Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 12/08/2015, n. 16768
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L'art. 2228 c.c., che attribuisce al prestatore d'opera il diritto ad un compenso per il lavoro prestato proporzionato all'utilità dell'opera compiuta, si applica solo quando la prosecuzione dell'opera divenga impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti, situazione non ravvisabile nel caso di ammissione dell'obbligato a concordato preventivo, occorrendo, per l'operatività della norma, che si tratti di fatti estranei alla volontà o al comportamento delle parti, quali la forza maggiore derivante da eventi naturali o da provvedimenti dell'autorità.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M L - Presidente -
Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere -
Dott. B D - rel. Consigliere -
Dott. P A P - Consigliere -
Dott. A F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7471-2009 proposto da:
INDUSTRIE RIUNITE DEL PANFORTE DI SIENA S.P.A. IN CONCORDATO PREVENTIVO C.F. 00052610524, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PISANELLI 40, presso lo studio dell'avvocato B B, rappresentata e difesa dall'avvocato G L, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
B GIORGIO C.F. BLLGRG56R04M501N, BRAND BUILDING S.A.S. P.I. 1338 9630156;
- intimati -
Nonché da:
B GIORGIO C.F. BLLGRG5 6R0 4M5 01N, in proprio e nella sua qualità di legale rappresentate della BRANO BUILDING S.A.S. DI Giorgio Bma e C. P.I. 13389630156, elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 82, presso lo studio dell'avvocato P G, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato A G, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente e incidentale -
contro
INDUSTRIE RIUNITE DEL PANFORTE DI SIENA S.P.A. IN CONCORDATO PREVENTIVO C.F. 00052610524, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PISANELLI 40, presso lo studio dell'avvocato BRUNO BISCOTTO, rappresentata e difesa dall'avvocato LUANA GARZIA, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 357/2008 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 17/03/2008 r.g.n. 1125/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/05/2015 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito l'Avvocato ZAMMIT MARIA BEATRICE per delega GARZIA LAUNA;
udito l'Avvocato GALLI ALESSANDRO;
udito l'Avvocato FURLANETTO MARIA DOLERS per delega GALLI ALESSANDRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso principale, accoglimento parziale dell'incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Bma Giorgio e la s.a.s. Brand Building, della quale il Bma era socio accomandatario, convenivano in giudizio la soc. Industrie Riunite del Panforte di Siena s.p.a. (I.R.P.S.) per far dichiarare la simulazione soggettiva del contratto di collaborazione stipulato tra le due società in data 25 settembre 2000 con il quale la soc. I.R.P.S. aveva conferito al Bma l'incarico di consulenza triennale nell'area marketing e quindi per far dichiarare che il rapporto era intercorso tra il Bma e la soc. I.R.P.S. ed ottenere la condanna di quest'ultima al pagamento al Bma di fatture insolute per Euro 13.360,00, nonché della somma di Euro 192.540,00, quale compenso della consulenza per il periodo successivo al recesso anticipato della società dal contratto. Il Tribunale respingeva tali domande escludendo la simulazione soggettiva relativa.
A seguito di gravame interposto dagli originari ricorrenti, la Corte di appello di Milano, in parziale accoglimento della domanda, dichiarava simulato il rapporto tra la s.a.s. Brand Building e la s.p.a. Industrie Riunite del Panforte di Siena che aveva preso origine il 24 settembre 2003 e dichiarava che il rapporto era intercorso tra il Bma e la società appellata;quest'ultima veniva condannata a pagare al Bma la somma di Euro 13.360,00, oltre i.v.a., a titolo di fatture insolute e la somma di Euro 96.270,00, così ridotta ex art. 1227 c.c., comma 2, l'originaria rivendicazione per anticipata risoluzione del contratto. La sentenza era fondata sui seguenti passaggi argomentativi:
- dall'interpretazione delle clausole del contratto emergeva che questo concerneva esclusivamente le prestazioni di consulenza che il Bma si era impegnato a rendere, senza il concorso di alcuna organizzazione di impresa, in favore della I.R.P.S.;pertanto, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, si era in presenza di una simulazione relativa soggettiva, un assetto di interessi apparente, che vedeva come parte la società in accomandita, ed un assetto reale, per il quale il Bma doveva rendere la consulenza alla soc. Industrie Riunite;
- la facoltà del recesso ad nutum del cliente da un contratto di prestazione d'opera professionale contemplata dall'art. 2237 c.c., comma 1, non ha carattere inderogabile ed è possibile che, per
particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facoltà fino al termine del rapporto;nel caso di specie, le parti avevano apposto un termine vincolandosi alla durata del contratto, così derogando consensualmente alla facoltà di cui all'art. 2237 cod. civ.;
- il recesso ante tempus costituiva inadempimento;peraltro, il danno, astrattamente corrispondente ai compensi non percepiti, doveva essere ridotto ex art. 1227 c.c., comma 2, in quanto, con l'uso dell'ordinaria diligenza, un professionista come il Bma ben avrebbe potuto reperire prima della scadenza del contratto un'attività sostitutiva;il risarcimento poteva quindi essere determinato ragionevolmente nella metà del compenso preteso. Per la cassazione di tale sentenza la soc. Industrie Riunite del Panforte di Siena s.p.a. in concordato preventivo propone ricorso, affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso il Bma, che propone a sua volta ricorso incidentale affidato ad un motivo. Resiste al ricorso incidentale la I.R.P.S. con controricorso e successiva memoria ex art. 378 cod. proc. civ.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si da atto che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata. La società Industrie Riunite del Panforte di Siena, ricorrente in via principale, denuncia, con il primo motivo, violazione degli artt. 1414 e 1415 cod. civ., in relazione agli artt. 2237 e 2318 cod. civ.
