Cass. civ., sez. II, sentenza 11/07/2003, n. 10936
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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Oggetto 1 0936/03 SEZIONE SECONDA CIVILE Possesse Composta dagli Ill.m Sigg Presidente Dott. F P ERI R.G.N. 19676/00 Cron. 24718 Consigliere Dott. A E Consigliere Dott. G SJ Rep. 2904 Rel. Consigliere Dott. U G Ud.04/04/03 - Consigliere Dott. G S ha pronunciato la seguente SE N TENZA sul ricorso proposto da: T LOMBARDI PAOLO, LOMBARDI MARIO, BAZZANI GIANLIVIO, elettivamente domiciliati in ROMA VIA PANAMA 12, presso lo studio dell'avvocato M C, che li difende unitamente all'avvocato G C, | giusta delega in atti;B - ricorrenti- contro F G, GITTI NATALINA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA MARCELLO PRESTINARI 13, presso lo studio dell'avvocato G R, che li 2003 difende unitamente all'avvocato M Z, 578 giusta delega in atti; -1- controricorrenti avverso la sentenza n. 188/00 della Corte d'Appello di BRESCIA, depositata il 15/03/00; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/03 dal Consigliere Dott. Umberto GOLDONI; udito l'Avvocato C M, difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento; udito l'Avvocato B F, con delega dell'Avvocato R G depositata in udienza, difensore dei resistenti che ha chiesto rigetto; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio UCCELLA che ha concluso per rigetto del ricorso. -2- Svolgimento del processo Con ricorso depositato in data 29. 9.1995 G F e N G chiedevano al P di Salò la reintegrazione nel possesso di una servitù di passo carraio e parcheggio asseritamente esistente sul terreno di cui al mappale n.2370 del Comune di Vagolino, possesso di cui sostenevano di essere stati spogliati da Marco L e da Gianlivio B. Il P di Salò, con ordinanza del 1° ottobre 1995, rigettava il ricorso possessorio. I predetti Frati e Gitti proponevano reclamo avverso tale ordinanza avanti il Tribunale di Brescia, il quale, con ordinanza del 18 novembre 1996, riformando il provvedimento del P, reintegrava i ricorrenti nel possesso del diritto di servitù dedotto in giudizio. Con ricorso ex art.669 novies cpc depositato in data 9.6.1998 Mario L e Gianlivio B, premesso quanto sopra ed aggiunto che era му decorso il termine previsto per l'inizio del giudizio di merito senza che quest'ultimo venisse instaurato, con la conseguenza che l'ordinanza stessa doveva essere dichiarata inefficace, chiedevano al Tribunale di Brescia di voler dichiarare: in caso di mancata contestazione, con ordinanza esecutiva, l'inefficacia del provvedimento di cui alle premesse, oppure, in caso di opposizione, di voler provvedere con sentenza provvisoriamente esecutiva sull'inefficacia, revocando ex art.669 decies cpc il provvedimento cautelare emesso, con vittoria di spese. A seguito di decreto del Presidente del Tribunale che fissava per la comparizione delle parti in camera di consiglio l'udienza del 3 luglio 1998, si costituivano i resistenti Frati e Gitti, i quali eccepivano l'inammissibilità e comunque l'infondatezza del ricorso ex adverso proposto. Concludevano per il rigetto del ricorso, con rifusione di spese. Il Tribunale di Brescia, con sentenza in data 10.8.1999, accogliendo il ricorso introduttivo, dichiarava l'inefficacia del provvedimento in data 18.11.1996, emesso dal medesimo Tribunale in sede di reclamo avverso la pronuncia del P di Salò, e condannava i ricorrenti Frati e Gitti alla rifusione delle spese in favore dei resistenti. Rilevava quel Collegio che, pur in assenza della fissazione, da parte del giudice del reclamo, dell'udienza per l'inizio della trattazione della causa di merito, il provvedimento concessorio della cautela manteneva la natura di ordinanza interdettale, ed il giudizio doveva ritenersi ancora pendente. Soccorreva, in tal caso, l'applicazione analogica delle norme di cui agli artt. 175 e 289 cpc: era quindi onere