Cass. pen., sez. VI, sentenza 30/03/2023, n. 13493

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 30/03/2023, n. 13493
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13493
Data del deposito : 30 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da D S, nata in Belgio il 03.05.1989;
avverso l'ordinanza del 13 febbraio 2023 emessa dalla Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale R G, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza impugnata la Corte di appello di Roma ha disposto l'aggravamento della misura cautelare disposta nei confronti di S D, sostituendo la misura coercitiva degli arresti domiciliari con il c.d. braccialetto elettronico con la custodia cautelare in carcere.

2. L'avvocato A G, difensore della D, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l'annullamento, deducendo, con unico motivo, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la violazione dell'art. 276 cod. proc. pen. Il difensore premette che la D è stata richiesta in consegna in esecuzione di due mandati di arresto europei, emessi rispettivamente dall'autorità giudiziaria francese e tedesca per vari delitti contro il patrimonio, e che la Corte di appello di Roma, con ordinanza emessa in data 24 novembre 2022, dopo aver convalidato l'arresto della ricorrente, ha applicato nei confronti della medesima, in quanto madre convivente con quatto figli «in tenera età», la misura degli arresti domiciliari con il c.d. braccialetto elettronico. La Corte d'appello, tuttavia, in seguito alla comunicazione del Commissariato di Pubblica Sicurezza "Cno", relativa all'evasione dagli arresti domiciliari del compagno della D, S B, cui era stata applicata la misura coercitiva in un procedimento parallelo, con l'ordinanza impugnata, ha ritenuto che anche la ricorrente potrebbe darsi alla latitanza e ha, dunque, aggravato la misura cautelare originariamente applicata, sostituendola con la custodia cautelare in carcere. Deduce, tuttavia, il difensore che, in tal modo, la Corte di appello avrebbe violato l'art. 27 Cost., i principi del sistema delle misure cautelari del codice di rito, «improntati al favor rei e favor libertatis». La D, infatti, non si sarebbe resa responsabile di alcuna trasgressione, come richiesto dall'art. 276 cod. proc. pen. e, comunque, non avrebbe alcun interesse ad evadere, avendo ottenuto dal Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa in data 28 novembre 2022, di espiare le pene irrogate dai giudici italiani nei suoi confronti in regime di detenzione domiciliare. La Corte di appello di Roma, inoltre, non avrebbe considerato il divieto posto dall'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. di applicazione della misura della custodia in carcere in casi, come quello di specie, di madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, se non in caso di sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi