Cass. civ., sez. II, sentenza 14/10/2019, n. 25830

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 14/10/2019, n. 25830
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25830
Data del deposito : 14 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 21126-2017 proposto da: CIOTTI ROBERTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO, 27, presso lo studio dell'avvocato C S T, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C S T, C V;

- ricorrente -

contro 947 COMUNE FIUMICINO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI

99, presso lo studio dell'avvocato C P, che lo rappresenta e difende;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1582/2017 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 09/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/04/2019 dal Consigliere A C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale I P che ha concluso per l'inammissibilità, in subordine per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato C V, difensore della ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato A P con delega depositata in udienza dell'Avvocato P C, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

L'avvocatessa R C - premesso di avere prestato in favore del Comune di Fiumicino attività di consulenza e assistenza (difendendo l'Amministrazione municipale in numerosi giudizi civili e amministrativi) sulla scorta di un "contratto individuale di lavoro autonomo" stipulato per il periodo dal 1 gennaio al 4 aprile 1999, successivamente ripetuto con contratti di analogo contenuto sino al 2003 - conveniva detto Comune davanti al tribunale di Roma, deducendo che la regolazione del compenso pattuito nei suddetti contratti era nulla per violazione dei minimi tariffari previsti per l'attività degli avvocati e chiedendo la condanna del convenuto al pagamento del compenso calcolato sulla base delle tariffe forensi. Il tribunale di Roma accoglieva la domanda e, sulla scorta delle risultanze di una consulenza tecnica all'uopo disposta, liquidava in favore dell'avvocatessa C la somma di C 286.791, detratta la ritenuta d'acconto, oltre interessi e spese. La corte d'appello di Roma, adita dal Comune di Fiumicino, ha ribaltato la decisione di primo grado, rigettando la domanda dell'attrice sulla scorta di tre autonome rationes decidendi, che si sintetizzano come segue: a) in primo luogo la corte capitolina - premesso che «la natura complessa dell'incarico e l'offerta del professionista non consentiva l'applicabilità della disciplina dell'articolo 24 I. 794/1942» - argomenta che il corrispettivo della prestazione è stato «concordato globalmente in importi predeterminati», cosicché non si potrebbe fare «riferimento a quello che sarebbe stato il compenso dovuto per ogni singola attività per inferirne la violazione dei minimi tariffari»;
nella motivazione dell'impugnata sentenza si sottolinea altresì, sul punto, che «il procedimento amministrativo che ha condotto alla scelta del professionista, incentrato sulla comparazione delle offerte, la necessità della predeterminazione della spesa ed il sistema di controlli peculiari della P.A. verrebbero del tutto vanificati laddove la pattuizione del compenso dovesse essere posta nel nulla ex post, sulla base di parametri di determinazione del corrispettivo disomogenei rispetto a quelli di originaria determinazione» (pag. 3, primo, secondo e terzo capoverso, della sentenza);
b) in secondo luogo nella sentenza gravata si sostiene che la valutazione di nullità del contratto non potrebbe che attenere al suo momento genetico, sicché «la circostanza che per il mero fatto dello svolgimento delle singole attività il corrispettivo si sarebbe potuto rivelare inferiore ai minimi tariffari non vale a connotare di nullità la previsione contrattuale» (pag. 3, quarto capoverso);
c) in terzo luogo la corte territoriale richiama il principio di diritto alla cui stregua i minimi tariffari possono formare oggetto di rinunzia da parte del professionista anche per ragioni di convenienza di quest'ultimo e argomenta che nella specie sarebbe evidente che «per propria convenienza l'avv. C, nel formulare l'offerta, abbia implicitamente rinunziato a maggiori compensi e che, anche avuto riguardo all'oggetto della prestazione, non fosse ravvisabile una predeterminazione consensuale dei compensi finalizzata ad infrangere la norma imperativa» (pag. 4, quarto capoverso). La sentenza della corte d'appello di Roma è stata impugnata per cassazione dalla avvocatessa C sulla scorta di un solo motivo, promiscuamente riferito ai numeri 3 e 4 dell'articolo 360 c.p.c., con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 24 della legge n. 794/1942, degli articoli 1418 e 1419 c.c. e degli articoli 112 e 115 c.p.c.. Il motivo si articola in tre distinti profili, ognuno dei quali dedicato alla censura di una delle tre rationes decidendi sulle quali si fonda la sentenza impugnata. Quanto alla ratio decidendi sopra sintetizzate_ sub a), la ricorrente deduce la nullità della clausola del contratto d'opera professionale da lei 0.4/ stipulato con il Comune di Fiumicino che fissava un compenso forfettario inferiore ai minimi tariffari previsti dall'art. 24 I. 794/1942. Nel mezzo di impugnazione si contesta, in particolare, la fondatezza dell'affermazione secondo cui «la natura complessa dell'incarico e l'offerta del professionista» escluderebbero l'applicazione dell'art. 24 I. 794/1942 e si sottolinea come la natura imperativa dei minimi tariffari toglierebbe qualunque rilievo all'argomento speso dalla corte capitolina in ordine al necessario rispetto dei vincoli di bilancio della P.A.. Quanto alla ratio decidendi sopra sintetizzateL sub b), la ricorrente deduce, in particolare, che la nullità della clausola sul compenso forfettario sia da valutare necessariamente ex post, perché solo ex post si può stabilire se l'onorario percepito valga a remunerare l'attività prestata nel rispetto dei minimi tariffari, e sostiene che tale nullità implichi la sostituzione automatica della clausola invalida con le tariffe legalmente fissate. Quanto alla ratio decidendi sopra sintetizzatgt sub c), la ricorrente critica l'affermazione della corte territoriale secondo cui nella conclusione dell'accordo sul compenso forfettario sarebbe implicita la rinuncia della professionista al diritto ad un compenso non inferiore ai minimi tariffari e deduce, per un verso, che dagli atti non emergerebbe alcun suo atto di rinuncia, cosicché la suddetta affermazione si risolverebbe in un mero paralogismo, che svuoterebbe di contenuto precetto legale;
legale;
per altro verso, che la menzionata affermazione risulterebbe del tutto estranea al dibattito processuale, in violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c.. Il comune di Fiumicino ha depositato controricorso, eccependo preliminarmente la inammissibilità del ricorso e, comunque, contestando la fondatezza del medesimo. La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 3 aprile 2019, per la quale entrambe le parti hanno depositato una memoria illustrativa e nella quale il procuratore generale ha concluso come in epigrafe.
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