della parte ricorrente chiedere al P, dopo la pronuncia del Tribunale in sede di reclamo, la fissazione му dell'udienza per la prosecuzione del giudizio possessorio, ed in particolare per l'inizio della fase di merito. Concludeva quindi il Tribunale che alla mancata instaurazione del giudizio di merito nel termine di cui all'art. 669 octies cpc dovesse conseguire la declaratoria di inefficacia del provvedimento emesso dal Tribunale di Brescia in data 18.11.1996, in sede di reclamo. Il provvedimento adottato a conclusione del procedimento aveva natura e forma di sentenza, come espressamente stabilito dall'art. 669 novies, comma 2, del codice di procedura civile. Avverso tale sentenza proponevano ricorso in appello, davanti alla Corte di appello di Brescia, G F e N G, i quali contestavano siccome contraddittoria la sentenza impugnata e chiedevano che, in totale riforma della stessa, venisse rigettato il ricorso ex art.669 novies cpc proposto dagli appellati, con espressa condanna degli stessi alla restituzione 2 di quanto medio tempore loro corrisposto da essi appellanti in adempimento della sentenza. Resistevano gli appellati L e B, i quali contestavano la fondatezza dell'interposto gravame e ne chiedevano il rigetto con vittoria di spese per entrambi i gradi di giudizio. In via preliminare eccepivano la nullità dell'atto introduttivo del giudizio, in quanto, avendo il provvedimento impugnato natura di sentenza, esso doveva essere gravato con il mezzo dell'appello, che, secondo le regole generali, andava introdotto con citazione e non con ricorso, come avevano fatto Frati e Gitti. Con sentenza in data 2.2/15.3.2000, l'adita Corte territoriale dichiarava inammissibile il ricorso tendente ad ottenere l'inefficacia dell'ordinanza di reintegra e regolava le spese. Osservava la Corte distrettuale che le eccezioni preliminari erano prive di му fondamento, in quanto era del tutto pacifico che si verteva in tema di procedimento camerale, atteso che lo stesso, ai sensi dell'art. 669 noies cpc, invocato da L e B per ottenere la declaratoria di inefficacia del provvedimento 18.11.1996 adottato dal Tribunale in sede di reclamo avverso il diniego della misura cautelare da parte del P di Salò, era stato correttamente introdotto con ricorso ed era stato trattato con il rito camerale. Il fatto, quindi, che la decisione, in base alla precisa disposizione dell'art. 669 novies, comma 2, cpc, potesse assumere la forma della sentenza non comportava che il rito si trasformasse da camerale in ordinario. Per quanto concerneva il merito, andava ricordato come la teoria "bifasica" implichi che il ricorso possessorio ex art.703 cpc dia contestualmente inizio alla fase sommaria (o interdittale) ed a quella di merito. 3 Da ciò discende che la semplice proposizione del ricorso possessorio, a prescindere dall'esito finale della fase interdettale, instaura sempre e comunque anche la fase del giudizio di merito possessorio. Ne conseguiva l'inapplicabilità, nella specifica materia dell'azione possessoria, delle disposizioni di cui agli artt.669 octies e 669 novies cpc, non essendo configurabile una sanzione di inefficacia del provvedimento interdittale per la mancata instaurazione di quel giudizio di merito che è già pendente sin dal deposito del ricorso introduttivo (e che è pendente anche dopo il decorso di trenta giorni dalla comunicazione della misura cautelare possessoria). Nel caso di specie, il provvedimento emesso in data 18.11.1996 dal Tribunale in sede di reclamo avverso il diniego della misura cautelare da му parte del P di Salò, era una semplice ordinanza, sostitutiva di quella di quest'ultimo giudice ed emessa nell'ambito dell'ampliamento della tutela delle parti introdotto dal legislatore con la previsione della reclamabilità del provvedimento cautelare. La stessa norma dell'art.669 terdecies cpc espressamente stabilisce che il provvedimento emesso a