Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/11/2020, n. 24896

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/11/2020, n. 24896
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24896
Data del deposito : 6 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

unciato la seguente SENTENZA sul ricorso 35232-2019 proposto da: CECCATO FLORINDO, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA GIOVANNI RANDACCIO

1, presso lo studio dell'avvocato A B, rappresentato e difeso dagli avvocati ROBERTO BOLOGNESI e F C;

- ricorrente -

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI VENEZIA;

- intimati -

avverso la sentenza n.120/2019 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 28/10/2019. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/2020 dal Consigliere R C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale C S, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l'Avvocato F C.

Fatti di causa

Si legge nella sentenza impugnata che, a seguito di segnalazione da parte della Procura della Repubblica di Belluno di avvenuto esercizio dell'azione penale nei confronti dell'Avv.F C e dell'esito del conseguenziale processo penale conclusosi con sentenza ex art.444 cod.proc.pen., vennero contestati, al suddetto, sulla base di un capo di imputazione articolato in tre punti, illeciti disciplinari per gravi comportamenti che avevano compromesso l'immagine della professione forense, in base ai principi generali previsti dagli artt.3, comma 3, 17, comma 1, lett h), 51, comma 1,Iegge 31 dicembre 2012 n.247 e 2, comma 1, C.D.F., tenuto anche conto della sussistenza del dolo e della sua intensità. Il Consiglio distrettuale di disciplina del Veneto (d'ora in poi, per brevità C.D.D.), ritenuta accertata la responsabilità del professionista in ordine ai capi di incolpazione a lui contestati, irrogava all'Avv.Ceccato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per anni tre. Il Consiglio Nazionale Forense (d'ora in poi, per brevità, C.N.F.), investito dell'impugnazione proposta dall'Avv.Ceccato, con la sentenza oggi impugnata, ha rigettato tutti i motivi di impugnazione, confermando la sanzione disciplinare inflitta dal C.D.D. In particolare, il C.N.F. -rigettata preliminarmente la richiesta di riunione del procedimento ad altri pendenti a carico dello stesso Ric. 2019 n. 35232 sez. SU - ud. 07-07-2020 -2- professionista- ha, sempre in via preliminare, rigettato le eccezioni di legittimità costituzionale avanzate dall'appellante, in quanto manifestamente infondate e generiche, rilevando che, in ogni caso, al procedimento disciplinare innanzi al C.D.D. territoriale, avente natura amministrativa e non giurisdizionale, fosse inapplicabile l'art.111 Cost. Il Consiglio Nazionale Forense ha, altresì, ritenuto inammissibili e, comunque, infondati i motivi di impugnazione con i quali si era reiterata la violazione del principio del ne bis in idem e la nullità del capo di incolpazione per essere stato lo stesso approvato dalla medesima sezione disciplinare che aveva, poi, giudicato. Il C.N.F. ha, altresì, rigettato i tre motivi di impugnazione con i quali era stata dedotta la nullità della citazione per nullità della notificazione, per violazione del diritto di difesa e irritualità della citazione a giudizio, rilevando da un canto, la ritualità delle notificazioni effettuate a mezzo posta e a mezzo PEC e, dall'altro, la circostanza che la difesa era stata compiutamente esercitata, prima del dibattimento, mediante deposito di memoria difensiva e, poi, attraverso la concreta e effettiva partecipazione al procedimento di entrambi i difensori. Eguale sorte hanno avuto i motivi di impugnazione, ritenuti infondati, relativi all'erronea utilizzazione e valutazione degli atti del procedimento penale conclusosi con la sentenza ex art.444 cod. proc.pen. e alla mancata audizione dei testi, avendo rilevato il C.N.F., quanto al primo, che l'Organo disciplinare si era avvalso della possibilità prevista dall'art.54, comma 2, della legge n.247/12 e, quanto al secondo, che la chiesta prova testimoniale atteneva a circostanze non attinenti ai fatti contestati, mentre i fatti posti a base dei capi di incolpazione, oltre che ammessi dall'incolpato, erano stati provati documentalmente. Il C.N.F. ha, poi, rigettato l'undicesimo motivo di impugnazione (con il quale era stata dedotta la violazione dell'art.59 lett.d), n.2 della legge n.247/12, avendo il C.D.D., solo in sede di decisione, fatto menzione dell'art.50 C.D.F. tra le norme violate) rilevando che la modifica della qualificazione giuridica dell'incolpazione non potesse determinare alcuna Ric. 2019 n. 35232 sez. SU - ud. 07-07-2020 -3- illegittimità della decisione quando fossero rimasti immutati gli elementi essenziali della materialità del fatto addebitato. Infine, con riguardo alla dedotta eccessività della sanzione inflitta, il C.N.F. ha ritenuto -sulla base della gravità dei fatti contestati e accertati (con sentenza di condanna ex art.444 cod.proc.pen. alla pena della reclusione di anni uno e mesi sei), del risalto sui media locali di tale vicenda, e anche della circostanza che il C.D.D. aveva già valutato tutti gli elementi anche a discapito del ricorrente- che non vi fossero elementi nuovi tali da giustificare una ulteriore valutazione della sanzione. Contro questa sentenza l'avv.F C propone, unitamente al ricorso, articolato in sette motivi, cui non v'è replica, istanza cautelare di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata ai sensi dell'art.36, comma 7, della legge n.241/2012. E' stata depositata memoria. Ragioni della decisione 1.11 ricorrente ha avanzato, preliminarmente in seno al ricorso, istanza cautelare di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, ribadendo, ai fini della sussistenza del fumus boni iuris, i medesimi motivi di ricorso e evidenziando, ai fini della sussistenza del periculum in mora, la stessa natura della sanzione applicata (sospensione dall'esercizio della professione).

