Cass. pen., sez. V, sentenza 23/05/2019, n. 22854

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 23/05/2019, n. 22854
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22854
Data del deposito : 23 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente: SENTENZA sul ricorso presentato da: D B G, nato a Piazza Armerina, il 9/1/1983;
avverso la sentenza del 20/4/2018 del Tribunale di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. L P;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. O M, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito per l'imputato l'avv. S C, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Messina ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di D B G per i reati di lesioni volontarie e minacce consumati ai danni di C F.

2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato articolando due motivi. Con il primo deduce errata applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito alla ritenuta attendibilità della persona offesa ed alla idoneità intimidatoria della frase ritenuta minacciosa, peraltro pronunziata al telefono, nonché in merito all'omessa considerazione da parte del Giudice di Pace dell'istanza di rinvio dell'udienza del 5 settembre 2017 per legittimo impedimento dell'imputato, spedita a mezzo posta certificata e regolarmente ricevuta dall'ufficio giudiziario, mentre il suo mancato rinvenimento non sarebbe imputabile allo stesso. Analoghi vizi vengono dedotti con il secondo motivo in merito all'affermata inapplicabilità dell'esimente di cui all'art. 131-bis c.p. nel procedimento dinanzi al Giudice di Pace, invero non prevista da tale disposizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Premesso che il provvedimento impugnato è stato adottato il 20 aprile 2018 e che contiene motivazione tutt'altro che apparente in merito all'affermazione della responsabilità dell'imputato, devono innanzi tutto ritenersi inammissibili tutte le censure avanzate dal ricorrente ai sensi della lett. e) dell'art. 606 c.p.p., atteso che, ai sensi del comma 2-bis dello stesso articolo e dell'art. 39-bis del d. Igs. n. 274/2000 (così come introdotti dal d. Igs. n. 11/2018, entrato in vigore il 6 marzo 2018), contro le sentenze di appello pronunziate per reati di competenza del Giudice di Pace non può essere proposto ricorso per cassazione per motivi diversi da quelli previsti dalle lett. a), b) e c) del citato art. 606 c.p.p., rimanendo dunque inibita la prospettazione di meri vizi della motivazione. Generica deve invece ritenersi l'eccepita erronea applicazione della legge penale, che in realtà si traduce nella prospettazione di ulteriori e - come detto - indeducibili vizi di motivazione della sentenza impugnata.
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