Cass. pen., sez. VII, ordinanza 07/07/2020, n. 20034
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a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: IHAMA PETER nato il 01/02/1965 avverso la sentenza del 16/12/2019 del GIP TRIBUNALE di TORINOdato avviso alle parti;udita la relazione svolta dal Consigliere M D B;RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO Il GIP del TRIBUNALE di con sentenza in data 16/12/2019, ha applicato nei confronti di I P la pena concordata dalle parti ex art. 444 c.p.p., in relazione ai reati allo stesso ascritti. Propone ricorso per cassazione l'imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'affermazione di responsabilità. Il motivo è inammissibile perché è diverso da quelli consentiti. Il 3 agosto 2017 è entrata in vigore la legge numero 103 del 23 giugno 2017 che, tra l'altro, ha modificato la formulazione dell'articolo 448 cod.proc.pen. inserendo dopo il secondo comma il comma 2 bis che recita: "Il pubblico ministero e l'imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e alla illegalità della pena o della misura di sicurezza." La novella ha precisato che le disposizioni del comma 2 bis si applicano nei procedimenti nei quali la richiesta di applicazione della pena è stata presentata dopo l'entrata in vigore della legge e quindi dopo il 3 agosto 2017. Nel caso di specie l'imputato ha chiesto il patteggiamento all'udienza del 16/12/2019. Devono pertanto ritenersi applicabili i nuovi limiti alla facoltà di impugnare sopra indicati in forza dei quali tra i motivi di ricorso ammissibili non rientra l'assenza di adeguata motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità, che, peraltro, è ampiamente motivata nella detta pronunzia. Pertanto, ai sensi del comma 5 bis dell'articolo 610 cod. proc. pen. come novellato dalla citata normativa, va dichiarata de plano l'inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell'art. 444 c.p.p.. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
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