Cass. civ., sez. I, sentenza 23/03/2004, n. 5724

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Massime2

Gli atti contrattuali con i quali una società cooperativa trasferisca ad alcuni soci la proprietà di alloggi, da essa costruiti, a condizioni più favorevoli rispetto a quelle praticate (o che in futuro è prevedibile possano essere praticate) ad altri soci non sono, per ciò stesso, affetti da nullità, sia perché non ogni anomalia di funzionamento del rapporto sociale si traduce, sol perché tale, in un vizio genetico del contratto di cessione dell'alloggio di per sè altrimenti valido (un simile vizio potendosi ravvisare solo quando quell'anomalia sia tale da recidere del tutto l'indispensabile nesso tra la causa mutualistica del rapporto societario e la causa sinallagmatica del contratto di scambio), sia perché il principio di parità di trattamento, vigente nel sistema delle società cooperative già prima nella novellazione dell'art. 2516 ad opera del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, definisce una regola di comportamento per gli organi sociali, ma non è idoneo a riflettersi sulla validità dei singoli rapporti contrattuali per il cui tramite i singoli soci si assicurano la prestazione mutualistica loro fornita dalla cooperativa.

L'assegnazione in favore del socio dell'alloggio realizzato da una società cooperativa edilizia è, al pari di una compravendita, un contratto ad effetti reali che si perfeziona con il consenso delle parti e che determina il trasferimento all'acquirente della proprietà del bene immobile che ne è oggetto: un trasferimento pieno e definitivo, essendo da escludere che solo con la definitiva liquidazione della cooperativa quel passaggio di proprietà si perfezioni e si consolidi in capo al socio. Da tanto consegue che il successivo recesso del socio dalla società, anche ove illegittimamente operato, non può costituire causa di nullità della pregressa assegnazione, giacché l'eventuale illegittimità del comportamento tenuto dal socio assegnatario in un momento posteriore all'assegnazione, seppure idoneo ad acquisire rilevanza e a produrre conseguenze sul piano dei rapporti obbligatori (in termini di eventuale invalidità del recesso, di perdurante assoggettabilità del socio medesimo agli obblighi derivanti dalla sua adesione alla cooperativa o, se del caso, di risarcimento dei danni), non è in grado di riflettersi sulla validità originaria del contratto o di determinare conseguenze sul piano reale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 23/03/2004, n. 5724
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 5724
Data del deposito : 23 marzo 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

M REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Oggetto Society Live 057 24/04 SEZIONE PRIMA CIVILE ogactive Composta dagli Ill.mi Sigg. 9526/01 Dott. G OLA Dott. F M FTI - Consigliere 11162 Cron. Rel. Consigliere RORDORF - Dott. Renato 1346 Rep. -Consigliere Dott. F F Ud. 12/12/03 Consigliere DI

PALMA

Dott. S ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: FALLIMENTO COOPERATIVA EDILIZIAMUTUA CASE MAESTRI DEIVA SRL, in persona del Curatore Gian Paolo Pozzolini, elettivamente domiciliato in ROMA VIA LIMA presso l'avvocato G M, rappresentato 48, difeso dall'avvocato M A, giusta mandato in calce al ricorso; - ricorrente contro M A, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

