Cass. pen., sez. I, sentenza 10/09/2020, n. 25803
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: AI TA nato a [...] il [...] avverso l'ordinanza del 02/10/2019 del GIP TRIBUNALE di LAGONEGROudita la relazione svolta dal Consigliere GIACOMO ROCCHI;
lette le conclusioni del PG d.ssa Giuseppina Casella che ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata limitatamente alla convalida dell'arresto pronunciata nei confronti dell'imputato per il reato di cui al capo B) dell'imputazione e per il rigetto del ricorsi nel resto
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lagonegro convalidava l'arresto operato nei confronti di AC ET in relazione ai delitti di cui agli artt. 23 legge 110 del 1975 nonché 10 e 14 legge 497 del 1974. A AC erano state sequestrate numerose armi ricevute in eredità dal padre OM, custodite in una cassaforte chiusa con una chiave di sicurezza e posta all'interno di un garage della cui saracinesca l'indagato possedeva le chiavi. Le armi erano state spostate in un luogo diverso senza alcuna comunicazione o autorizzazione. Il padre era titolare di una licenza per collezione di armi antiche, artistiche e rare, con esclusione di quelle da guerra;
era, altresì, titolare di porto d'armi. A suo tempo, le armi erano state denunciate al Comando Stazione Carabinieri di Terranova di Pollino. AC ET aveva presentato istanza per il rilascio di licenza per armi comuni da sparo relativamente al diverso luogo di custodia che, peraltro, non era stata ancora rilasciata. Di conseguenza, la polizia giudiziaria aveva arrestato l'indagato per la detenzione delle armi in assenza di qualsiasi autorizzazione. Per di più, in precedenza, un parente era stato trovato in possesso di tre fucili e non tutte le armi sequestrate corrispondevano a quelle per le quali il defunto OM AC aveva ottenuto la licenza di collezionista. Il P.M. aveva disposto la liberazione dell'arrestato e aveva chiesto al G.I.P. la convalida dell'arresto limitatamente al delitto di detenzione di quattro fucili recanti matricola abrasa, da ritenersi armi clandestine. Il G.I.P. riteneva sussistente la flagranza per entrambi i capi di imputazione contestati: l'indagato era in possesso di una enorme quantità di armi, di cui quattro senza matricola, senza avere titolo per la detenzione. Tenuto conto dei limiti di accertamento richiesti per la convalida dell'arresto, il cui giudizio deve essere ancorato agli elementi di cui la polizia giudiziaria era in possesso al momento dell'arresto, essendo richiesto soltanto il collegamento materiale tra l'arrestato e la condotta costituente reato, anche in mancanza di elementi riguardanti la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, non erano rilevanti gli approfondimenti operati successivamente al sequestro sul pessimo stato di conservazione di alcune armi e sulla possibilità che, sotto lo strato di ruggine di quelli ritenuti clandestini, fosse reperibile la matricola: era sufficiente considerare che, al momento dell'intervento della polizia giudiziaria, i fucili non risultavano avere la matricola e che l'arrestato non possedeva un valido titolo di detenzione. Gli ulteriori elementi sarebbero stati approfonditi nel corso del procedimento. L'arresto per la detenzione delle armi clandestine era obbligatorio, mentre quello per la detenzione delle armi era facoltativo, ma giustificato dalla gravità del fatto, attesa la mole delle armi rinvenute. Il G.I.P. osservava che il P.M., avendo disposto la liberazione dell'arrestato ai sensi dell'art. 121 disp. att. cod. proc. pen., non aveva il potere di delimitare il perimetro valutativo del G.I.P. che, quindi, comprendeva anche il reato di detenzione di armi da fuoco. Sussisteva la flagranza e i termini per la richiesta di convalida erano stati rispettati.
2. Ricorre per cassazione il difensore di AC ET sottolineando che le quattro armi ritenute clandestine tali non erano: tre erano armi antiche antecedenti al 1920 e la quarta, ad aria compressa, non poteva essere considerata arma;
esse erano, comunque, munite degli elementi identificativi, come provato dalla CTP trasmessa al G.I.P. all'udienza di convalida dell'arresto;
non sussisteva, inoltre, il delitto di detenzione illegale di armi comuni da sparo, atteso che la denuncia era stata presentata fin dal mese di giugno 2013, dopo la morte del padre del ricorrente, unitamente alla richiesta di voltura delle licenze per collezione intestate al genitore defunto. In un primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge penale e processuale, in particolare delle norme incriminatrici nonché degli artt. 380, 381 e 391, comma 4 cod. proc. pen. L'arresto non poteva essere eseguito perché le armi in sequestro erano state regolarmente denunciate ai Carabinieri di Senise, che avevano trasmesso le denunce alla Questura di Potenza e al Comando provinciale Carabinieri unitamente alla richiesta di rilascio della licenza per la collezione. I Carabinieri che avevano operato il sequestro e il successivo arresto avevano scoperto le armi denunciate nel 2013. La denuncia comprendeva anche la comunicazione del trasferimento a Senise. Inoltre, le quattro armi oggetto della separata imputazione erano antiche, macroscopicamente inefficienti e provviste di segni identificativi. La richiesta di voltura della licenza per collezione non era stata affatto rigettata dal Questore di Potenza che, al momento, non aveva provveduto.