seguito di reclamo abbia la forma di ordinanza non impugnabile. Non poteva, nella fattispecie, fondatamente ritenersi che il provvedimento predetto avesse in realtà natura sostanziale di sentenza per il solo fatto che non fissava il termine per l'inizio del giudizio di merito e che statuiva sulle spese. In ordine al primo profilo era agevole, invero, osservare che nessun obbligo aveva il Tribunale di fissare quel termine, dal momento che il giudizio di merito, per effetto della richiamata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, era già pendente e bastava, per ridare impulso al medesimo, chiedere al P di fissare l'udienza per la trattazione del merito del 4 giudizio possessorio, a norma degli artt. 175, comma 3, e 289 cpc, contrario avviso perfettamente applicabili nel caso in esame nonostante degli appellanti. In ordine al secondo profilo, era evidente che si era trattato di un errore del Tribunale, in quanto, decidendo esclusivamente in sede di reclamo avverso un provvedimento di diniego di una misura cautelare, la funzione del medesimo era soltanto quella di consentire alla parte, che si era vista o meno del rifiutare la cautela invocata, di verificare la correttezza provvedimento reclamato, senza definire alcuna fase autonoma e senza, quindi, che la pronuncia emessa, dalla legge espressamente definita come ordinanza non impugnabile, potesse in alcun modo assumere carattere decisorio. La decisione del Tribunale investito del reclamo, è dalla legge stessa qualificata come ordinanza non impugnabile ed è adottata a chiusura della mera fase di reclamo avverso il provvedimento sommario del P;mentre la prima era un provvedimento del P stesso che aveva contenuto decisorio e definitivo, in quanto rigettava la domanda di reintegro nel possesso, statuiva sulle spese e non fissava l'udienza per la trattazione della causa di merito. L'ordinanza 18.11.1996 del Tribunale di Brescia, che accoglieva la domanda di reintegra nel possesso proposta dagli appellanti non era dunque, ope legis, impugnabile. La richiesta dei medesimi diretta ad ottenere il rigetto del ricorso ex art.669 novies cpc proposto da Mario lombardi e da Gianlivio B andava intesa (spettando esclusivamente al giudice la qualificazione giuridica dei fatti dedotti e delle conseguenti domande) non tanto a far valere il giudicato che si sarebbe formato sull'ordinanza 18.11.1996 del Tribunale, avente in realtà natura di sentenza, per effetto della mancata proposizione, avverso la 5 stessa, di rituale appello, quanto ad invocare l'inammissibilità del proposto ricorso ex art. 669 novies cpc (del resto già espressamente dedotta in primo grado), e, conseguentemente, a chiedere il rigetto del medesimo. Essendo stata formulata dagli appellanti espressa domanda anche per la restituzione di quanto medio tempore dagli stessi corrisposto alle controparti in adempimento della gravata sentenza, andava per effetto della integrale riforma della sentenza impugnata, accolta anche tale richiesta. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi, illustrati anche con memoria, P e Mario L e Gianlivio B;resistono con controricorso G P e N G. Motivi della decisione му Con il primo motivo, i ricorrenti sollevano una questione di carattere processuale (violazione e falsa applicazione degli artt.669 novies/2, 342, 163 n.7, e 164/4 cpc per avere la Corte di appello esclusa la nullità ex art. 164/4 cpc del ricorso con cui si proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale ex art.666 novies/2 cpc, nonostante il ricorso stesso difettasse dell'indicazione dell'udienza di comparizione). La censura si basa per un verso sulla forma con cui è stato introdotto l'appello e, per l'altro verso, sulla nullità dell'atto introduttivo perché comunque mancante della data di comparizione. La sentenza impugnata ha escluso che tanto comportasse un vizio rilevante, attesa la natura camerale del