GIUSEPPE PISANELLI

4, presso 1'Avvocato VINCENZO 2003 SCORSONE che la rappresenta e difende unitamente SPINA giusta mandato а 3075 all'Avvocato DORA BRIGUORI margine del controricorso; controricorrente contro C M, DALLA LIBERA ROSSELLA; intimati avverso la sentenza n. 106/00 della Corte d'Appello di GENOVA, depositata il 21/02/00; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/12/2003 dal Consigliera Dott. Renato RORDORF; udito per il resistente 1'Avvocato SCORSONE che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo Il curatore del fallimento della Cooperativa Mutua Edilizia Case Maestri di Deiva ha impugnato dinanzi al- la Corte d'appello di Genova la sentenza con la quale il tribunale di quella città aveva rigettato le domande proposte da esso curatore al fine di: a) far dichiarare nulli, o comunque invalidi, gli atti di assegnazione di alloggi della cooperativa in favore della sig.ra Angela M ed in favore dei sigg.ri Marco Cavatorti e Ros- sella Della Libera, in quanto contrastanti con i prin- 2 cipi di mutualità e parità di trattamento ai quali una cooperativa è tenuta ad informare il proprio comporta- mento verso i soci;
b) in via subordinata, revocare i c. 1, 1. fall., medesimi atti, norma dell'art. 67, a siccome stipulati ad un prezzo sproporzionatamente esi- guo nel biennio anteriore al fallimento della coopera- tiva alienante. Nel pieno contraddittorio ladelle parti corte d'appello, con sentenza depositata il 21 febbraio 2000, ha respinto il gravame ed ha condannato l'appellante al pagamento delle spese di lite. La corte ligure non ha condiviso l'assunto del fal- limento appellante, secondo cui l'assegnazione di alcu- ni alloggi ad un prezzo non comprensivo di tutti gli - oneri e delle spese che avrebbero invece dovuto con- fluirvi sarebbe nulla, in quanto lesiva dei principi di trattamento tra i soci. mutualità parità e di violazione dello scopo mutualistico a L'eventuale non potrebbe infatti riflettersi giudizio della corte - sulla validità dei singoli atti negoziali intercorsi tra i soci e la cooperativa, la quale, del resto, ri- sultava in concreto avere svolto la propria attività al di fuori dello schema mutualistico comportandosi come una qualsiasi impresa commerciale del settore edilizio. Né varrebbe obiettare che, recedendo dalla società su- 3 bito dopo l'assegnazione degli alloggi in loro favore e prima dell'integrale ripartizione degli oneri mutuali- stici, quei soci avrebbero indebitamente depauperato il patrimonio sociale in danno degli altri, giacché un tal rilievo potrebbe semmai far dubitare della validità del recesso, ma non inficiare gli atti di assegnazione. An- che la domanda subordinata di revoca dei medesimi atti, proposta ai sensi della citata disposizione della legge stata reputata infondata dal giudice fallimentare, del gravame, per ragioni che in questa sede ormai più non interessano. cassazione sentenza ricorre per il Avverso tale fallimento, prospettando due articolati motivi di cen- sura. Resiste con controricorso la sola sig.ra M. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione dell'art. 2511 c.c., nonché vizi di moti- vazione sentenza,dell'impugnata ripropone l'assunto secondo cui gli atti di assegnazione degli alloggi di una cooperativa edilizia, se compiuti dalla società in spregio al principio mutualistico ed a quello di parità dei trattamento tra i soci, sarebbero affetti da nulli- tà. W r Il motivo è articolato in due parti, corrispondenti alla duplice ratio decidendi in base alla quale la cor- te d'appello ha negato potersi ravvisare la prospettata nullità degli atti di assegnazione. La corte ligure, in via generale, ha fondato la propria negativa decisione sul rilievo che la violazione degli anzidetti principi, operanti nell'ambito dei rapporti interni alla coopera- non potrebbe giammai riflettersi sulla validità tiva, dei contratti di scambio stipulati dalla società con i singoli soci. In secondo luogo, ha ritenuto che quei principi male fossero stati invocati nel caso specifico perché la cooperativa in questione non aveva mai di mutualistico, fatto davvero corrisposto al modello agendo invece in concreto come una società lucrativa. " 1.1. Con riguardo al primo profilo, il fallimento ricorrente contesta che gli atti negoziali posti in es- sere tra la società ed i singoli soci possano non ri- sentire del fine mutualistico cui l'attività della co- operativa deve essere improntata. Osserva poi che il perseguimento di tale fine ed il rispetto del connesso principio di parità di trattamento dei soci costitui- scono imperativi inderogabili per la società, e che la stipulazione dei contratti di assegnazione dei singoli alloggi è il mezzo attraverso cui quel fine è destinato a realizzarsi. Da ciò il collegamento funzionale tra il contratto di società ed i singoli contratti di scambio, collegamento alla luce del quale la violazione dei principi informatori del primo necessariamente sarebbe destinata a ripercuotersi anche sui secondi. 1.2. In relazione al secondo profilo, il ricorrente si duole che la corte territoriale, pur avendo in via di principio riconosciuto che lo svolgimento di attivi- tà commerciale e l'eventuale dichiarazione di fallimen- to della società cooperativa non sono elementi di per sé incompatibili con i fini di mutualità propri della cooperazione, abbia poi contraddittoriamente desunto l'inesistenza nel caso concreto di tali finalità unica- mente dal fatto che la cooperativa è stata sottoposta a fallimento, così confondendo lo scopo mutualistico l'oggetto commerciale dell'attività sociale;
