Cass. civ., sez. II, sentenza 16/04/2018, n. 9282
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L'individuazione della natura di una cappella funeraria come sepolcro familiare o gentilizio e, quindi, non ereditario e, perciò, sottratto a possibilità di divisione, costituisce apprezzamento di mero fatto non suscettibile di sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti previsti dall'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
In tema di divisione ereditaria o di cose in comunione, non è necessario formare delle porzioni assolutamente omogenee, poiché il diritto del condividente ad una porzione in natura dei beni compresi nelle categorie degli immobili, dei mobili e dei crediti in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla medesima categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni rientranti nelle suddette tre categorie, dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti. Pertanto, qualora nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, spetta al giudice del merito accertare se il diritto della parte sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure per mezzo dell'assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio.
Sul provvedimento
Testo completo
09282-18 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta da: SUCCESSIONI LINA MATERA - Presidente - LUIGI G LRDO - Consigliere - Ud. 14/02/2018 - VINCENZO CORRENTI - Consigliere - PU R.G.N. 18830/2015 GIUSEPPE TEDESCO - Consigliere - Rel. Consigliere - Rep. e I ANTONIO SCARPA 404.9282 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 18830-2015 proposto da: CASAGRANDE GIUSEPPINA, GARIBOLDI FABRIZIO PIERLUIGI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LIEGI 58, presso lo studio dell'avvocato R C, rappresentati e difesi dall'avvocato S G G;
- ricorrenti -
contro
S C ANIETTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VAL DI LANZO 79, presso lo studio dell'avvocato G I Q, che la rappresenta e difende;
DI S L, difensore se stesso ex art. 86 c.p.c.;
- controricorrenti -
646/78 nonchè sul ricorso proposto da DI S L, difensore se stesso ex art. 86 c.p.c.;
- ricorrente incidentale -
contro
CASAGRANDE GIUSEPPINA, GARIBOLDI FABRIZIO PIERLUIGI, S C ANIETTA;
- intimati -
nonchè sul ricorso proposto da S C ANIETTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VAL DI LANZO 79, presso lo studio dell'avvocato G I Q, che la rappresenta e difende;
- ricorrente incidentale -
contro
CASAGRANDE GIUSEPPINA, GARIBOLDI FABRIZIO PIERLUIGI, DI S L;
- intimati -
avverso la sentenza n. 634/2015 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 28/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
Ric. 2015 n. 18830 sez. S2 - ud. 14-02-2018 -2- udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, il quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi principalte incidentali;
uditi gli Avvocati Geracia, D S e Iacono.
FATTI DI CAUSA
F P G e G Casagrande hanno proposto ricorso in cassazione articolato in cinque motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 634/2015, depositata il 28 aprile 2015. GΑΙ ricorso di F P G e Casagrande resistono l'avvocato S L, il quale ha altresì avanzato ricorso incidentale a sua volta strutturato in sei motivi, ed A S C, la quale ha proposto ricorso incidentale in unico motivo. La vicenda per cui è lite trae origine da un precedente giudizio, derivante dalla citazione notificata il 15 aprile 1961 da M C, che convenne davanti al Tribunale di Termini Imerese i propri fratelli I, A, A, G e il protutore del fratello interdetto A, nonché la madre G Cirrito Militello, per procedere alla formazione e divisione, secondo le norme della successione legittima, della massa ereditaria proveniente da N C, deceduto il 19 agosto 1948, rispettivamente padre e coniuge delle parti. Il convenuto I C dedusse che la successione dovesse basarsi sul testamento olografo redatto il 18 gennaio 1948 da N C, mentre tutore il dell'interdetto A Cirrito produsse scrittura privata del 29 aprile 1950, adducendo che in essa era stata transattivamente predisposta e regolata la ripartizione dei beni ereditari, chiedendo che la divisione avesse luogo secondo le disposizioni Ric. 2015 n. 18830 sez. S2 - ud. 14-02-2018 -3- ivi contenute. Il Tribunale di Termini Imerese con sentenza non definitiva dichiarò aperta la successione di N C e dispose la divisione sulla base della scrittura privata del 29 aprile 1950. Sull'appello di I C, la Corte di Appello di Palermo confermò la pronuncia di primo grado, qualificando la scrittura privata quale transazione divisoria e divisione transattiva. Proposto ricorso in cassazione, la Suprema Corte, con sentenza del 2 aprile 1969, n. 1080, confermò la pronuncia di secondo grado. Il processo davanti al Tribunale di Termini Imerese, dopo la sospensione disposta in pendenza delle impugnazioni sulla sentenza non definitiva, non venne tuttavia tempestivamente riassunto e così si estinse. Nacquero di seguito due giudizi, entrambi intrapresi ancora da M Cirrito: quest'ultimo citò dapprima la madre G Militello e i fratelli I, A, A, G, nonché il tutore del fratello interdetto A, sempre per ottenere lo scioglimento della comunione ordinaria di Nicolò Cirrito, secondo quanto stabilito nel vincolante giudicato della Corte di cassazione;