Deduce che, in caso di simulazione relativa soggettiva, costituisce un elemento imprescindibile per il perfezionarsi del negozio simulato la presenza del terzo contraente, mentre nel caso di specie il contratto vedeva l'impegno della I.R.P.S. a conferire l'incarico al Bma, socio accomandatario della Brand Building, e non esisteva alcun soggetto terzo.
Il motivo è infondato.
L'interposizione fittizia di persona postula la imprescindibile partecipazione all'accordo simulatorio non solo del soggetto interponente e di quello interposto, ma anche del terzo contraente, chiamato ad esprimere la propria adesione all'intesa raggiunta dai primi due (contestualmente od anche successivamente alla formazione dell'accordo simulatorio) onde manifestare la volontà di assumere diritti ed obblighi contrattuali direttamente nei confronti dell'interponente, secondo un meccanismo effettuale analogo a quello previsto per la rappresentanza diretta (Cass. n. 6451 del 2000;n. 22024 del 2007). Nella vicenda all'esame, tali presupposti ricorrono in quanto, secondo la ricostruzione fattuale e l'interpretazione del contratto effettuata dal giudice di merito, parteciparono all'accordo simulatorio le tre parti, la soc. I.R.P.S. (interponente), la s.a.s. Brand Building (soggetto fittiziamente interposto) e il Bma (prestatore d'opera dissimulato). Correttamente la sentenza impugnata ha, dunque, ritenuto che nella vicenda fosse ravvisabile il suddetto elemento, costitutivo della simulazione relativa sotto il profilo soggettivo.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'art. 2237 cod. civ., in relazione all'art. 2222 cod. civ.. Si contesta
l'interpretazione del significato da attribuire alla clausola contrattuale appositiva del termine di durata triennale, per avere il giudice di appello ritenuto che questa non consentisse il recesso ad nutum previsto dall'art. 2237 cod. civ.. Al secondo motivo è connesso il quinto, secondo cui l'apposizione del termine sarebbe irrilevante a fronte di dieci contratti intercorsi tra le parti che, pur avendo durata triennale, vennero rinnovati annualmente, il 1A settembre dell'anno successivo alla loro stipula;la Corte di appello aveva omesso di considerare tale circostanza, indicativa della volontà delle parti di considerare simulata la durata triennale indicata nel contratto ed invece dissimulato il termine annuale.
Il secondo motivo è infondato e il quinto inammissibile. La soluzione adottata dal giudice di merito è conforme all'orientamento prevalente di questa Corte secondo cui la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente nel contratto di prestazione d'opera intellettuale, quale contemplata dall'art. 2237 c.c., comma 1, non ha carattere inderogabile e quindi è possibile
che per particolari esigenze delle parti sia esclusa tale facoltà di recesso fino al termine del rapporto;sicché anche l'apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente ad integrare la deroga pattizia alla facoltà di recesso così come disciplinata dalla legge, senza che a tal fine sia necessario un patto specifico ed espresso (Cass. n. 5738 del 2000, n. 27293 del 2007;da ultimo, Cass. n. 10420 del
2013). Poiché, in assenza di pattuizioni diverse o di giusta causa, l'apposizione di un termine finale determina in modo vincolante la durata del rapporto, nel caso di recesso unilaterale dal contratto da parte del committente il prestatore ha il diritto di conseguire il compenso contrattualmente previsto per l'intera durata del rapporto (Cass. n. 25238 del 2006, n. 22786 del 2013). L'eccezione svolta con il quinto motivo è inammissibile, perché introduce questioni di fatto e di diritto di cui la sentenza non fa menzione e di cui parte ricorrente non si indica ne' la sede, ne' i termini attraverso i quali sarebbero state introdotte in giudizio. Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. n. 23675 del 2013). Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia violazione di legge in relazione all'art. 2228 cod. civ. e vizio di motivazione, per non avere la Corte di appello debitamente considerato che il dissesto finanziario e l'ammissione a concordato preventivo da parte della I.R.P.S. integravano un'ipotesi di impossibilità sopravvenuta dell'esecuzione dell'opera ex art. 2228 cod. civ.. Il motivo è infondato, in quanto l'art. 2228 cod. civ., che attribuisce al prestatore d'opera il diritto ad un compenso per il lavoro prestato in relazione alla utilità della parte dell'opera compiuta, si applica solo quando la prosecuzione dell'opera divenga impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti, situazione che non è ravvisabile nel caso di ammissione a concordato preventivo, occorrendo - per l'operatività della norma - che si tratti di fatti estranei alla volontà o al comportamento delle parti (ad esempio: forza maggiore derivante da eventi naturali o da provvedimenti dell'autorità).
