre, nel caso di specie, le istanze rigettate dal P.M. sono state presentate dalle persone offese, i cui diritti e facoltà sarebbero solo quelli previsti dall'art. 90 cod. proc. pen. Trattandosi, pertanto, di istanza non concernente l'oggetto di un accertamento tecnico irripetibile, non vi sarebbe stata legittimazione da parte delle persone offese ad esercitare i diritti previsti dall'art. 233, comma 1-bis, cod. proc. pen., con conseguente declaratoria di inammissibilità dell'opposizione proposta. 2. Avverso l'ordinanza del G.I.P. Tribunale di Pavia ha proposto ricorso per cassazione la persona offesa R H, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge per erronea applicazione dell'art. 233, comma 1-bis, cod. proc. pen. Rileva la ricorrente come il G.I.P. avrebbe errato nell'interpretare i contenuti dell'art. 233 cod. proc. pen., che al primo comma riconosce a «ciascuna parte», e quindi anche alla persona offesa, la facoltà di nominare un proprio consulente tecnico, quando non sia stata disposta la perizia, e che poi, al successivo comma 1-bis, consente al consulente tecnico delle «parti private», su richiesta del difensore ed autorizzazione del giudice, di esaminare le cose sequestrate, intervenire alle ispezioni ovvero esaminare quanto già abbia costituito oggetto di ispezione. A dire della ricorrente, i poteri previsti dal comma 1-bis dell'art. 233 cod. proc. pen. dovrebbero necessariamente spettare anche al consulente tecnico della persona offesa, altrimenti creandosi un'illogica discrepanza tra i soggetti legittimati a nominare consulenti tecnici, di cui al primo comma, e quelli cui sono riconosciute le facoltà previste dal comma 1-bis, in modo del tutto irrazionale limitandone l'esercizio solo in favore di alcune parti e non di altre. Un'interpretazione logica, sistematica e coerente di tali norme non potrebbe che condurre, infatti, a ritenere che anche il consulente tecnico della persona offesa possa esaminare le cose sequestrate, intervenire alle ispezioni ovvero esaminare quanto già oggetto di precedente ispezione. La dizione «parti private» utilizzata dal legislatore nel comma 1-bis dell'art.233 cod. proc. pen. non andrebbe interpretata così come prevista dall'art. 100 cod. proc. pen., bensì solo come distinguo rispetto alla figura del P.M., cui deve essere fatta la richiesta di autorizzazione ad esaminare gli atti ove si proceda nella fase delle indagini preliminari.
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