poi M C convenne i fratelli per ottenere la divisione dei beni lasciati dallo zio Leonardo Cerrito, deceduto l'11 gennaio 1939, nonché lo scioglimento della comunione ordinaria di alcuni beni in comproprietà tra gli stessi. I due procedimenti vennero riuniti, e la causa, dopo essere stata più volte interrotta per la morte di tutte le originarie parti del giudizio, proseguì per riassunzione operata da L F G e G Casagrande, eredi di L T, a sua volte erede universale dell'originario attore M C, nei confronti di A S C, erede degli originari convenuti A e I C, nonché di L D S, erede di G Cirrito. Ric. 2015 n. 18830 sez. S2 - ud. 14-02-2018 -4- Con sentenza del 30 novembre 2010 il Tribunale di Termini Imerese dispose lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni già appartenenti a N C, individuando le singole quote spettanti a ciascuna delle parti e procedendo all'attribuzione dei beni ereditari ed alla determinazione dei relativi conguagli, secondo quanto indicato nelle c.t.u. espletate;
dichiarò inoltre, aperta la successione di Leonardo Cerrito, da regolare in base a testamento pubblico, procedendo alla divisione dei beni ereditari secondo l'individuazione dei lotti indicati nella c.t.u. da assegnare tramite sorteggio;
ordinò ancora lo scioglimento della comunione ordinaria dei beni già in proprietà dei fratelli Cerrito in forza di atti di acquisto inter vivos;
statuì l'attribuzione in favore di A S C delle quote spettanti a I, A e A;
condannò la stessa A S C a corrispondere a Liborio Di Salvo, L F G e G Casagrande la quota loro spettante per i frutti ricavati dagli immobili. Proposero appelli L D S, F L G, G Casagrande e A S C. La Corte di Appello di Palermo, dopo aver richiesto chiarimenti ai M consulenti tecnici in ordine ai rilievi mossi dalle parti sul valore dei beni, ed ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi degli originari convenuti G Militello Cirrito e A Cirrito, rispettivamente madre e fratello interdetto dei condividenti, con la sentenza del 28 aprile 2015 riformò parzialmente la pronuncia di primo grado relativamente alle porzioni da attribuire alle originarie condividenti Cirrito G e Cirrito A, nei termini di cui alle pagine 19 e 20 della relazione di c.t.u. depositata in data 4 novembre 2013, e condannò A S C, per i frutti percepiti dagli immobili, al pagamento della somma di € Ric. 2015 n. 18830 sez. S2 - ud. 14-02-2018 -5- 10.692,00, oltre interessi, in favore di ciascuno dei condividenti F L G, G Casagrande e Liborio Di Salvo, in luogo dell'importo di € 107.317,41 quantificato dal primo giudice. Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c. RAGIONI DELLA DECISIONE I.Il primo motivo del ricorso di F P G e G Casagrande denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1362, comma 1 c.c., in quanto la Corte d'Appello di Palermo avrebbe disapplicato del tutto i criteri divisionali e transattivi contenuti nella scrittura del 29 aprile 1950 ed ormai coperti dalla forza del giudicato, omettendo di interpretare quella convenzione in base alla reale volontà delle parti, con specifico riguardo alla valutazione del fondo Valle, operata dai giudici d'appello "alla stregua di tutti gli altri beni", ovvero "per adozione", mentre l'accordo aveva stabilito che tale fondo, già intestato a M C, dovesse rientrare nella massa ereditaria "nella sua consistenza attuale", e cioè conferendone il corrispondente valore all'epoca dell'accordo. Il secondo motivo di ricorso di F P G e G Casagrande deduce la violazione e falsa S applicazione dell'art. 1363 c.c., essendo palese dal raffronto delle clausole della scrittura privata, a dire dei ricorrenti, che le parti intesero regolare il fondo Valle in maniera differente rispetto al resto dell'asse da dividere, in quanto il conferimento in valore di tale bene fu frutto di un accordo transattivo. Con il terzo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362, comma 2, c.c., in quanto la Corte d'Appello non avrebbe tenuto conto del comportamento delle parti successivo all'accordo transattivo (si Ric. 2015 n. 18830 sez. S2 - ud. 14-02-2018 -6- fa riferimento ad un atto inviato il 23 giugno 1961 da I Cirrito), comportamento dal quale emergerebbe parimenti che l'intento dei contraenti nella scrittura del 29 aprile 1950 era quello di attribuire al fondo Valle il valore che esso aveva al momento di quell'accordo, presumibilmente coincidente al valore dello stesso all'epoca dell'apertura della successione, sempre perché tale fondo venne incluso nella massa ereditaria fittiziamente. Con il quarto motivo di ricorso F P G e G Casagrande denunciano la violazione e falsa applicazione dell'art. 747 c.c., avendo i ricorrenti comunque domandato in via subordinata di fare quanto meno applicazione dell'art. 747 c.c., così imputando il valore del fondo Valle al momento dell'apertura della successione, visto che M C aveva acquistato quel fondo con somme donategli dal padre e che perciò si trattava di una donazione indiretta. Il quinto motivo del ricorso di F P G e G Casagrande lamental la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c., avendo la Corte d'Appello illegittimamente accolto l'appello incidentale di Antonietta Sireci Cirrito e così ridotto la condanna della stessa a rimborsare agli altri condividenti i frutti per il possesso di alcuni beni immobili, ritenendo che fosse legittimo il possesso esclusivo che A S C e i suoi danti causa avevano avuto degli immobili loro attribuiti a titolo transattivo dalla scrittura del 29 aprile 1950. Sottolineano i ricorrenti principali che le attribuzioni dei beni per quota ai condividenti nella scrittura del 1950 era stata fatta con verbi coniugati al futuro, senza quindi attribuire alcun possesso attuale, occorrendo comunque un atto pubblico di divisione o una Ric. 2015 n. 18830