Cass. civ., sez. I, sentenza 18/04/2013, n. 9486

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In tema di azione per indebito arricchimento nei confronti della P.A., il riconoscimento dell'utilità dell'opera e la configurabilità stessa di un arricchimento restano affidati a una valutazione discrezionale della sola P.A. beneficiaria, unica legittimata - mediante i suoi organi amministrativi o tramite quelli cui è istituzionalmente devoluta la formazione della sua volontà - ad esprimere il relativo giudizio, che presuppone il ponderato apprezzamento circa la rispondenza, diretta o indiretta, dell'opera al pubblico interesse, senza che possa operare in via sostitutiva la valutazione di amministrazioni terze, pur se interessate alla prestazione, né di un qualsiasi altro soggetto dell'amministrazione beneficiaria. Tale riconoscimento può essere esplicito o implicito, occorrendo, in quest'ultimo caso, che l'utilizzazione dell'opera sia consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell'ente, in quanto la differenza tra le due forme di riconoscimento sta solo nel fatto che la prima è contenuta in una dichiarazione espressa, mentre la seconda si ricava da un comportamento di fatto, tale da far concludere che il suo autore abbia inteso conseguire uno specifico risultato.

La natura sussidiaria dell'azione di arricchimento senza causa costituisce un presupposto della domanda, richiesto dalla legge, pertanto, tale condizione, non integrando un'eccezione in senso stretto, può essere rilevata d'ufficio dal giudice, nei limiti in cui la circostanza risulti da elementi di fatto già acquisiti nel giudizio, ed è proponibile per la prima volta anche nel giudizio di appello, non operando il divieto di "ius novorum" posto dall'art. 345 cod. proc. civ., inapplicabile per le eccezioni rilevabili d'ufficio.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 18/04/2013, n. 9486
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9486
Data del deposito : 18 aprile 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

CONTRIBUTO UNIFICATO - 09486 /13 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN

NOME DEL POPOLO ITALIANO

Indebito arricchimento. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G.N. 13343/2007 PRIMA SEZIONE CIVILE 9486 Cron. Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 1648 Rep. Dott. GIUSEPPE SALME' Presidente - Ud. 29/01/2013 Dott. S S Rel. Consigliere PU Consigliere Dott. A CCCHERINI - Consigliere Dott. A DNE Consigliere Dott. R M D V ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 13343-2007 proposto da: PROVINCIA DI TREVISO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI presso l'avvocato MANZI LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato B F, giusta procura a margine del ricorso;
2013 ricorrente 126 contro B B, B CRLA, BGAERT LUCIA, 1 VANHOVE GELTRUDE, nella qualità di eredi di FRANS BAGAERT, B B, nella qualità di titolare dell'Azienda Agricola VIVAI PIANTE T. BRULUCA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ACHILLE PAPA 21, presso l'avvocato L G, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato V F, giusta procura a margine del controricorso; controricorrenti contro M M, DALLA FRANCESCA DAMIANI ANNA, MARTON ANNA MARIA, M P, NELLA QUALITA' DI EREDI DI MARTON GIUSEPPE; - intimati - avversO la sentenza n. 475/2006 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 15/03/2006; della causa svolta nella udita la relazione 29/01/2013 dal Consigliere pubblica udienza del Dott. S S; udito, per la ricorrente, l'Avvocato C. ALBINI, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per l'accoglimento del primo, secondo, terzo motivo, con assorbimento o rigetto degli altri motivi. 2 Svolgimento del processo 1. La Corte di appello di Venezia con sentenza del 15 marzo 2006 ha confermato la decisione 11 febbraio 2002 del Tribunale di Treviso che aveva condannato in solido la Provincia di Treviso e l'on. Giuseppe M a corrispondere alla Azienda Agricola T. Bruluca la somma di £.13.913.820 ed all'architetto Frans B quella di £.

