Cass. pen., sez. II, sentenza 06/12/2022, n. 46191
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: S E, nato ad Agrigento il 12/06/1971 L M, nato a Fucecchio il 20/07/1968 avverso la sentenza del 28/05/2021 della Corte d'appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE NTRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F B, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Firenze, limitatamente al trattamento sanzionatorio e alle statuizioni civili, e la dichiarazione di inammissibilità, nel resto, dei ricorsi;
udito l'avv. ANTONIO D'ORZI, difensore di L M, presente anche come sostituto processuale dell'avv. F B, difensore di S E, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28/05/2021, la Corte d'appello di Firenze confermava la sentenza del 12/07/2017 del Tribunale di Firenze di condanna di E S e di M L per il reato di estorsione in concorso, aggravata ai sensi dell'art. 61, n. 9), cod. pen., nonché al risarcimento del danno cagionato da tale reato alla parte civile M C, liquidato in C 35.000,00. Il predetto reato di estorsione era stato contestato allo S e al L perché, «in concorso tra loro, agendo materialmente S Eros di intesa con L M, mediante minaccia, costringevano il corriere T A - titolare della ditta "Autotrasporti di T A" ed incaricato della ditta "Autotrasporti Leoncini di Certaldo" - a lasciare in consegna, presso la ditta "Area Fashion Group s.r.l." (già denominata "Area Fashion s.n.c. di L M & C."), una partita di merce lavorata dalla ditta individuale "Karol" di C Mario per conto della predetta ditta "Area Fashion", merce per la quale lo stesso T doveva ricevere, in sede di consegna e per conto della ditta Karol, un assegno post datato dell'importo di C 22.867,79 (assegno effettivamente emesso dalla società "Area Fashion" in favore della ditta "Karol", a garanzia del pagamento di precedenti forniture di merce lavorata, come preventivamente convenuto tra il L M e il C Mario, il quale aveva potuto visionare tale titolo in copia e compiere verifiche circa la completezza formale dello stesso presso la propria banca), così procurandosi l'ingiusto profitto costituito dal ricevimento della predetta merce, in danno del predetto C. Condotta e minaccia così articolate: - il T, giunto presso la ditta "Area Fashion" e scaricata materialmente la merce nel piazzale antistante l'accesso alla stessa, richiedeva di ricevere il suddetto assegno, come raccomandatogli espressamente dal titolare della "Ditta Autotrasporti Leoncini di Certaldo" (che a sua volta aveva ricevuto tale espressa disposizione dal C) quale condizione imprescindibile per poter eseguire la consegna della merce stessa;
- lo S, pubblico ufficiale in servizio presso la Compagnia della Guardia di Finanza di Empoli, con il grado di maresciallo capo, previo accordo con L, si faceva trovare presso la ditta di quest'ultimo al momento dell'arrivo del corriere T e si qualificava al medesimo quale "maresciallo della Guardia di Finanza", esibendogli anche il tesserino di riconoscimento;
- lo S ed il L facevano credere al T che fosse in atto un controllo della Guardia di Finanza", laddove lo S era intervenuto in favore del L per un'autonoma iniziativa, durante l'orario di servizio e utilizzando l'autovettura di servizio, ma al di fuori qualsivoglia incarico attinente al servizio prestato presso la struttura della Guardia di Finanza di appartenenza;
- in particolare, lo S, di intesa con il L, prospettava al T che la merce dal medesimo scaricata doveva essere "sequestrata" ed alla richiesta del T medesimo di ricevere l'assegno atteso dal C, lo minacciava prospettandogli l'irrogazione di una pesante "sanzione amministrativa" anche a carico del vettore, connessa al fatto che tale assegno era post-datato;- con ciò incutendo lo S, di intesa con il L, il timore di un pericolo nel T, che induceva quest'ultimo a sottostare alla richiesta dello S medesimo di lasciare in consegna la suddetta merce presso la ditta "Area Fashion" e di allontanarsi dalla stessa senza aver ricevuto l'assegno bancario atteso dal C. Con l'aggravante di avere S commesso il fatto con abuso dei poteri inerenti la sua qualifica di pubblico ufficiale. In Cerreto Guidi, frazione Stabbia, 1'8.8.2012*.
2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Firenze, hanno proposto distinti ricorsi per cassazione E S e M L, per il tramite dei propri difensori.
