Cass. pen., sez. V, sentenza 09/03/2023, n. 09960

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 09/03/2023, n. 09960
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09960
Data del deposito : 9 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MANGONE SALVATORE nato a MILETO il 13/11/1959 avverso la sentenza del 18/06/2021 della CORTE APPELLO di TORINOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere D B;
letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, Dott. L G, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso. Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15/06/2015, il Tribunale di Torino aveva dichiarato S M responsabile del reato di cui agli artt. 216, primo comma, n.1) I. fall. per avere distratto, nella sua qualità di socio unico e amministratore unico di EDIL. CO. E. MA. s.r.I., dichiarata fallita il 15.11.2012, i beni indicati al capo a) dell'imputazione;
per aver distratto, nel corso del 2011, somme pari a 157.000 euro a titolo di compensi erogati ai soci (capo c), per aver distratto nel corso del 2012 altre somme a titolo di compenso erogato ai soci, pur a fronte dello stato di dissesto della società (capo d);
per aver distratto le giacenze di magazzino indicate nel bilancio di esercizio del 2011 (capo e);
e del reato previsto dagli artt. 217 comma secondo, e 224, per tenuta incompleta di libri contabili e di altre scritture obbligatorie, di cui al capo b). In parziale riforma di tale pronuncia, la Corte d'appello di Torino, con sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato non doversi procedere in relazione all'imputazione di cui al capo b) per intervenuta prescrizione;
ha inoltre ridotto le pene accessorie ed eliminato la pena dell'interdizione dai pubblici uffici, rideterminando l'originaria pena in anni due e mesi quattro di reclusione.

2. Avverso la sentenza della Corte d'appello, propone ricorso l'imputato, per mezzo del difensore di fiducia, Avv. Cristian Scaramozzino, eccependo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1 Col primo motivo, si lamenta violazione di legge con riferimento all'art. 216 I. fall. per avere la Corte territoriale ritenuto integrato il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva. L'errore nell'interpretazione e applicazione della legge penale deriverebbe dal peso eccessivo attribuito dai Giudici di merito al solo profilo documentale e non anche a quello empirico della realtà aziendale. Osserva la difesa come gli oggetti elencati nel capo a) dell'imputazione fossero tutti di scarso valore, oltre che connotati da sicura deperibilità. Furti svariati erano stati inoltre subiti dall'azienda, pur se non segnalati alle autorità competenti, dato il modico valore dei beni di volta in volta sottratti. Molti dei beni elencati nel capo a) dell'imputazione sarebbero dunque andati smarriti o sarebbero stati sottratti in occasione di furti. Impregiudicato l'errore e la responsabilità del ricorrente per non aver aggiornato il registro dei beni, la difesa insiste nel rimarcare che all'imputato non è ascrivibile alcuna sottrazione di cespiti aziendali, ma soltanto la mera irregolarità delle scritture contabili.

2.2 Col secondo motivo, deduce violazione di legge, con riferimento all'articolo 216 Lfall., per avere la Corte territoriale ricondotto la condotta dell'imputato alla fattispecie di bancarotta fraudolenta distrattiva, anziché a quella di bancarotta preferenziale. A parere della difesa, l'amministratore che, nonostante la situazione di dissesto della società, provveda a riscuotere una somma congrua a titolo di compenso per la propria prestazione (operando, perciò stesso, nella conflittuale veste di legale rappresentante e di creditore favorito) risponderebbe non già di bancarotta fraudolenta per distrazione, bensì di bancarotta preferenziale.

2.3 Col terzo motivo deduce violazione della legge penale con riferimento all'articolo 82 del codice di rito, per non avere la Corte territoriale revocato le statuizioni civilistiche, nonostante il mancato deposito delle conclusioni scritte della parte civile, nel giudizio d'appello.
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