4.130.000 per i lavori di sistemazione del parco della villa Albrizzi Franchetti, osservando: a) l'azione proposta nei confronti della p.a. doveva essere qualificata di arricchimento senza causa, ed era ammissibile sia perché avanzata dai richiedenti indipendentemente dall'altra nei confronti del M, che aveva conferito l'incarico, sia perché nessuna eccezione inerente alla sussidiarietà era stata sollevata in primo grado dalla Provincia, che l'aveva tardivamente formulata con l'atto di appello;
b) l'azione era altresì fondata perché l'arricchimento era stato esplicitamente riconosciuto dal Presidente della Provincia nei confronti ladell'Azienda;
e perché nei confronti del B prestazione era stata adempiuta all'interno di un bene di pertinenza della Provincia, che ne aveva tratto obbiettivo vantaggio;
c) era infine fondata anche l'azione contrattuale del M sia perché quest'ultimo aveva conferito l'esecuzione dei lavori direttamente al professionista peraltro attestandone l'urgenza, sia perché aveva promesso 3 che la Provincia li avrebbe successivamente approvati e ratificati. Per la cassazione della sentenza la sola Provincia ha proposto ricorso affidandolo a 14 motivi e notificandolo agli eredi dell'architetto B, deceduto, Bruno, Lucia, Carla Bh e Geltrude Vanhoe, nonché a quelli del M, Anna Maria, Monica e Piero M, nonché Anna Della Francesca Damiani;
nessuno dei quali ha spiegato difese. Non si è costituita neppure l'Azienda Agricola. Motivi della decisione 2. Con i primi due motivi, la Provincia di Treviso, deducendo violazione dell'art.2042 cod. civ. censura la sentenza impugnata per avere dichiarato ammissibile l'azione di indebito arricchimento intrapresa dall'architetto B e dall'Azienda agricola, malgrado il riconoscimento che entrambi avevano a disposizione l'azione contrattuale nei confronti del M da cui avevano ricevuto l'incarico;
nonché quella di cui all'art. 1337 per avere la stessa Corte accertato che quest'ultimo li aveva indotto in errore facendoli confidare senza colpa nella conclusione di un regolare contratto con la Provincial invece non stipulato dall'Ente. Rileva altresì che detta responsabilità ancor prima che dall'art. 23 legge 144 del 1989, successivo ai fatti di causa, deriva dall'art.252 r.d. 383 del 1934 che stabiliva la responsabilità personale degli amministratori che ordinano spese non regolarmente deliberate. Con il terzo motivo, deducendo violazione anche dell'art.345 cod. proc. civ. si duole altresì che la decisione abbia qualificato nuova l'eccezione inerente alla mancanza di sussidiarietà dell'azione, perchè avanzata per la prima volta in grado di appello, malgrado l'art. 2042 cod. civ la considerasse un presupposto della norma che perciò il giudice era tenuto ad accertare di ufficio. Con il quarto motivo, deducendo violazione dell'art.2041 cod. civ., nonché difetti di motivazione, censura la ritenuta ammissibilità dell'azione sotto il profilo dell'avvenuto riconoscimento dell'utilità dell'opera svolta dal B e dall'Azienda, rinvenuto in una lettera inviata dal Presidente della Provincia soltanto a quest'ultima;
in cui invece il riconoscimento veniva definito soltanto eventuale e subordinato alla dimostrazione da parte di quest'ultima anzitutto delle prestazioni rese;
mentre il riconoscimento implicito non poteva essere confuso con la loro obbiettiva utilità accertata dal c.t.u. о dal giudice, né tanto meno dalla presenza del professionista nel corso dei lavori,o ancora dalla prova del loro effettivo compimento. 3. Le censure sono fondate. E' noto che l'azione di indebito arricchimento, in genere, non può essere proposta quando il danneggiato, come recita l'art. 2042 cod. civ., "può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito" che Quella nei confronti della p.a. , in particolare, è condizionata da altro 5 requisito di ammissibilità costituito dal riconoscimento dell'utilitas e dalla configurabilità stessa di un senza causa tuttavia affidato ✓ ad una arricchimento valutazione discrezionale della sola amministrazione beneficiata. Ora, quanto al presupposto dell'art. 2042 cod. civ., la Corte di appello non si è avveduta che la questione in ordine alla ritenuta inammissibilità, per novità, dell'eccezione ingiustificato improponibilità dell'azionedi di arricchimento, per difetto del suo carattere di residualità, risultava implicitamente disattesa per avere qualificato come tale la domanda la sentenza impugnata degli appellati e poi esaminato l'asserita eccezione nel merito perché le richieste "risultavano svolte nei confronti di soggetti diversi...". In ogni caso, essendo il carattere sussidiario dell'azione arricchimento un presupposto della domanda richiesto di dalla legge, la relativa condizione non costituisce materia di eccezione in senso stretto, ma è rilevabile d'ufficio dal giudice nei limiti in cui la relativa circostanza risulti da elementi di fatto già acquisiti nel giudizio. Ne l'eccezione in oggetto era dalla Provincia deriva che proponibile per la prima volta anche nel giudizio di appello, non operando nei suoi confronti il divieto di ius novorum posto dall'art. 345 cod. proc. civ., che non applicabile nei casi di eccezioni rilevabili d'ufficio. 