Cass. civ., sez. II, ordinanza 05/10/2020, n. 21267

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In tema di misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, il divieto di vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, beni a qualsiasi persona, entità o organismo iraniana/o, o per un uso in Iran, contemplato dall'art. 2 del Regolamento (UE) n. 267 del 2012, riguarda esclusivamente i beni elencati negli allegati I o II del medesimo Regolamento, atteso che la finalità della previsione non è quella di porre un generale ed assoluto divieto di trasferimento di qualsivoglia bene verso l'Iran, bensì di limitare il trasferimento solo dei beni a cd. duplice uso.

L'acquiescenza costituisce atto dispositivo del diritto di impugnazione e, quindi, indirettamente, del diritto fatto valere in giudizio, sicché la relativa manifestazione di volontà deve essere inequivoca e deve necessariamente provenire dal soggetto che di detto diritto possa disporre o dal procuratore munito di mandato speciale. (Nella fattispecie, la S.C. ha escluso che potesse assumere univoco significato di atto di acquiescenza una comunicazione tra uffici dell'amministrazione che richiamava soltanto una pregressa presupposta rinuncia all'impugnazione, in relazione alla quale nulla risultava dimostrato).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, ordinanza 05/10/2020, n. 21267
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21267
Data del deposito : 5 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

I . C E T 21267-20 N E S E LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: SANZIONI TRIBUTIDott. ROSA MARIA DI VIRGILIO Presidente - Dott. A C - Consigliere - Ud. 05/03/2020 - Dott. GIUSEPPE DE MARZO - Consigliere - CC R.G.N. 8133/2017 - Rel. Consigliere - Dott. M CCUOLO Aon 21267 Rep. Dott. C B MRCHEIS - Consigliere - ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 8133-2017 proposto da: MINISTERO ECONOMIA FINANZE 80415740580, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- ricorrente -

