Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/07/2004, n. 14083

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In relazione alla vendita effettuata dal liquidatore in esecuzione del concordato preventivo con cessione dei beni, è consentito l'esercizio del diritto di prelazione nell'acquisto, convenzionalmente attribuito a un terzo dal debitore prima dell'ammissione della procedura, atteso che: il rapporto di prelazione, come tutti i rapporti giuridici preesistenti, non si scioglie (mancando nella disciplina del concordato il richiamo alle disposizioni dettate dagli artt. 72-83 legge fall.) a seguito dell'apertura del concordato o della sua omologazione; non è ricavabile dal sistema l'oggettiva incompatibilità della prelazione con la fase esecutiva del concordato (sia perché la forma e le modalità della liquidazione competono al debitore cedente, che può stabilire la vendita a trattativa privata e il tribunale interviene, ai sensi dell'art. 182 legge fall., solamente se il concordato non dispone diversamente, sia perché, non rispondendo l'esclusione della prelazione nella vendita forzata a ragioni di principio, è irrilevante che il trasferimento venga attuato con atti di carattere negoziale ovvero coattivo); va escluso, infine, che la prelazione incida, di per sè, negativamente sugli interessi dei creditori, in quanto essa comporta il solo onere della "denuntiatio" e si colloca in un momento successivo alla individuazione dell'acquirente e alla definitiva determinazione del prezzo.

Nel giudizio di cassazione, il controricorrente che deduca non già che il giudice di secondo grado abbia proceduto all'esame di un appello generico (dunque inammissibile), bensì che abbia pronunciato su un punto della sentenza di primo grado che l'atto di appello non aveva investito con una censura specifica, ha l'onere di proporre al riguardo ricorso incidentale, giacché in tanto la Corte di cassazione può esaminare siffatto vizio, qualificabile come extrapetizione, in quanto lo stesso sia stato denunciato con uno specifico motivo di impugnazione, in applicazione del principio secondo cui il vizio di extrapetizione non determina una nullità insanabile della sentenza, di modo che è denunciabile solo con gli ordinari mezzi di impugnazione e non è rilevabile d'ufficio dal giudice del gravame.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/07/2004, n. 14083
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14083
Data del deposito : 27 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C R - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. P V - rel. Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. V U - Consigliere -
Dott. L P M - Consigliere -
Dott. T R M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ROS GIACOMO &
FIGLI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CICERON

44, presso lo studio dell'avvocato B A, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati F D, NREO BATTELLO, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
GASTON PARIGI, INDUSTRIE RIUNITE S.P.A. E SILCA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CARLO FEA

4, presso lo studio dell'avvocato S D E, rappresentati e difesi dagli avvocati O R, F R, per quest'ultimo, giusta procura speciale, in atti;



- controricorrente -


e contro
MINRARIA SACILESE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.G.

BELLI

27, presso lo studio dell'avvocato GIACOMO MEREU, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BRUNO MALATTIA, giusta delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 261/00 della Corte d'Appello di TRIESTE, depositata il 13/06/00;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 01/07/04 dal Consigliere Dott. Vincenzo PROTO;

uditi gli avvocati Francesco DONOLATO, Nereo BATTELLO, Francesco RAENGO, Bruno MALATTIA;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