procedimento in esame, che risultava introdotto ai sensi dell'art.669 nonies e quindi con tale procedura. Tenuto conto di tale pur opinabile argomento, va piuttosto rilevato sul punto che, fermo il fatto che le eccezioni svolte al riguardo dagli odierni ricorrenti in sede di merito concernevano non tanto la natura del procedimento quale adottato 6 (camerale) ma piuttosto il difetto dei requisiti, nell'atto introduttivo, della citazione, non sussiste allo stato interesse alcuno dei ricorrenti stessi a sollevare tale questione in questa sede, in quanto è evidente che non è derivato loro pregiudizio alcuno nel corso del procedimento di appello, ove hanno potuto costituirsi regolarmente, comparire, svolgere ogni utile difesa, di talchè a prescindere dal rito adottato, non sussiste, o comunque è tardiva, qualsivoglia doglianza afferente al rito siccome ininfluente ed intempestiva. Detto mezzo non può essere pertanto accolto. Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 703, 669 nonies e 669 terdecies cpc per avere la Corte di appello ritenuto l'inammissibilità dell'azione promossa ex art.669 novies cpc per ottenere la му declaratoria di inefficacia del provvedimento possessionis adottato dal Tribunale in sede di reclamo ex art. 669 terdecies cpc e, in via subordinata, per violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 307 e 310 cpc per non avere la Corte di appello dichiarato l'inefficacia del provvedimento possessorio per effetto dell'estinzione del giudizio) i ricorrenti ripropongono sotto più profili la questione, invero dibattuta, della natura bifasica del procedimento possessorio. Questa Corte è intervenuta sull'argomento con alcune fondamentali decisioni e, in questa sede viene segnatamente ricordata (ma vedi anche Cass SS.UU. 26.5.1999, n.5118) la pronunzia (Cass. SS.UU. 24.2.1998, n. 1984) secondo cui non si prospettano ostacoli ove si accolga la soluzione per la quale le due fasi processuali sono introdotte entrambe con il ricorso proposto ai sensi del primo comma dell'art. 703 cpc. sharati Questa disposizione non prevede degli atti introduttivi di due fasi autonome e distinte, in quanto collega il ricorso alla domanda ("le domande di reintegrazione e di manutenzione si propongono con ricorso") proposta a tutela del possesso. Il che si giustifica se si considera che i requisiti 7 costitutivi delle azioni possessorie sono sempre gli stessi (diversamente da quel che si verifica per le azioni cautelari) e non assumono connotati particolari nell'ambito di ciascuna delle due fasi. La reclamabilità del provvedimento interdittale, che può essere anche di rigetto a seguito della sentenza della Corte costituzionale (n.253 del 1994), che, come si è detto, ha dichiarato illegittimo l'art. 669 terdecies nella parte in cui ammetteva il reclamo solo avverso l'ordinanza d'accoglimento della domanda di provvedimento immediato non può indurre a conclusione - diversa, perché tale reclamabilità è stata prevista per una maggiore tutela dei contendenti, e non influisce sul giudizio di merito il quale deve proseguire sia se il reclamo vi sia stati sia se sia mancato. Né può dirsi che i motivi dell'appello proposto contro la sentenza emessa a conclusione del giudizio му ordinario di cognizione s'identifichino con quelli già posti a sostegno del reclamo e che di essi rappresentino la ripetizione, giacchè [mentre questi V ultimi si rivolgono avverso il giudizio espresso dallo stesso P a seguito dell'esame ben più approfondito e complesso di tutte le prove raccolte durante l'intero processo. Per questa stessa ragione non merita consenso l'obiezione secondo cui il giudizio di merito è superfluo perché si concreterebbe in una vera e propria duplicazione della fase interdittale. Ribadita dunque la natura bifasica del procedimento possessorio e richiamato quanto ampiamente esposto in narrativa circa l'evolversi dell'iter procedimentale