Cass. pen., sez. II, sentenza 20/03/2023, n. 11645

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 20/03/2023, n. 11645
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11645
Data del deposito : 20 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: D'A A nato a GRAGNANO il 17/11/1980 DI R L nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 27/01/1981 avverso la sentenza del 04/12/2020 della CORTE di APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere M M M;
udite le conclusioni del Procuratore Generale, Sost. Proc. Gen. FERDINANDO LIGNOLA, per il rigetto per entrambi i ricorrenti;
udito l'avv. GIANLUIGI DI RUOCCO che, in difesa di D'A A e DI R L, illustra i motivi e chiede l'accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

La CORTE d'APPELLO di NAPOLI, con sentenza del 4/12/2020, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal GIUDICE per le INDAGINI PRELIMINARI del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA il 3/7/2013, ha dichiarato non doversi procedere per il reato di tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni di cui al capo C) perché estinto per prescrizioni e, rideterminata la pena, ha confermato nel resto la condanna nei confronti di DI R L per il reato di rapina di cui all'art. 628 cod. pen. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante, ha rideterminato la pena e confermato nel resto la condanna nei confronti di D'A A in relazione al í medesimo reato di rapina aggravata di cui all'art. 628 cod. pen. oggetto dello stesso capo A).

1. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati che, a mezzo del comune difensore, hanno dedotto i seguenti motivi.

1.1. Vizio di motivazione con riferimento alla dichiarazione di responsabilità.

1.2. Violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti.

1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza per Leonardo D R.

1.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena anche Leonardo D R. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono complessivamente infondati.

1. Nel primo motivo la difesa deduce il vizio di motivazione con riferimento alla dichiarazione di responsabilità rilevando che la conclusione della Corte territoriale, che non avrebbe tenuto in alcun conto la circostanza che in merito ai medesimi fatti ci sono state due difformi pronunce -quella del Tribunale del riesame che ha escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dei ricorrenti, e quella di condanna pronunciata all'esito del giudizio abbreviato sul medesimo compendio probatorio- sarebbe il risultato di una illogica ed errata valutazione delle prove. La decisione di entrambi i giudici di merito, d'altro canto, si fonderebbe esclusivamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa che, di contro, avrebbe avuto uno specifico interesse a riferire elementi difformi da quanto accaduto in virtù della somma pacificamente dovuta al ricorrente D R. In merito alla credibilità della persona offesa, poi, la Corte territoriale avrebbe omesso di affrontare le questioni poste dalla difesa nell'atto di appello, nel quale erano evidenziate le incongruenze che risultavano nella versione dei fatti da questa resa. A ben vedere, infine, anche gli altri soggetti presenti a fatti non avrebbero riferito di avere assistito ad atti di violenza o a minacce finalizzati a impossessarsi del furgone ma solo di una discussione relativa alla restituzione di una somma di denaro. La doglianza è manifestamente infondata. La Corte, la cui motivazione si salda e integra con quella del giudice di primo grado, ha infatti fornito congrua risposta alle critiche contenute nell'atto di appello ed ha esposto gli argomenti per cui queste non erano in alcun modo coerenti con quanto emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale. Alla Corte di cassazione, d'altro canto, è precluso, e quindi i motivi in tal senso formulati non sono consentiti, sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito. Il controllo che la Corte è chiamata a operare, e le parti a richiedere ai sensi dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., infatti, è esclusivamente quello di verificare e stabilire se i giudici di merito abbiano o meno esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Rv 203428;
per una compiuta e completa enucleazione della deducibilità del vizio di motivazione Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601;
Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062: Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217;
Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482). Sotto tale aspetto, a fronte di una motivazione coerente e logica quanto alla credibilità della persona offesa e alle prove acquisite (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata con lo specifico riferimento agli elementi di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa) ogni ulteriore critica, che trova peraltro fondamento in una diversa ed alternativa lettura dell'istruttoria dibattimentale, risulta del tutto inconferente ("esula dai poteri della Cassazione, nell'ambito del controllo della motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacché tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell'iter" argomentativo di tale giudice, accertando se quest'ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione", in questo senso da ultimo Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217). Né, d'altro canto, considerato peraltro il rinvio alla sentenza di primo grado che si confronta in termini diretti e specifici con la decisione del Tribunale del riesame, risulta esserci alcuna discrasia effettiva e sostanziale tra l'affermazione di responsabilità e il contenuto dell'ordinanza pronunciata in sede cautelare, provvedimento questo emesso in una diversa fase e che non ha alcun effetto nel giudizio di merito, anche se questo viene celebrato con le forme del rito abbreviato. La preclusione endoprocessuale determinata dalla decisione emessa in sede cautelare, d'altro canto, ha efficacia solo in tale fase incidentale (cfr. Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235908 - 01 e, da ultimo, Sez. 5, n. 27710 del 04/05/2018, Bertocchi, Rv. 273648 - 01) tanto che deve ribadirsi che il giudice del merito non è in alcun modo vincolato dal tenore delle decisioni assunte dal giudice della cautela, allo stato degli atti e sulla base di una valutazione sempre e comunque parziale in quanto j17 circoscritta agli elementi posti a fondamento della richiesta di applicazione della misura, sia quanto alla valutazione delle prove (Sez. 3, n. 4976 del 18/10/2018, dep. 2019, Aloisi, Rv. 275694 - 02: "Le pronunce emesse in sede di giudizio incidentale, promosso per il riesame delle misure caute/ari reali, non sono vincolanti nel giudizio di merito nel quale il giudice conserva integro il potere di valutare gli elementi di prova indipendentemente dall'esito del giudizio cautelare") che in ordine alle soluzioni adottate in merito alle questioni di diritto sollevate e decise nel diverso e distinto procedimento cautelare (Sez. 3, n. 1125 del 25/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280271 - 01: "In tema di intercettazioni, il giudicato cautelare formatosi in punto di inutilizzabilità degli esiti captativi, a seguito di pronuncia della Corte di cassazione, non produce alcun effetto preclusivo e vincolante sulle determinazioni del giudice dibattimentale del procedimento principale, che provvede con autonomia piena a rivalutare le relative questioni, anche in ordine alla legittimità del mezzo di prova").
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