IANNLLI

Domenico che ha concluso per il rigetto del primo e secondo e terzo motivo, rinvio per il resto ad una sezione semplice.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.p.a. Industrie Riunite e la s.r.l. S.I.L.C.A., unitamente alla s.a.s. Ros Giacomo &
Fgli costituirono il Consorzio Produttori Carbonato di Calcio di Caneva e di Sacile (Concarb), stabilendo nel relativo statuto (art. 8) il diritto di prelazione a favore dei soggetti consorziati in caso di vendita dell'azienda da parte di uno di essi. La società Industrie Riunite e la società S.I.L.C.A. nell'ottobre 1982 furono ammesse dal Tribunale di Pordenone alla procedura di concordato preventivo con cessione di beni, e, nell'ambito di questo, le rispettive aziende furono cedute alla s.p.a. Società Mineraria Sacilese, senza rispettare il patto di prelazione. La società Ros Giacomo &
Fgli, in unione con la Società Industriale e Minerale del Friuli s.n.c., con atto notificato 18 novembre 1985, convenne in giudizio la Industrie Riunite, la S.I.L.C.A. e la Mineraria Sacilese, chiedendo che fosse dichiarata la nullità del contratto di vendita dell'azienda e che fosse disposto il trasferimento dell'azienda stessa alle società attrici, in subordine chiese la condanna delle società convenute al risarcimento dei danni patiti in dipendenza dell'inosservanza degli obblighi contrattualmente assunti.
Con sentenza 4 gennaio 1989 il Tribunale di Pordenone rigettò la domanda.
Dichiarata dalla Corte di appello di Trieste (sent. 8 febbraio 1992) la nullità del giudizio di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del commissario giudiziale liquidatore, e riassunto il giudizio anche nei suoi confronti, il Tribunale rigettò nuovamente la domanda (sent. 11 marzo 1998). Con sentenza in data 10 marzo 2000 la Corte territoriale, adita in sede di impugnazione dalla Ros Giacomo &
Fgli, confermò questa pronuncia, ponendo in rilievo il carattere non volontario della vendita di beni effettuata nell'ambito della procedura di concordato preventivo e l'esigenza di soddisfare l'interesse pubblico per conseguire la maggiore rimunerazione possibile a tutela delle aspettative dei creditori.
Avverso questa decisione la Ros Giacomo &
Fgli ha proposto ricorso per Cassazione con sette motivi.
Col primo motivo osserva che la sentenza impugnata avrebbe dovuto tener conto del fatto che i precedenti giurisprudenziali invocati dalla sentenza impugnata si riferiscono all'ipotesi di prelazione legale (art. 38 della legge n. 392 del 1978), e non già (come nel caso di specie) a quella convenzionale, e che occorreva, quindi, verificare piuttosto che l'adeguamento della fattispecie concreta alla fattispecie normativa, la compatibilità dell'istituto della prelazione con la funzione e la struttura del concordato preventivo. Col secondo motivo, denunciando la violazione degli artt. 160, 161, 163, 164, 167, 168, 169, 181 e 182 l. fall., la ricorrente deduce che la Corte d'appello, affermando l'inapplicabilità della prelazione convenzionale alla vendita dei beni ceduti nell'ambito del concordato preventivo, ritenuta di natura vincolata, ha assimilato tale vendita a quella disposta nell'ambito della procedura fallimentare, senza considerare i tratti differenziali delle due procedure - la natura negoziale dell'atto con cui prende avvio il concordato preventivo, il mancato spossessamento dei beni ceduti, la natura di mandato irrevocabile del potere gestorio del liquidatore - tutti convergenti nella direzione della natura volontaria delle vendite relative al patrimonio del debitore ceduto.
Col terzo motivo, denunciando la violazione degli artt. 160, 161, 163, 164, 167, 168, 169, 181, 182 e 184 l. fall., in relazione agli artt. 1977, 1979, 1980, 1983, 1984 c.c., deduce che la sentenza impugnata ha ritenuto non applicabile il patto di prelazione convenzionale alla procedura concorsuale in esame, non considerando che la procedura di concordato preventivo è compatibile con la persistenza del patto di prelazione convenzionale, che, quale rapporto giuridico preesistente, perdura dopo l'apertura della procedura stessa.
Col quarto motivo la società ricorrente denuncia il mancato riconoscimento della colposa responsabilità delle società convenute per l'inadempimento al patto di prelazione e la conseguente condanna al risarcimento dei danni.
Col quinto motivo denuncia omessa motivazione sulla domanda di risarcimento del danno patito dalla società attrice, a causa dell'estinzione del diritto di prelazione in relazione alla vendita del compendio aziendale per effetto della instaurazione del concordato preventivo.
Col sesto motivo deduce che la sentenza impugnata avrebbe dovuto riconoscere la responsabilità risarcitoria della società Industrie Riunite e della società S.I.L.C.A., che, promuovendo il concordato preventivo, avevano determinato la estinzione del diritto di prelazione spettante all'attrice, e lamenta che sia stato addossato ad essa attrice la prova della non imputabilità dello stato di insolvenza.
Col settimo motivo censura la mancata integrale compensazione delle spese processuali.
Al ricorso hanno resistito con controricorso la s.p.a. Industrie Riunite, la s.r.l. S.I.L.C.A. e, quale commissario giudiziale delle predette società, il Dott. G P, nonché, con distinto controricorso, la Società Mineraria Sacilese s.p.a. Quest'ultima ha depositato una prima memoria.
Con ordinanza 11 dicembre 2002 la Prima Sezione civile, rilevato che sulla questione prospettata coi primi tre motivi del ricorso - se sia esercitatile il diritto di prelazione nell'ambito delle vendite effettuate nel corso di una procedura di concordato preventivo con cessione dei beni - sussiste un contrasto giurisprudenziale, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente ai sensi dell'art. 374, secondo comma, c.p.c.. Il ricorso è stato quindi assegnato, per la soluzione del contrasto, alle Sezioni Unite.
I resistenti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISION


1.1. Nei rispettivi atti difensivi (controricorsi, memorie ex art. 378 Cod. proc. civ., interventi nella discussione orale) le
controricorrenti hanno dedotto, preliminarmente:
- che con atto a rogito Bevilacqua del 19 dicembre 1985, il commissario liquidatore del concordato preventivo con cessione dei beni della s.p.a. Industrie Riunite e della s.r.l. S.I.L.C.A. aveva alienato alla s.r.l. Mineraria Sacilese le aziende di dette società;

- che la s.p.a. Ros Giacomo &
Fgli, agendo sul presupposto che alla data della vendita le società cedenti fossero ancora socie, unitamente ad essa attrice, del Consorzio Produttori di Carbonato di Caneva e Sacile (CONCARB) aveva adito il Tribunale di Pordenone al fine della declaratoria (nonché delle statuizioni consequenziali) del proprio diritto ad esercitare la prelazione riconosciuta ai consorziati, al verificarsi delle alienazioni delle aziende di altri consorziati, dall'art. 8 dello statuto del CONCARB;

- che con sentenza n. 152 del 27 marzo 1998 il Tribunale di Pordenone aveva rigettato la domanda della s.p.a. Ros per due distinte ed autonome ragioni: In via principale, perché alla data del rogito le società cedenti non facevano più parte del CONCARB, essendo ad esse subentrata la Mineraria Sacilese, con la conseguente insussistenza, in quel momento, del presupposto cardine per l'esercizio della prelazione, costituito dalla cessione di un'azienda di un soggetto consorziato;
in ogni caso, perché il diritto di prelazione non può essere utilmente esercitato con riferimento alle alienazioni di beni effettuate - come nella specie -nella fase liquidatoria di un concordato preventivo con cessione di beni:
- che la s.p.a. Ros aveva proposto appello avverso detta sentenza davanti alla Corte d'appello di Trieste;

- che, se è pur vero che nelle conclusioni dell'atto di appello la società Ros aveva chiesto l'integrale riforma di quella sentenza, non è in alcun modo dubitabile che nella parte motiva dell'atto medesimo l'appellante non aveva sviluppato alcuna censura avverso la prima delle richiamate rationes decidendi;

- che la Corte di Trieste ha respinto l'appello sulla base della seconda delle ragioni valorizzate dal Tribunale.
Ciò premesso le controricorrenti hanno sostenuto che - tenuto anche conto della regola per cui nel corso della successiva fase del procedimento di secondo grado non si possono proporre ulteriori motivi rispetto a quelli formulati nell'atto introduttivo del giudizio - tale situazione processuale comporta che la ratio decidendi non censurata in modo specifico è divenuta definitiva;
e che, attualmente, non può essere contestato che la s.p.a. Ros Giacomo &
Fgli non ha diritto ad esercitare la prelazione della quale si controverte posto che, alla data della vendita, le cessionarie non erano più socie del consorzio CONCARB. Sulla base dei riassunti rilievi, infine, hanno sollecitato questa Corte Suprema a pronunciare sul ricorso in funzione di questo assorbente dato processuale, ed a confermare, anche per tale distinta ragione, la sentenza della Corte triestina.

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