ふcontro S SA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DANTE DE BLASI 5, presso lo studio dell'avvocato MARCO PAOLO FERRARI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato R N giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2161/2016 della CORTE D'APPELLO di 19/10/2015 VENEZIA, depositata il 25/01/2017;
788120 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2020 dal Consigliere Dott. M CCUOLO;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. C C, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
Lette le memorie di parte controricorrente FATTI DI CAUSA Con decreto dirigenziale n. 2/FT/2014, emesso dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, venne irrogata alla SAFILO S.p.a. la sanzione amministrativa pecuniaria di 35.000,00 Euro per aver tentato - in violazione del D. Lgs. 22 giugno 2007, n. 109, art. 5, recante "Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE" - di esportare in Iran, in data 22 giugno 2012, merce del valore di 68.396,71 Euro destinata alla società Nialla Trading Co. (Iran) tramite la società Tide Water Middle East Arabital (Iran), inclusa nell'elenco di cui all'allegato IX al Reg. (UE) n. 267/2012 del Consiglio del 23 marzo 2012. Con ricorso D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, ex art. 32 e L. n. 689 del 1981, art. 22, depositato in data 13 giugno 2014, la SAFILO propose opposizione innanzi al Tribunale di Padova avverso il predetto decreto. Si costituì il Ministero dell'Economia e delle Finanze, eccependo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario in favore del TAR del Lazio e asserendo, nel merito, la fondatezza della propria pretesa sanzionatoria. Con sentenza n. 1691 del 9 settembre 2015, il Tribunale di Padova accolse l'opposizione e, per l'effetto, annullò il decreto di ingiunzione opposto con conseguente condanna del Ministero Ric. 2017 n. 08133 sez. S2 ud. 05-03-2020 -2- convenuto alla restituzione, a favore della società ricorrente SAFILO S.p.a. delle somme pagate. Avverso tale decisione il predetto Ministero propose impugnazione dinanzi alla Corte di Appello di Venezia che, con sentenza n. 2161, pubblicata il 19 ottobre 2016, rigettò il gravame, confermando la decisione assunta dal Tribunale e condannando l'appellante alle spese di quel grado. Avverso la sentenza della Corte territoriale il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi e illustrato da memoria. La SAFILO S.p.a. ha resistito con controricorso. Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15702 dell'11 giugno 2019 hanno rigettato il primo motivo di ricorso, dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario, rimettendo la causa a questa sezione per la decisione del secondo motivo e per le spese del giudizio di legittimità. La detta sentenza, esaminava preliminarmente l'eccezione, sollevata dalla controricorrente, di improponibilità del ricorso per intervenuta acquiescenza, ex art. 329 c.p.c., da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze, per aver con comunicazione del 9 febbraio 2017 prot. DT 10181-9.02.17, indirizzata alla Ragioneria Territoriale dello Stato di Venezia ed inviata in pari data dalla Segreteria tecnica del Comitato di Sicurezza Finanziaria anche al difensore della controricorrente - il Dipartimento del Tesoro del MEF autorizzato la Ragioneria Territoriale di Venezia a procedere al rimborso dell'importo di Euro 35.020,00 in favore della SAFILO S.p.a., dichiarando che la sentenza della Corte di appello di Venezia non sarebbe stata impugnata. Si rilevava che, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità l'acquiescenza costituisce atto dispositivo del diritto Ric. 2017 n. 08133 sez. S2 - ud. 05-03-2020 -3- di impugnazione e, quindi, indirettamente, del diritto fatto valere in giudizio, sicchè la relativa manifestazione di volontà deve essere inequivoca e deve necessariamente provenire dal soggetto che di detto diritto possa disporre o dal procuratore munito di mandato speciale (Cass. 28/01/2014, n. 1764;
Cass. 19/05/2017, n. 12615). Nella specie, non poteva assumere univoco significato di acquiescenza la comunicazione cui fa riferimento la controricorrente, non contenendo un'inequivoca manifestazione di volontà al riguardo, in quanto la stessa richiamava soltanto una pregressa presupposta rinuncia, cui la controricorrente non faceva alcun cenno, in relazione alla quale nulla risultava dimostrato, e che il ricorrente assumeva non essere mai intervenuta. Passando ad esaminare il primo motivo di ricorso con il quale il Ministero deduceva il "difetto di giurisdizione del giudice adito, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1", lamentando l'interpretazione restrittiva, fatta propria dai Giudici di primo e secondo grado, del D.Lgs. n. 109 del 2007, art. 14, che nella versione ratione temporis applicabile attribuisce al TAR del Lazio la competenza territoriale in ordine alle impugnazioni dei provvedimenti previsti dal predetto decreto, le Sezioni Unite hanno osservato che la Corte di Appello di Venezia aveva correttamente ritenuto sussistente la giurisdizione del Giudice ordinario in luogo di quella del giudice amministrativo, in quanto la fattispecie controversa è da ricondurre non già nell'ambito di cui al D.Lgs. n. 109 del 2007, art. 14, comma 1 - che stabilisce la competenza del giudice amministrativo in relazione ai provvedimenti previsti dal decreto medesimo - bensì nell'ambito dell'art. 13, che dispone l'applicazione del Ric. 2017 n. 08133 sez. S2 - ud. 05-03-2020 -4- T.U. delle norme di legge in materia valutaria, di cui al D.P.R. n. 148 del 1998. In particolare, comma 3 del citato art. 13, nella formulazione applicabile ratione temporis al caso di specie, è previsto espressamente che "per l'accertamento delle violazioni di cui ai commi 1 e 2 (dello stesso art. 13) e per l'irrogazione delle relative sanzioni si applicano le disposizioni del titolo II, capi I e II del testo unico in materia valutaria, di cui al D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148 e successive modificazioni, fatta eccezione per le disposizioni dell'art. 30". Orbene, l'art. 32 del citato decreto del Presidente della Repubblica, rubricato "Provvedimento di irrogazione delle sanzioni", prevede espressamente al comma 7 che "Contro il decreto di ingiunzione al pagamento può essere proposta opposizione avanti il pretore del luogo ove è stata commessa la violazione, ovvero, quando questa è stata commessa all'estero, del luogo in cui è stata accertata, entro i termini previsti dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22. Il giudizio davanti al pretore è regolato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23". Tale norma, facente espresso rinvio alla disciplina della L. n. 689 del 1981 quale strumento di tutela avverso İ provvedimenti sanzionatori di irrogazione delle sanzioni da parte del MEF, ha sicuramente portata generale, con la sua conseguente applicazione anche con riferimento al decreto di ingiunzione di pagamento n. 2/FT/2014 prot. 32570 del 15 aprile 2014 impugnato dalla SAFILO S. p.a. Non poteva essere dunque condivisa la tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui il D.Lgs. n. 109 del 2007, art. 14 - che stabilisce che la competenza territoriale per le impugnazioni previste dal presente decreto è attribuita al TAR del Lazio Ric. 2017 n. 08133 sez. S2 - ud. 05-03-2020 -5- troverebbe applicazione per tutti i provvedimenti disciplinati dal citato decreto compresi, dunque, quelli contenenti l'irrogazione di sanzioni pecuniarie, in quanto la competenza del TAR del Lazio deve, buon ragione, essere circoscritta ai provvedimenti previsti e disciplinati dall'art. 4 del decreto. Peraltro, milita in tal senso anche la disciplina di cui all'art. 13- quater, introdotto dal D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, art. 6, che fa riferimento all'applicazione, salvo che non sia diversamente previsto, delle disposizioni di cui alla L. n. 689 del 1981 nonchè della disciplina di cui all'art. 14, come modificato dal già richiamato D.Lgs. n. 90 del 2017, art. 6, che prevede espressamente che i decreti sanzionatori previsti dal D.Lgs. n. 109 del 2007 sono assoggettati alla giurisdizione del G.O. ed è competente, in via esclusiva, il Tribunale di Roma. Rimessa la causa alla Seconda Sezione civile, è stata quindi fissata per la trattazione all'udienza camerale del 5 marzo 2020. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 23 par. 3 del Regolamento dell'UE n. 267/2012 e dell'art. 5 co. 4 del D. Lgs. n. 109/2007. La Corte d'Appello di Venezia ha rigettato l'appello dell'Amministrazione condividendo la conclusione del Tribunale secondo cui la fornitura di montature ed occhiali, oggetto di esportazione, non rientrava nella definizione di fondo o risorsa economica di cui al citato regolamento. In particolare, ad avviso dei giudici di appello per risorse economiche devono intendersi le sole attività di qualsiasi tipo, materiali 0 immateriali, mobili o immobili, che pur non essendo fondi, Ric. 2017 n. 08133 sez. S2 - ud. 05-03-2020 -6- possono essere utilizzate per ottenere a loro volta fondi, beni o servizi. Le res oggetto della fornitura

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