relativo alla presente controversia devesi evidenziare che il + provvedimento avverso il quale fu proposto l'appello (conclusosi con la sentenza impugnata) era una ordinanza interdittale, che era stata emessa a seguito di reclamo. Per vero, nella sentenza impugnata si asserisce altresì che, per contro, il provvedimento del P sarebbe qualificabile come sentenza. Tale affermazione, che si coniuga in modo invero arduo con la procedura per 8 reclamo seguita per impugnare la decisione pretorile, che peraltro non solo risulta espressamente ribadita nella sentenza qui impugnata, ma è stata accettata dalle parti senza riserve né contestazioni, non può essere condivisa e devesi invece ritenere che al provvedimento del P deve riconoscersi invece natura di ordinanza, stante anche che al riguardo risulta essersi formato giudicato interno per le ragioni dette. Ciò posto, richiamato l'avviso (Cass. 22.10.1997, n.10368) secondo cui il reclamo ha, difatti, esclusivamente natura e funzione di rimedio teso alla sostituzione dell'ordinanza di concessione della misura cautelare con altra ordinanza destinata a perdere, a sua volta, efficacia in mancanza di tempestiva introduzione del giudizio di merito (art.669 octies), di estinzione ry del predetto giudizio successivamente al suo inizio (art.669 novies, primo comma), di dichiarazione di inesistenza, con sentenza non necessariamente passata in cosa giudicata, del diritto a tutela del quale il provvedimento era stato concesso (art.669 novies, terzo comma). Né vale replicare che le richiamat disposizioni fanno riferimento esclusivamente all'ordinanza di concessione della misura cautelare e non anche a quella successivamente emessa su reclamo della parte interessata, poiché una conclusione diversa da quella esposta condurrebbe all'assurdo di ritenere che, tramite l'uso (eventualmente anche strumentale) del reclamo sarebbe, in concreto, possibile vanificare gli effetti del giudizio di merito sull'ordinanza cautelare. Poiché tale argomentazione deve essere pienamente condivisa, risulta esatta la conclusione cui è pervenuta la Corte bresciana, che pur rilevando l'inesattezza della pronuncia del Tribunale nel provvedere sulle spese, ha ritenuto il procedimento impugnato ordinanza non impugnabile in quanto non è appellabile (v. Cass.9.6.1997, n.5118) il provvedimento del giudice chiamato a decidere, in sede di reclamo, sull'ordinanza cautelare (ovvero possessoria, alla luce della sentenza n.501 del 1995 della Corte costituzionale) emessa dal P, avendo la decisione in esso contenuta i medesime caratteri di provvisorietà non decisorietà dell'ordinanza reclamata, ed avendo il reclamo de quo natura di rimedio teso alla sostituzione della decisione pretorile, concessiva della misura richiesta, con altra che, della prima, conservi gli stessi caratteri di provvisorietà e non decisorietà. La tesi pure avanzata in ricorso secondo cui la sentenza impugnata avrebbe dovuto dichiarare l'estinzione del processo e la conseguente inefficacia del provvedimento possessorio non può essere condivisa, atteso che tale domanda non era mai stata proposta in quanto si era chiesta solo la declaratoria di inefficacia ex art.669 cpc, istanza questa che, in ogni modo, avrebbe dovuto essere proposta al P, di fronte al quale pendeva il procedimento per il merito, e non mai al Tribunale. Ciò posto, non di interpretazione della domanda (che pure spetta ✓ prospettat si e discrezionalmente al giudice del merito: Cass.24.1.1995, n.2113) ma' di una domanda radicalmente diversa che presuppone una causa petendi (l'estinzione del giudizio per inattività delle parti) del tutto diversa dalla richiesta declaratoria di omessa instaurazione del giudizio di merito nei termini di cui all'art. 669 octies cpc. _ Il ricorso deve essere pertanto respinto;sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese relative al presente procedimento per cassazione.