Cass. civ., SS.UU., sentenza 08/06/2004, n. 10861
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. V M - rel. Consigliere -
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI AGROPOLI, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. AVEZZANA 13, presso lo studio dell'avvocato L B, rappresentato e difeso dall'avvocato S R F, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
RIZZO ANIELLO;
- intimato -
avverso la sentenza definitivo n. 242/01 del Giudice di pace di AGROPOLI, depositata il 12/03/01;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22/04/04 dal Consigliere Dott. M V;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. I D che ha concluso per l'accoglimento del ricorso, giurisdizione delle Commissioni Tributarie.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione ritualmente notificata l'utente conveniva davanti al locale Giudice di Pace il Comune di Agropoli chiedendo che fosse dichiarata la illegittimità delle somme richieste con l'avviso di pagamento-fattura commerciale relativa ai consumi dell'acqua potabile, alla depurazione ed alle acque reflue per gli anni dal 1996 al 1999, liquidate sulla base di consumi presunti.
L'adito Giudice, preso atto dell'annullamento in sede di autotutela dell'atto impugnato ma escludendo al riguardo la cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse, affermata la propria giurisdizione, accoglieva la domanda ritenendo illegittime le richieste di pagamento sulla base di un consumo minimo calcolato in misura forfettaria indipendentemente dalla quantità di acqua realmente fornita e consumata, e condannava il Comune alle spese processuali con sentenza dichiarata provvisoriamente esecutiva. Ha proposto ricorso per Cassazione il Comune di Agropoli affidato a quattro motivi, il primo dei quali attiene alla giurisdizione (donde l'assegnazione alle Sezioni Unite). L'utente non si è costituito in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, senza muovere alcuna obiezione in ordine alla giurisdizione ordinaria riguardo ai canoni dell'acqua potabile, contesta tale giurisdizione con riferimento ai canoni di depurazione delle acque reflue per il periodo dal 1996 al 1999, assumendone la natura di prestazioni tributarie come tali devolute alla giurisdizione del giudice tributario (art. 360, n. 1, c.p.c. in relazione all'art. 16 ss. L. n. 319 del 1976 e L. n. 36 del 1994 nonché dell'ali. 2, 1 co., lett. h), d.l. n. 546 del 1992 in relazione all'art. 37 c.p.c). Con il secondo motivo, denunciando la violazione dell'art. 100 in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., lamenta che il Giudice di Pace non abbia rilevato la carenza di interesse ad agire da parte dell'utente, atteso che l'avviso-fattura non era neppure potenzialmente lesivo dei suoi diritti.
Con il terzo mezzo denuncia un'ulteriore violazione dell'art. 100 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., lamentando che non sia stata dichiarata la cessazione della materia del contendere a seguito dell'annullamento dell'atto impugnato in sede di autotutela. Con il quarto ed ultimo motivo, il ricorrente censura la dichiarazione di provvisoria esecutività della sentenza ex art. 282 c.p.c., trattandosi di pronuncia (non di condanna ma) dichiarativa.
Orbene, il primo motivo prospetta una questione di giurisdizione. Ma prima di esaminarlo è bene chiarire che sulla questione da risolvere non influisce la circostanza che la presente causa sia stata introdotta successivamente all'entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, il cui articolo 7 ha sostituito il precedente testo
dell'art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 292 del 2000. Invero, l'art. 33 del detto d.lgs. n. 80 del 1998 - nel testo risultante dalla sostituzione di cui sopra - nel devolvere "alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi", dopo avere indicato tra le dette controversie quelle "riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi" ne esclude, tra le altre, quelle relative a "rapporti individuali di utenza con soggetti privati" e, quindi, a rapporti che, pur avendo ad oggetto la prestazione di un pubblico servizio, sono regolati da uno strumento di tipo privatistico, di talché ne risulta giustificata la loro sottrazione alla giurisdizione esclusiva.
Nel merito, il motivo è fondato. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 13 giugno 2002 n. 8444, nel solco di precedenti decisioni, hanno enunciato il principio di diritto per cui il canone per il servizio di depurazione delle acque reflue integra un tributo comunale secondo la disciplina vigente anteriormente al 3 ottobre 2000, data di entrata in vigore dell'art. 24 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 258, il quale (abrogando l'art. 62, commi quinto e sesto,
del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152) ha eliminato per il futuro il transitorio differimento dell'inizio di efficacia dell'art. 31, comma 28, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che ha invece qualificato
il corrispettivo del detto servizio quota di tariffa ai sensi degli artt. 13 e ss. della legge 5 gennaio 1994, n. 36;ne consegue che la domanda avente ad oggetto la non debenza di detto canone con riferimento ad un periodo compreso nella previgente disciplina spetta alla giurisdizione delle commissioni tributarie ex art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (in senso conforme ex plurimis Cass. sez.
un. 26 febbraio 2003 n. 2900). Pertanto, trattandosi nella specie di canoni afferenti il quadriennio 1996-1999, va dichiarata la giurisdizione del giudice tributario, con correlata cassazione della sentenza impugnata.
Sui restanti motivi, ai sensi dell'art. 142 disp, att. c.p.c., deve pronunciare una sezione semplice.