3. Il ricorso di E S è affidato a cinque motivi.
3.1. Con il primo motivo, il ricorre deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 179, lett. c), cod. proc. pen. Il ricorrente, premesso che aveva eletto domicilio presso lo studio del proprio difensore di fiducia avv. D B, lamenta che il decreto di fissazione dell'udienza preliminare dell'Il giugno 2015 era stato notificato, a mezzo della pec, inviando una sola copia dello stesso decreto al predetto difensore in proprio e non anche la copia diretta all'imputato, con la conseguente nullità della notificazione, ex art. 179, lett. c), cod. proc. pen., inficiante anche gli atti successivi, compresa la sentenza impugnata.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 629 cod. pen. Il ricorrente lamenta l'erroneità della qualificazione giuridica del fatto come estorsione, prospettando la qualificazione dello stesso, in prima battuta, come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (art. 393 cod. pen.) e, in seconda battuta, come truffa aggravata ex art. 61, n. 9), cod. pen. Con riguardo alla prospettata qualificazione come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, il ricorrente rappresenta che, dagli atti di causa, era emerso che il L aveva avanzato, nei confronti del C, «una contestazione in merito alla qualità di una precedente ma recentissima fornitura di tomaie per un valore di oltre € 20.000,00 della quale il L aveva rilevato l'esecuzione non ad opera d'arte da parte del C», con la conseguenza che i due imputati avevano agito nella convinzione ragionevole di «esercitare un proprio diritto economico antagonista rispetto a quello reclamato dal C». Con riguardo alla prospettata qualificazione come truffa, il ricorrente rappresenta che nella fattispecie di causa difettava: sia l'elemento della costrizione, atteso che non si ebbe una «invincibile coartazione», ma solo la prospettazione senz'altro maliziosa ma [...] un po' strampalata del pericolo del tutto immaginario conseguente all'eventuale ricezione dell'assegno bancario post datato» e che «nella stessa versione dei fatti offerta dal T non si produsse alcun particolare turbamento da parte di costui, laddove il C, raggiunto telefonicamente dallo stesso T, si mostrò per nulla intimorito»;
sia il fare o l'omettere come risultato di una costrizione, atteso che, quanto al mancato ritiro della merce, «si trattò di una omissione autonoma del T, che si "accontentò" di sentirsi dire che la merce era "sequestrata", così cedendo non all'asserita costrizione ma cadendo in errore dal raggiro sullo stato della merce che in realtà non era affatto sequestrata, né avrebbe potuto in alcun modo esserlo» e che, quanto all'omesso ritiro dell'assegno, «il T si limitò a prendere atto della situazione dribblando il problema con la telefonata immediatamente fatta al C».
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell'art. 61, n. 9), cod. pen., rappresentando l'insussistenza dell'aggravante prevista da tale articolo, atteso che «non è stata la qualità di Maresciallo della Questura di Firenze [dello S] a rendere possibile o ad agevolare la commissione del reato, bensì la sola e semplice enunciazione di questa qualifica» e che, in particolare, «tanto l'inesistente sequestro della merce, quanto la lezioncina (sbagliata) sull'assegno bancario furono emanazioni non del pubblico ufficiale in quanto tale, ma più semplicemente del comune e non preparatissimo cittadino».
3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per «insufficienza della motivazione quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche». Il ricorrente rappresenta che il fatto, posto a base di tale mancata concessione, dell'essere egli «imputato in un altro procedimento penale per falso ideologico, per fatti attinenti a questa vicenda», era venuto meno a seguito dell'intervenuta assoluzione da detto reato, sicché, stante il proprio stato di incensuratezza, il congedo dalla Guardia di finanza e il mancato conseguimento di alcun vantaggio economico, e anche al fine di adeguare la pena al caso concreto, sarebbe necessario investire nuovamente il giudice di merito della questione relativa alla concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3.5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per «illogicità della motivazione quanto alle statuizioni civili». Il ricorrente rappresenta che la Corte d'appello di Firenze avrebbe «omesso di considerare che il valore della merce scaricata era di soli C 3.500,00 mentre l'assegno era "a data" [...]: dunque, un foglio di carta che poteva valere, in quanto spedito al creditore, come riconoscimento di debito. A ben vedere, dunque, il danno non poteva essere commisurato alla cifra portata dall'assegno (€ 22.000,00), bensì agli effetti della condotta esposta nel capo d'imputazione. In buona sostanza, il danno effettivo è quello di non aver avuto quel pomeriggio la disponibilità di un assegno che comunque non avrebbe potuto essere incassato se non alla scadenza e solo se provvisto di copertura;
un danno cioè ben inferiore a quello liquidato».
