Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 20/03/2019, n. 07754

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 20/03/2019, n. 07754
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 07754
Data del deposito : 20 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

NANZA sul ricorso iscritto al n. 24075/2011 R.G. proposto da ANTONELLA s.n.c., società cessata, in persona dell'ex legale rappresentante e da G M P entrambe rappresentate e difese giusta delega in atti dall'avv. C L presso il quale in Roma, via Crescenzio n. 91, sono elettivamente domiciliate

- ricorrente -

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato;
- intimata - E

contro

EQUITALIA NOMOS s.p.a. in persona del suo legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa giusta delega in atti dagli avv. ti M C e S R ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via delle Quattro Fontane n. 161 presso lo studio di quest'ultimo procuratore Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 51/34/10 depositata il 7/07/2010, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell'adunanza camerale del 4/10/2018 dal consigliere R S;
Rilevato che: - con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l'appello dei contribuenti, confermando la pronuncia di prime cure e sancendo la legittimità della cartella di pagamento impugnata;
- avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione la società cessata e il socio in proprio con atto affidato a quattordici motivi resiste con controricorso il riscossore;

Considerato che:

- è necessario preliminarmente esaminare le eccezioni di improcedibilità e di inammissibilità del ricorso principale formulate dal controricorrente;
- quanto all'eccezione di improcedibilità del ricorso principale, la Corte rileva come gli atti processuali siano sufficientemente descritti e/o adeguatamente trascritti, per quanto interessa, in ricorso;
pertanto l'eccezione è infondata;
- quanto all' eccezione di inammissibilità del ricorso principale, la stessa è fondata, per le ragioni e con le precisazioni di cui in motivazione;
- venendo ai motivi di ricorso principale, ritiene la Corte che gli stessi risultino inammissibili non per difetto di specificità in ciascuno, ma in quanto costituenti triplici censure (due si ritrovano nella rubrica di ciascun motivo, nella quale si fa riferimento agli artt. 360 c. 1 n. 3 e n.5 c.p.c., e una terza nel corpo del motivo, ove si fa riferimento alla mancata pronuncia del giudice di appello su quanto dedotto in motivo, censurando quindi la sentenza impugnata per violazione, in sostanza, degli artt. 112 e 360 c. 1 n. 4 c.p.c.);
- come è noto ritiene la Corte che (Cass. Sez. U., Sentenza n. 9100 del 06/05/2015 ) in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d'inammissibilità dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate orde consentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati;
- nel presente caso, l'articolazione dei motivi rende impossibile distinguere all'interno di ciascuno le censure relative alla violazione del n. 3 rispetto a quelle relative alla violazione del n. 5 della disposizione invocata;
e ciò a maggior ragione in quanto il corpo del motivo contiene, in modo da non consentirne altra qualificazione, l'ulteriore censura riferita al vizio di omessa pronuncia pure essa diretta contro le stesse statuizioni della sentenza colpite dalle due censure predette;
- ferma restando quindi l'inammissibilità di tutti i motivi, gli stessi si rivelano comunque anche infondati come ora analiticamente si dirà;
- con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e mancata applicazione dell'art. 32 c. 1 d. Lgs. n. 546 del 1992, dell'art. 12 c. 4 d.P.R. n. 602 del 1973, dell'art. 62 d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione con l'art. 360 c.1 n. 3 e n. 5 c.p.c., per non avere la CTR, commettendo errore di diritto e non esprimendosi sul punto, annullato l'atto impugnato in quanto a fronte dell'eccezione del contribuente in ordine al difetto di sottoscrizione del ruolo, essa CTR ha ritenuto tempestiva la produzione documentale riferita alla regolare sottoscrizione anche se il documento in parola è stato prodotto all'udienza pubblica, in violazione dei termini di cui all'art. 32 c. 1 ricitato;
- il motivo è comunque anche infondato, come si è premesso, in quanto se è vero che questa Corte t-ia già stabilito (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3661 del 24/02/2015) chedrtema di contenzioso tributario, il giudice d'appello può fondare la propria decisione sui documenti tardivamente prodotti in primo grado, purché acquisiti al fascicolo processuale in quanto tempestivamente e ritualmente prodotti in sede di gravame entro il termine perentorio di cui all'art. 32, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di venti giorni liberi prima dell'udienza, applicabile in secondo grado stante il richiamo, operato dall'art. 61 del citato decreto, alle norme relative al giudizio di primo grado, è altrettanto vero che si è anche statuito come (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12243 del 18/05/2018) in tema di riscossione, il ruolo esattoriale - quale atto amministrativo - è assistito da una presunzione di legittimità che spetta al contribuente superare mediante prova contraria, sicché, ove lamenti la carenza di sottoscrizione prescritta dall'art. 12, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973, deve darne dimostrazione tramite istanza di accesso, fermo restando, peraltro, che, in virtù del principio di tassatività delle nullità, in mancanza di sanzione espressa, la violazione di detta disposizione non dà luogo ad alcuna invalidità;