2.Si procede, quindi, direttamente alla trattazione dei motivi di ricorso, rimanendo in questa assorbito l'esame dell'istanza di sospensione.

3.Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell'art.34 della legge n.247/2012. Secondo la prospettazione difensiva, il Consiglio nazionale forense giudicante, aveva pronunciato la sentenza impugnata il 17.1.2019, allorché era già scaduto, con conseguente violazione della norma invocata la quale prevede che il Consiglio uscente resti in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, tra i quali non poteva farsi rientrare il procedimento disciplinare, tipica attività giurisdizionale.

3.1.La censura appare, in primo luogo, inammissibile per difetto di specificità e per la novità della questione sollevata. Nel silenzio sul punto della sentenza impugnata, l'affermazione contenuta in seno all'illustrazione Ric. 2019 n. 35232 sez. SU - ud. 07-07-2020 -4- del motivo, secondo cui la relativa eccezione era stata tempestivamente sollevata in udienza e inserita a verbale, oltre a non trovare riscontro, è stata successivamente corretta dallo stesso ricorrente il quale, in seno alle memorie, ha fatto presente l'assenza della trascrizione della proposizione di tale eccezione nel verbale di udienza.

3.2 In ogni caso, la censura è, anche, infondata. La circostanza evidenziata dalla difesa del ricorrente -secondo cui la distinzione tra procedimenti giurisdizionali e affari amministrativi, contenuta nell'art.7 del regolamento del C.N.F., renderebbe evidente che il disbrigo degli affari correnti, consentito dall'art.34, comma 1, della Legge n.247/2012 al Consiglio in carica fino all'insediamento del Consiglio neoeletto, riguarda esclusivamente i secondi- non appare pertinente né risolutiva. Se è, infatti, evidente che la norma di legge invocata, nell'indicare gli affari correnti, si riferisca esclusivamente all'attività amministrativa propria del C.N.F. e non riguardi l'attività giurisdizionale esercitata dall'apposita Sezione disciplinare, appare, altrettanto, evidente che la legittimazione dell'organo giudicante, per come condivisibilmente rilevato dal P.G. in udienza, trovi la sua fonte nel principio generale di immanenza della funzione giurisdizionale.
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