Cass. civ., sez. II, sentenza 14/03/2019, n. 07325
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la seguente SENTENZA sul ricorso 6606-2017 proposto da: G F, elettivamente domiciliato in ROMA, V.PIETRO TACCHINI 32, presso lo studio dell'avvocato F G, che lo rappresenta e difende;- ricorrente -contro G L, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo studio dell'avvocato T M, rappresentato e difeso dall'avvocato M B;PRETO MARIA TERESA, PRETO GIOVANNI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 22, presso lo studio dell'avvocato F P, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato G P;- controricorrenti - nonchè contro G M;- intimata - avverso la sentenza n. 91/2017 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/01/2017;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/10/2018 dal Consigliere R G;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale A C che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine rigetto del ricorso;udito l'Avvocato G F difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;udito l'Avvocato P G, con delega depositata in udienza dell'Avvocato M B, difensore del resistente che ha chiesto inammissibilità o rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA Con atto di citazione del 22.7.2002, L G conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Vicenza, i fratelli M e F G, per sentire dichiarare la nullità del testamento della madre R Z dell'11.3.1995 e la divisione dell'asse ereditario materno, secondo le norme della successione legittima. L'attore deduceva che fosse apocrifo il testamento, con il quale la de cuius aveva istituito eredi i convenuti e gli aveva attribuito un legato in sostituzione di legittima, al quale aveva rinunciato, costituito dalla quota di 2/9 di un palazzo sito in Vicenza, in Contrà San Gaetano. I convenuti si costituivano, contestando la domanda di nullità del testamento e non si opponevano alla divisione dell'asse ereditario. Con sentenza non definitiva N. 1062/2009 del 6.4.2009, confermata dalla Corte d'Appello di Venezia, veniva dichiarata la nullità del testamento di R Z e veniva disposto lo scioglimento della comunione ereditaria secondo le norme sulla successione legittima, attraverso la formazione di tre quote uguali. Nel prosieguo del giudizio, intervenivano M Teresa e G P, in qualità di eredi di M Zangrande, sorella della de cuius, comproprietari della metà del palazzo sito in Vicenza, in Contrà San Gaetano, oggetto del giudizio di divisione. Con sentenza parziale N. 1817/2001, il Tribunale di Vicenza dichiarava ammissibile l'intervento di M Teresa e G P e, con sentenza definitiva N. 2230/2015, accertava la comoda divisibilità sia del palazzo Contrà San Gaetano, sia degli altri immobili appartenenti agli eredi Guizzon, disponendo l'estrazione a sorte dei lotti. Proponevano distinti appelli M e F G, resistiti da L G, M Teresa e G P. i Riuniti i giudizi, la Corte d'Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 13.1. 2017, rigettava l'appello e regolava le spese di lite secondo il principio della soccombenza. La corte territoriale accertava la comoda divisibilità sia dei due immobili, siti in Vicenza, in Piazza Matteotti e Borgo Casale, appartenenti ai soli eredi Guizzon, sia del palazzo Contrà San Gaetano, appartenente agli eredi Guizzon e Preto. Riteneva che non fosse ostativa alla divisione l'esistenza di irregolarità urbanistiche, considerato che l'art. 40 L. 47/85 si riferisce ai trasferimenti immobiliari inter vivos e non quelli mortis causa. La divisione in natura, secondo il giudice d'appello, consentiva la riduzione al minimo dei conguagli, pari all'i% del valore del compendio immobiliare. Era, infine, corretta la predisposizione, da parte del Tribunale, di due progetti divisionali, nell'ambito dei quali erano previste più soluzioni alternative, tutte equivalenti. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso F G sulla base di due motivi. Hanno resistito, con distinti controricorsi, L G, da una parte e M Teresa e G P, dall'altra. M Guizzon non ha svolto attività difensiva. In prossimità dell'udienza, F G e L G hanno depositato memorie illustrative. RAGIONI DELLA DECISIONE Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione di improcedibilità del ricorso, proposta da L G, per avere il ricorrente allegato al ricorso le copie cartacee del fascicolo di appello mentre, trattandosi di fascicolo informatico, avrebbe dovuto attestare la conformità delle copie all'originale. L'eccezione è infondata.Rileva il collegio che la sentenza impugnata, depositata telematicamente in data 13.1.2017, contiene l'attestazione di conformità all'originale da parte del difensore, ai sensi dell'art. 16 bis, comma 9 bis del D.L. 179/2012, come modificato dal D.L. 132/2014, convertito con modificazioni dalla L. 162/2014. Pur non avendo il ricorrente prodotto la relata di notifica della sentenza, il ricorso è procedibile, perché risulta proposto entro sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza. Invero, il deposito della sentenza impugnata è avvenuto il 13 gennaio 2017 ed il ricorso è stato notificato a mezzo posta in data 11 marzo 2017 ai controricorrenti (la notifica si è perfezionata il 17.3.2017 nei confronti di M Guizzon, M Teresa Preto e G P ed in data 16.3.2017 nei confronti di L G). In relazione a tale situazione, pur non risultando osservata la norma dell'art.369 c.p.c., comma 2, n. 2 c.p.c., secondo il consolidato principio di diritto, al quale la Corte intende dare continuità, !secondo cui,' qualora emerga che la notifica del ricorso sia avvenuta comunque entro i sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza, l'omesso deposito della copia con la relata non determina alcuna incertezza sull'esercizio del diritto di impugnazione nel rispetto del termine breve dalla data di possibile notificazione della sentenza. In tale ipotesi, risulta raggiunto lo scopo che avrebbe dovuto assicurare la produzione della relata di notificazione della sentenza, ovvero quello di consentire di verificare il rispetto, in ogni caso, del termine breve (Cassazione civile sez. VI, 10/07/2013, n. 17066). Sempre in via preliminare, va dichiarata inammissibile la produzione dei documenti depositati ai sensi dell'art. 372 c.p.c., poiché non riguardano la nullità della sentenza e l'ammissibilità del ricorso;si tratta della sentenza della Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile N. 30733/2017 del 21.12.2017, il ricorso per sequestro giudiziario proposto da L G innanzi alla Corte d'Appello di Venezia 1'11.9.2017, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di sequestro del 24.10.2017, l'ordinanza di nomina del custode ed i verbali di esecuzione del sequestro. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 718 c.c., 720 c.c. e dell'art. 40 della L. 47/85, in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente disposto la divisione in natura del palazzo Contrà San Gaetano, nonostante la presenza di abusi edilizi. Secondo i ricorrenti, poiché il bene apparteneva per il 50% agli eredi della de cuius R Z e, per la restante parte, a M Teresa e G P, eredi di M Zangrande, sorella della de cuius, non sussisterebbe un'ipotesi di comunione ereditaria ) ma di comunione ordinaria. Trattandosi, pertanto, di atto inter vivos e non mortis causa, si applicherebbe l'ad.40 L. 28 febbraio 1985 n. 47, che prevede la nullità degli atti inter vivos, aventi ad oggetto diritti reali dai quali non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare, o di quella rilasciata in sanatoria. Nell'ambito dello stesso motivo, il ricorrente contesta la decisione della corte territoriale di disporre la divisione in natura, in considerazione del notevole deprezzamento del bene derivante dal frazionamento, dalla costituzione di servitù, dall'assenza di quantificazione ed individuazione dei costi per sanare gli abusi e dai notevoli costi per un'eventuale ristrutturazione separata e non unitaria. Il motivo non è fondato. Osserva il collegio che la questione relativa alla nullità della divisione del Palazzo Contrà San Gaetano, per violazione dell'art. 40 L. 47/95 derivante dall'esistenza di una comunione ordinaria e non ereditaria, è questione nuova, proposta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità. Ha costantemente affermato questa Corte che i motivi del ricorso per cassazione debbano investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, né rilevabili d'ufficio (Cass. 7981/07;Cass. 16632/2010). Quanto alla doglianza relativa all'asserita indivisibilità del Palazzo Contrà San Gaetano, la decisione del giudice d'appello è conforme ai principi enunciati da questa Corte, secondo cui l'art.720 c.c., che disciplina l'ipotesi di non comoda divisibilità, costituisce una deroga al principio generale posto dall'art. 718 c.c., il quale attribuisce a ciascun coerede il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti. La non comoda divisibilità di un immobile, integrando un'eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura, può ritenersi legittimamente praticabile solo quando risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dall'irrealizzabilità del frazionamento dell'immobile, o dalla sua realizzabilità a pena di notevole deprezzamento, o dall'impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessivi, tenuto conto dell'usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso (Cassazione civile sez. II, 23/04/2018, n.9979;Cassazione civile sez. II, 27/11/2017, n.28230) Nel caso di specie, la corte territoriale ha accertato, con indagine che si sottrae al sindacato di legittimità, che l'immobile era già predisposto per una divisione in natura, sicché era facilmente realizzabile il frazionamento. Inoltre, il progetto di divisione formulato dal CTU, cui ha aderito il giudice di merito, dava luogo a conguagli calcolati nell'i% del valore complessivo del compendio immobiliare. Quanto al rilievo relativo al deprezzamento del bene, a seguito della divisione, il motivo risulta privo di specificità, in quanto si limita a generiche contestazioni della CTU, senza individuare in concreto l'entità del deprezzamento in relazione al compendio immobiliare, che non può certamente essere integrato dalla libertà dell'unico proprietario di effettuare lavori di ristrutturazione e manutenzione, dal momento che i medesimi interventi possono essere effettuati in regime di comunione, attraverso i meccanismi decisionali previsti dagli artt. 1105 e segg. c.c. Con riguardo alla mancata valutazione del peso economico scaturente dalla costituzione di servitù, il ricorrente si è limitato a descrivere i lavori, indicati dal CTU, da effettuarsi per la divisione in natura dell'immobile, senza riportare i dati relativi alla loro incidenza in termini di eccessiva onerosità della servitù. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, relativo ai rilievi svolti in ordine alle risultanze delle CTU. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente ha riportato, in ricorso, uno stralcio della propria conclusionale in cui muove rilievi ai criteri utilizzati dal CTU nella redazione del rendiconto, con particolare riferimento alle spese funerarie, alle spese di vitalizio, al calcolo dei canoni di locazione ed alle imposte pagate. La censura non attiene all'omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, come interpretato da questa Corte, a seguito della modifica dell'art. 360 n. 5 c.p.c., introdotta dal D.L.83/12, conv. in I. 134/12, ratione temporis applicabile, ma ad una alternativa ricostruzione delle risultanze istruttorie da parte del giudice di merito, che ha, peraltro,esaustivamente motivato, sui rilievi proposti dalla parte. La corte territoriale ha, in primo luogo, dichiarato inammissibile la documentazione prodotta oltre il termine previsto per le preclusioni istruttorie e, considerando la provenienza unilaterale della documentazione prodotta da M e F G, ha verificato la sussistenza di riscontri documentali, escludendo le spese non documentate, come le spese funerarie, quelle relative al pagamento delle imposte e dei lavori di manutenzione, ricostruendo l'importo dei canoni di locazione sulla base dei documenti ed escludendo l'accertamento di fatti aventi natura meramente esplorativa e quelli estranei al giudizio di divisione ereditaria. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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