4. Il ricorso di M L è affidato a sei motivi.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'art.
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE NTRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F B, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Firenze, limitatamente al trattamento sanzionatorio e alle statuizioni civili, e la dichiarazione di inammissibilità, nel resto, dei ricorsi;
udito l'avv. ANTONIO D'ORZI, difensore di L M, presente anche come sostituto processuale dell'avv. F B, difensore di S E, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28/05/2021, la Corte d'appello di Firenze confermava la sentenza del 12/07/2017 del Tribunale di Firenze di condanna di E S e di M L per il reato di estorsione in concorso, aggravata ai sensi dell'art. 61, n. 9), cod. pen., nonché al risarcimento del danno cagionato da tale reato alla parte civile M C, liquidato in C 35.000,00. Il predetto reato di estorsione era stato contestato allo S e al L perché, «in concorso tra loro, agendo materialmente S Eros di intesa con L M, mediante minaccia, costringevano il corriere T A - titolare della ditta "Autotrasporti di T A" ed incaricato della ditta "Autotrasporti Leoncini di Certaldo" - a lasciare in consegna, presso la ditta "Area Fashion Group s.r.l." (già denominata "Area Fashion s.n.c. di L M & C."), una partita di merce lavorata dalla ditta individuale "Karol" di C Mario per conto della predetta ditta "Area Fashion", merce per la quale lo stesso T doveva ricevere, in sede di consegna e per conto della ditta Karol, un assegno post datato dell'importo di C 22.867,79 (assegno effettivamente emesso dalla società "Area Fashion" in favore della ditta "Karol", a garanzia del pagamento di precedenti forniture di merce lavorata, come preventivamente convenuto tra il L M e il C Mario, il quale aveva potuto visionare tale titolo in copia e compiere verifiche circa la completezza formale dello stesso presso la propria banca), così procurandosi l'ingiusto profitto costituito dal ricevimento della predetta merce, in danno del predetto C. Condotta e minaccia così articolate: - il T, giunto presso la ditta "Area Fashion" e scaricata materialmente la merce nel piazzale antistante l'accesso alla stessa, richiedeva di ricevere il suddetto assegno, come raccomandatogli espressamente dal titolare della "Ditta Autotrasporti Leoncini di Certaldo" (che a sua volta aveva ricevuto tale espressa disposizione dal C) quale condizione imprescindibile per poter eseguire la consegna della merce stessa;
- lo S, pubblico ufficiale in servizio presso la Compagnia della Guardia di Finanza di Empoli, con il grado di maresciallo capo, previo accordo con L, si faceva trovare presso la ditta di quest'ultimo al momento dell'arrivo del corriere T e si qualificava al medesimo quale "maresciallo della Guardia di Finanza", esibendogli anche il tesserino di riconoscimento;
- lo S ed il L facevano credere al T che fosse in atto un controllo della Guardia di Finanza", laddove lo S era intervenuto in favore del L per un'autonoma iniziativa, durante l'orario di servizio e utilizzando l'autovettura di servizio, ma al di fuori qualsivoglia incarico attinente al servizio prestato presso la struttura della Guardia di Finanza di appartenenza;
- in particolare, lo S, di intesa con il L, prospettava al T che la merce dal medesimo scaricata doveva essere "sequestrata" ed alla richiesta del T medesimo di ricevere l'assegno atteso dal C, lo minacciava prospettandogli l'irrogazione di una pesante "sanzione amministrativa" anche a carico del vettore, connessa al fatto che tale assegno era post-datato;- con ciò incutendo lo S, di intesa con il L, il timore di un pericolo nel T, che induceva quest'ultimo a sottostare alla richiesta dello S medesimo di lasciare in consegna la suddetta merce presso la ditta "Area Fashion" e di allontanarsi dalla stessa senza aver ricevuto l'assegno bancario atteso dal C. Con l'aggravante di avere S commesso il fatto con abuso dei poteri inerenti la sua qualifica di pubblico ufficiale. In Cerreto Guidi, frazione Stabbia, 1'8.8.2012*.
2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Firenze, hanno proposto distinti ricorsi per cassazione E S e M L, per il tramite dei propri difensori.