Con il quarto motivo si denuncia vizio di motivazione, per avere la Corte di appello omesso di circoscrivere il risarcimento nei limiti della percentuale prevista dalla sentenza che ammise la società al concordato preventivo.
Anche tale questione - di cui la sentenza non fa cenno - è da ritenere nuova e, come tale, inammissibile, in mancanza di elementi (che era onere di parte ricorrente indicare) per ritenere che la stessa fosse stata ritualmente introdotta e coltivata in giudizio. Con il ricorso incidentale il Bma denuncia "violazione, falsa applicazione e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 1227 c.c." (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4). Il ricorso si conclude con un quesito multiplo, affidato alle seguenti proposizioni: "Il concorso di colpa del danneggiato che ha provocato l'aggravamento del danno può essere rilevato d'ufficio dal giudice?;
il concorso di colpa del danneggiato che ha provocato l'aggravamento del danno ex art. 1227 c.c., comma 2, quand'anche fosse rilevabile d'ufficio, obbliga il giudice ad accertare tutti i fattori dell'aggravamento stesso del danno e la loro incidenza?;in tema di risarcimento del danno da lucro cessante ex art. 1223 c.c., il principio compensano lucri cum damno è applicabile al lavoro autonomo in via presuntiva in assenza di fatti specifici?". Il motivo è inammissibile.
Giova premettere la distinzione operata dal codice civile tra la regola di cui all'art. 1227, comma 1 che da rilievo alla partecipazione del creditore alla produzione del danno attraverso un comportamento obiettivamente colposo, e la regola di cui al secondo comma, che invece sanziona l'inerzia del creditore il quale non si attivi per evitare, limitare od attenuare il danno che ha causa esclusiva nell'inadempimento del debitore. I giudici di appello hanno fatto applicazione della seconda regola, che non attiene al concorso di colpa del danneggiato (cui invece ha fatto erroneo riferimento il quesito di diritto), ma impone al creditore il dovere di cooperare per limitare le conseguenze dannose dell'inadempimento, principio che trova fondamento nel generale dovere di buona fede in senso oggettivo o correttezza, inteso come canone di salvaguardia dell'interesse della controparte nei limiti del proprio apprezzabile sacrificio personale o economico.
Ciò posto, deve rilevarsi che il motivo denuncia error in iudicando (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), ma addebita alla sentenza di avere esaminato ed
accolto un'eccezione tardivamente proposta dalla controparte solo in appello.
In tema di ricorso per cassazione, la denuncia di un error in iudicando, per violazione di norme di diritto sostanziale, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, o per vizi della motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, presuppone che il giudice di merito abbia preso in esame una questione prospettatagli e l'abbia risolta in modo giuridicamente non corretto, e consente alla parte di chiedere, ed al giudice di legittimità di effettuare, una verifica in ordine alla correttezza giuridica della decisione ed alla sufficienza e logicità della motivazione, sulla base del solo esame della sentenza impugnata;tale censura non può pertanto riguardare il vizio di ultra o extrapetizione, la quale postula la denuncia di un error in procedendo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4, in riferimento al quale il giudice di legittimità può esaminare anche gli atti del giudizio di merito, essendo giudice anche del fatto, inteso in senso processuale (cfr. Cass. n. 24856 del 2006). La pronuncia d'ufficio da parte del giudice del merito su una domanda o un'eccezione che può essere fatta valere esclusivamente dalla parte interessata integra violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), dello stesso codice di rito. Conseguentemente, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale siffatta censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto (riconducibile al n. 3 del citato art. 360) ovvero come vizio della motivazione, incasellabile nel n. 5) dello stesso art. 360 (Cass. n. 1196 del 2007;Cass. n. 22759 del 2014). Tale rilievo è del tutto preliminare ed assorbente di ogni altra questione dibattuta in giudizio, dovendosi peraltro solo incidentalmente ricordare che il più recente orientamento interpretativo di questa Corte (Cass. n. 2139 del 2011 e n. 16076 del 2012) ha ricondotto la fattispecie di cui all'art. 1227 c.c., comma 2, nell'ambito delle eccezioni in senso lato. L'esito delle opposte
impugnazioni giustifica la compensazione delle spese.