6 Ma l'eccezione (impropria) era fondata anche nel merito in quanto secondo la giurisprudenza di questa Corte: a) detta condizione preclusiva, pur se non è da valutare in via puramente teorica, dilatandola fino a comprendervi ogni iniziativa processuale ipoteticamente azionabile, si verifica necessariamente quando la parte può esercitare, contro l'arricchito ○ contro altre persone, un'azione tipica, che trovi titolo in un contratto o nella legge con riferimento ad una fattispecie determinata (Cass. 20747 del 2007;
Cass. 11067 del 2003;
Cass. 16340 del 2002); b) la stessa ricorre anche quando vi sia originariamente un'azione sperimentabile contro persone diverse dall'arricchito che siano obbligate per legge о per contratto sempre che ricorra l'unicità del fatto costitutivo dell'arricchimento e dell'impoverimento (Cass.4099/2007;11835/2003;6647/2002). Nel caso la stessa sentenza impugnata ha accertato in base alle risultanze della prova testimoniale che era stato direttamente il M a conferire sia all'Azienda Bruluca, sia all'arch. B l'incarico di eseguire i lavori di sistemazione del parco della Villa Abbrizzi:perciò di fatto il professionista quantoriconoscendo che tanto l'appaltatore erano titolari della relativa azione jer relativo alle contrattuale onde rivendicare il compenso da ciascuno svolte nei confronti del prestazioni Azione che~ conferente. La quale, d'altra parte, è stata da entrambi 7 esercitata con successO e ritenuta fondata dalla Corte di appello che ha condannato il M al pagamento di detti compensi (in solido con l'amministrazione provinciale) con statuizione non impugnata da alcuna delle parti e perciò divenuta definitiva. Ed anzi la decisione suddetta, prima di esaminare la dell'incarico, ha questione del conferimento diretto ravvisato altra concorrente responsabilità del M per avere, nella veste di Assessore della Provincia, ingenerato nell'Azienda e nel professionista l'affidamento incolpevole della sicura successiva approvazione dei lavori da parte dell'Ente territoriale -oltre che di una futura sanatoria del vizio di forma contrattuale mediante la ratifica ad opera del Consiglio provincialexsicchè deve concludersi che la condizione preclusiva di cui all'art. 2042 cod. civ. sussisteva nella fattispecie per più ragionil posto che per la ritenuta culpa in contraendo del M, di cui la l'inquadramento nellasentenza ha peraltro dimostrato categoria della colpa grave, l'Azienda ed il B avevano a disposizione in aggiunta l' azione di cui agli art.1337 e si faceva 1338 cod. civ.. Laddove se tale comportamento fattispecie di cui all'art. 1381 cod. civ. rientrare nella di promessa del fatto del terzo, con la quale il assume una prima obbligazione di "facere", promittente nell'adoperarsi affinché il terzo tenga il consistente comportamento promesso, onde soddisfare l'interesse del 8 promissario, ed una seconda obbligazione di corrispondere l'indennizzo nel caso in cui, nonostante si sia adoperato, il terzo si rifiuti di impegnarsi, non essendo stata la promessa comunque adempiuta,i promissari avevano a disposizione in ogni caso perfino siffatta azione per il conseguimento dell'indennizzo stabilito dalla norma che, anche sotto tale profilo escludeva l'ammissibilità , dell'azione di indebito arricchimento. 4. Il Collegio deve aggiungere che nel caso non ricorreva neppure il requisito di ammissibilità specifico concernente l'azione esercitata nei confronti della p.a. Detta azione, infatti, comporta, di fatto, il superamento della regola che non si può dar luogo a spese non deliberate dall'ente nei modi previsti dalla legge, e senza la previsione dell'apposita copertura finanziaria;per cui ancor prima che il legislatore ne limitasse notevolmente l'applicabilità (cfr.art.23 del d.lgs. 66 del 1989;55 legge 142 del 1990;35 d.lgs.77 del 1995;