conseguentemente, anche ove la produzione documentale fosse stata ritenuta tardiva, il contenuto della prova non fornita non poteva e non può avere conseguenze sulla validità dell'atto impugnato sia esso cartella (come si dirà) sia esso ruolo;
- con il secondo motivo di denuncia violazione e mancata applicazione dell'art. 12 c. 4 d.P.R. n. 602 del 1973, dell'art. 2 c. 1 D.M. 321 del 1999;
violazione e mancata applicazione dell'art. 4 c. 2 d. Lgs. n. 165 del 2001;
dell'art. 19 e dell'art. 53 d. Lgs. n. 300 del 1999, dell'art.2697 c.c., dell'art. 62 d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione con l'art. 360 c.1 n. 3 e n. 5 c.p.c., - il motivo è anche infondato, per le ragioni espresse in sede di decisione sul rigetto del primo motivo;
- con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e mancata applicazione degli artt. 4 e 5 del d. Lgs. N. 237 del 1997 e del D. M. 24 dicembre 1997;
dell'art. 13 c. 1 d.P.R. n. 602 del 1973;
dell'art. 2694 c.c.;
dell'art. 2953 c.c., dell'art. 632 d. Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all'art. 360 c.1 n. 3 e n. 5 c.p.c., in sostanza la CTR avrebbe erroneamente e senza ragione ritenuto tempestiva l'azione di riscossione;
- il motivo è anche infondato: - va premesso come il motivo faccia riferimento all'asserita decadenza relativa alla riscossione dell'imposta di registro, mentre nel presente caso, come risulta dagli atti incluso il ricorso, trattasi di IVA;
peraltro, ove si fosse trattato di imposta di registro, il motivo sarebbe stato comunque infondato, poiché questa Corte ritiene (Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 11555 del 11/05/2018) che in tema di imposta di registro, una volta divenuto definitivo l'avviso di liquidazione per mancata impugnazione, ai fini della riscossione del credito opera unicamente il termine decennale di prescrizione di cui all'art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986, non trovando applicazione né il termine triennale di decadenza previsto dall'art. 76 del detto decreto, concernente l'esercizio del potere impositivo, né il termine di decadenza contemplato dall'art. 17, comma 3, del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto l' imposta di registro non è ricompresa tra i tributi ai quali fa riferimento il d.lgs. n. 46 del 1999;
- orbene, in materia di IVA (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13929 del 24/06/2011) in tema di riscossione delle imposte mediante ruolo, in virtù del combinato disposto degli artt. 17, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e 57, comma 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l'iscrizione a ruolo per l' IVA deve aver luogo non già entro il termine decennale di prescrizione previsto dall'art. 2946 cod. civ., ma entro quello di decadenza di quattro anni e, nel caso si tratti di IVA per annualità precedenti al 1990 (nella specie, per l'anno 1989), entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui cadeva il "dies a quo", da individuarsi nella data di entrata in vigore del Servizio centrale della riscossione, avvenuta il 10 gennaio 1990;- poiché nel caso che ci occupa la sentenza che ha definito la controversia "a monte" è del 10 marzo 2006, e l'esecutività del ruolo è del 22 gennaio 2007, mentre la notifica dello stesso tramite la cartella di pagamento è del 26 marzo 2007, l'azione del riscossore è certamente tempestiva dovendosi avere come riferimento per l'individuazione del dies a quo quello in cui l'atto di rettifica è divenuto definitivo (non per mancata impugnazione, in quanto concretamente è stato impugnato, ovviamente) in forza della sentenza di questa Corte che lo ha ritenuto legittimo;
- con il quarto motivo si denuncia violazione e mancata applicazione dell'art. 130 c. 2 d.P.R. 43 del 1988, dell'art. 68 d. Lgs. 112 del 1999, dell'art. 14 c. 1 lett. B), dell'art. 17 c. 1 lett. C) del d.P.R. n. 602 del 1973, dell'art. 62 d. Lgs. n. 546 del 1992, tutti in relazione all'art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 c.p.c.;
anche in questa sede la contribuente contesta la tempestività della riscossione, sotto il profilo del ritardo nella formazione del ruolo, che avrebbe comportato decadenza dell'azione;
- per le ragioni di cui si è detto in sede di decisione del precedente motivo, anche il motivo qui esaminato è anche infondato;
- con il quinto motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 25 c.
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