3. Il ricorso di E S è affidato a cinque motivi.
3.1. Con il primo motivo, il ricorre deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 179, lett. c), cod. proc. pen. Il ricorrente, premesso che aveva eletto domicilio presso lo studio del proprio difensore di fiducia avv. D B, lamenta che il decreto di fissazione dell'udienza preliminare dell'Il giugno 2015 era stato notificato, a mezzo della pec, inviando una sola copia dello stesso decreto al predetto difensore in proprio e non anche la copia diretta all'imputato, con la conseguente nullità della notificazione, ex art. 179, lett. c), cod. proc. pen., inficiante anche gli atti successivi, compresa la sentenza impugnata.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 629 cod. pen. Il ricorrente lamenta l'erroneità della qualificazione giuridica del fatto come estorsione, prospettando la qualificazione dello stesso, in prima battuta, come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (art. 393 cod. pen.) e, in seconda battuta, come truffa aggravata ex art. 61, n. 9), cod. pen. Con riguardo alla prospettata qualificazione come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, il ricorrente rappresenta che, dagli atti di causa, era emerso che il L aveva avanzato, nei confronti del C, «una contestazione in merito alla qualità di una precedente ma recentissima fornitura di tomaie per un valore di oltre € 20.000,00 della quale il L aveva rilevato l'esecuzione non ad opera d'arte da parte del C», con la conseguenza che i due imputati avevano agito nella convinzione ragionevole di «esercitare un proprio diritto economico antagonista rispetto a quello reclamato dal C». Con riguardo alla prospettata qualificazione come truffa, il ricorrente rappresenta che nella fattispecie di causa difettava: sia l'elemento della costrizione, atteso che non si ebbe una «invincibile coartazione», ma solo la prospettazione senz'altro maliziosa ma [...] un po' strampalata del pericolo del tutto immaginario conseguente all'eventuale ricezione dell'assegno bancario post datato» e che «nella stessa versione dei fatti offerta dal T non si produsse alcun particolare turbamento da parte di costui, laddove il C, raggiunto telefonicamente dallo stesso T, si mostrò per nulla intimorito»;
sia il fare o l'omettere come risultato di una costrizione, atteso che, quanto al mancato ritiro della merce, «si trattò di una omissione autonoma del T, che si "accontentò" di sentirsi dire che la merce era "sequestrata", così cedendo non all'asserita costrizione ma cadendo in errore dal raggiro sullo stato della merce che in realtà non era affatto sequestrata, né avrebbe potuto in alcun modo esserlo» e che, quanto all'omesso ritiro dell'assegno, «il T si limitò a prendere atto della situazione dribblando il problema con la telefonata immediatamente fatta al C».
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell'art. 61, n. 9), cod. pen., rappresentando l'insussistenza dell'aggravante prevista da tale articolo, atteso che «non è stata la qualità di Maresciallo della Questura di Firenze [dello S] a rendere possibile o ad agevolare la commissione del reato, bensì la sola e semplice enunciazione di questa qualifica» e che, in particolare, «tanto l'inesistente sequestro della merce, quanto la lezioncina (sbagliata) sull'assegno bancario furono emanazioni non del pubblico ufficiale in quanto tale, ma più semplicemente del comune e non preparatissimo cittadino».
3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per «insufficienza della motivazione quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche». Il ricorrente rappresenta che il fatto, posto a base di tale mancata concessione, dell'essere egli «imputato in un altro procedimento penale per falso ideologico, per fatti attinenti a questa vicenda», era venuto meno a seguito dell'intervenuta assoluzione da detto reato, sicché, stante il proprio stato di incensuratezza, il congedo dalla Guardia di finanza e il mancato conseguimento di alcun vantaggio economico, e anche al fine di adeguare la pena al caso concreto, sarebbe necessario investire nuovamente il giudice di merito della questione relativa alla concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3.5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per «illogicità della motivazione quanto alle statuizioni civili». Il ricorrente rappresenta che la Corte d'appello di Firenze avrebbe «omesso di considerare che il valore della merce scaricata era di soli C 3.500,00 mentre l'assegno era "a data" [...]: dunque, un foglio di carta che poteva valere, in quanto spedito al creditore, come riconoscimento di debito. A ben vedere, dunque, il danno non poteva essere commisurato alla cifra portata dall'assegno (€ 22.000,00), bensì agli effetti della condotta esposta nel capo d'imputazione. In buona sostanza, il danno effettivo è quello di non aver avuto quel pomeriggio la disponibilità di un assegno che comunque non avrebbe potuto essere incassato se non alla scadenza e solo se provvisto di copertura;
un danno cioè ben inferiore a quello liquidato».
4. Il ricorso di M L è affidato a sei motivi.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'art.
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