cfr. anche art.119,4° comma r.d. 827/1924), dottrina e giurisprudenza hanno sistematicamente ritenuto insufficiente al riguardo la constatazione di una diminuzione patrimoniale subita dal creditore per la prestazione eseguita e di un oggettivo vantaggio arrecato alla controparte. E richiesto quale ulteriore indispensabile presupposto che l'amministrazione interessata abbia compiuto una cosciente e consapevole valutazione anche dell'utilità dell'opera, del servizio, o 9 della prestazione, e che li abbia considerati rispondenti alle proprie finalità istituzionali. Da qui la prima regola, di carattere assoluto che il riconoscimento dell'utilitas e la configurabilità stessa di un arricchimento senza causa restano affidati ad una valutazione discrezionale della sola amministrazione beneficiata, unica legittimata a esprimere il relativo giudizio, che presuppone il doveroso apprezzamento circa la rispondenza diretta о indiretta della cosa ○ della prestazione al pubblico interesse (Cass. 16348/2004; 3222/1999);
e che detta valutazione non possa5900/2002; non solo essere sostituita da quella di amministrazioni terze, pur se interessate alla prestazione, ma neanche provenire da atti e comportamenti imputabili a qualsiasi dell'ente disoggetto che faccia parte della struttura esse destinatario:essendo necessariamente rimessa solo agli organi rappresentativi di detta amministrazione o a quelli cui è istituzionalmente devoluta la formazione della sua volontà (Cass.11133/2002;9694/2001;8285/2000). E se è vero che il riconoscimento in questione non deve avvenire necessariamente in maniera esplicita, cioè con un atto formale (il quale, peraltro, può essere assistito dai crismi richiesti per farne un atto amministrativo valido ed efficace ovvero può anche essere carente delle formalità e come nel caso in cui l'organo didei controlli richiesti, controllo lo annulli), è pur vero che anche quello implicito 10 richiede che l'utilizzazione dell'opera o della prestazione sia consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell'ente (Cass. sez.un. 4463/2009, nonché 11133/2002; 9694/2001): consistendo la differenza tra le due forme di riconoscimento soltanto nel fatto che la prima è contenuta in una dichiarazione espressa in forma di proposizione logica, mentre la seconda si ricava da un comportamento di fatto tale da far concludere che il suo autore ha inteso conseguire uno specifico risultato. Ma l'una e l'altra manifestazione sono soggette alle medesime regole dell'evidenza pubblica, e non possono perciò provenire da soggetti cui il potere rappresentativo non spetta, quali nel caso l'Assessore M che ha conferito l'incarico, ovvero individuati dipendentinon dell'ente, come ha mostrato invece di ritenere la Corte di appello (pag.10). D'altra parte, risulta del tutto illogico l'aver ricavato riconoscimento esplicito dell'arricchimento da una il lettera inviata in data 30 maggio 1989 dall'allora Presidente pro-tempore della Provincia alla (sola) Azienda con cui le si manifestava la disponibilità dell'amministrazione al pagamento di un indennizzo nei limiti dell'eventuale arricchimento": senza esaminarne per intero il contenuto, invece riportato dall'ente pubblico, nel quale, invece, detto intendimento era inserito nell'ambito di una proposta transattiva (che escludeva qualsiasi compenso per la direzione lavori) e comunque subordinato 11 alla dimostrazione del lavoro svolto attraverso una dettagliata relazione che gli interessati non hanno mai prospettato essere stata offerta. Ed infine, la sentenza impugnata ha finito per sostituire in radice il requisito suddetto con elementi erroneamente ritenuti equipollenti, come l'avvenuta esecuzione dei lavori da parte degli interessati, la loro presenza all'interno di immobili di pertinenza della Provincia, o la presenza di mezzi meccanici sui luoghi per poi concludere che "il B e l'Azienda avevano effettivamente operato su preciso incarico della Provincia":perciò confondendo il riconoscimento dell'utilità dell'opera con quello di un incarico agli interessati da parte dell'ente pubblico, e di fatto attribuendo a costoro la titolarità di quell'azione contrattuale poco prima esclusa per la mancanza di una delibera del Consiglio comunale al riguardo. 5. Assorbiti i restanti motivi del ricorso, la sentenza impugnata incorsa nelle numerose appenaviolazioni esaminate degli art.2041 e 2042 cod. civ. va cassata;
e non essendo necessari ulteriori accertamenti la Corte deve decidere nel merito ai sensi dell'art.384 cod. proc. civ. indebito dichiarando inammissibile l'azione di e dall'Azienda arricchimento proposta dal B T. Bruluca nei confronti della Provincia di Treviso;
con suddetta e conseguente condanna in solido dell'Azienda 12 degli eredi del professionista al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo.

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