ed abbia inoltre fondato il proprio giudizio sull'erroneo pre- supposto dell'avvenuta cessione in tutto o in parte a non soci di alloggi realizzati dalla società. 2. Con il secondo mezzo d'impugnazione, nel denun- ciare la violazione degli artt. 2511 e 2529 c.c. (nonché ulteriori vizi di motivazione), la curatela ri- corrente critica la sentenza d'appello nella parte in cui questa ha reputato irrilevante, ai fini della de- claratoria d'invalidità degli atti di assegnazione, la te circostanza che i soci assegnatari fossero poi subito 6 हु dopo receduti dalla cooperativa. La corte ligure, premesso che il recesso del socio assegnatario dell'alloggio non esclude la sua responsa- bilità per gli obblighi sociali validamente assunti du- rante il corso del rapporto associativo, ha osservato che l'asserita contrarietà di un siffatto recesso con le norme disciplinanti la liquidazione del patrimonio sociale si risolverebbe, tutt'al più, in una ragione d'illegittimità del recesso medesimo che potrebbe at- tuarsi solo mediante rimborso delle azioni o della quo- senza tuttavia il mantenimento ta spettante al socio, dell'alloggio assegnatogli ma non certo nell'automatica nullità dell'atto di assegnazione. Il fallimento ricorrente obietta che, se il recesso sia intervenuto in un momento successivo al consegui- mento da parte del socio del beneficio mutualistico, ma anteriore alla ripartizione di tutti i costi che ineri- scono all'attività della cooperativa, è illegittimo il consolidamento di detto beneficio in capo al medesimo modo ad acquisire un socio, il quale verrebbe in tal bene facente parte del patrimonio sociale sopportando oneri inferiori a quelli degli altri soci. 3. Il primo motivo di ricorso non è fondato. La questione che anzitutto esso pone si può riassu- se gli atti contrat- mere nel seguente interrogativo: 3 7 tuali con cui una cooperativa trasferisca ad alcuni so- ci la proprietà di alloggi da essa realizzati a condi- zioni più favorevoli rispetto a quelle praticate (o che in futuro è prevedibile possano essere praticate) ad altri soci siano, per ciò stesso, affetti da nullità; sicché qualunque interessato, ed in specie la coopera- tiva stessa (o, per essa, il curatore del fallimento successivamente dichiarato), possa far accertare tale nullità ed ottenere la restituzione degli alloggi inva- lidamente trasferiti a quei soci. La difesa del fallimento ricorrente suggerisce che a tale quesito debba darsi risposta positiva in quanto, come s'è accennato, essa ravvisa una ragione di nullità nella violazione del principio di parità di trattamento dei soci e nella distorsione che, di conseguenza, subi- rebbe la causa mutualistica insita nel contratto socia- le;
distorsione destinata a ripercuotersi negativamente anche sulla causa dei contratti di assegnazione dei singoli alloggi, perché questi costituiscono lo stru- mento mediante il quale la cooperativa attua il proprio scopo e sono perciò ad esso imprescindibilmente legati. Questa tesi, benché elegantemente argomentata e non priva di spunti suggestivi, non appare però persuasiva. Non si può non convenire sul fatto che la realizza- zione di uno scopo mutualistico attiene alla causa ! 8 हु stessa della società cooperativa. Del pari non sembra dubbio che, per il modo in cui la cooperativa tende al- la realizzazione del proprio scopo mutualistico, con- sentendo ai soci di conseguire direttamente il soddi- sfacimento di bisogni che altrimenti imporrebbero loro di sopportare i costi dell'intermediazione di terzi, i distinti rapporti contrattuali intrecciati tra la 80- cietà ed i propri soci al fine di realizzare detti sco- pi abbiano con il contratto sociale un preciso collega- mento causale (cfr., in tal senso, Cass. 23 ottobre 1997, n. 10422). Se questo è vero, e se è pur vero che ciò in via di principio non esclude possibili riflessi di un'eventuale patologia del rapporto cooperativo socie- tario sui distinti rapporti negoziali che, in attuazio- ne del primo, intercorrano tra la società ed i singoli soci, resta nondimeno indispensabile distinguere questi da quello. Occorre cioè non dimenticare che il socio di che sia anche beneficiario una cooperativa edilizia, del servizio mutualistico reso dalla medesima coopera- tiva, è parte di due distinti (anche se collegati) rap- porti: l'uno, di carattere associativo, che direttamen- te discende dall'adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualità di socio; l'altro, di natura sinallagmatica, che deriva dal con- हु tratto bilaterale di scambio mediante il quale egli si appropria del bene che la cooperativa gli fornisce. Il fatto che il contratto di assegnazione dell'alloggio sia frutto di una contrattazione ulteriore e diversa, rispetto a quella da cui discende il rapporto sociale, a che sia dotato di una propria distinta causa (quantunque all'altra collegata), non consente quindi di affermare che ogni eventuale anomalia di funziona- mento del rapporto sociale si traduca, sol perché tale, in חנו vizio genetico del dicontratto cessione dell'alloggio di per sé altrimenti valido. Un simile vizio lo si potrebbe ravvisare solo qualora quell'anomalia fosse tale da recidere del tutto l'indispensabile nesso tra la causa mutualistica del rapporto societario e la causa sinallagmatica del rap- porto di scambio, finendo così per stravolgere anche quest'ultima (come, ad esempio, in ipotesi di cessione di alloggi a terzi estranei alla cooperativa, in viola- zione dei diritti dei soci prenotatari degli alloggi 10602);
ma medesimi: cfr. Cass. 25 settembre 1999, n. occorre verificare se questo sia il caso. La curatela ricorrente sostiene, per l'appunto, che un simile stravolgimento sarebbe effetto, nella presen- te fattispecie, della violazione del principio di pari- tà di trattamento dei soci, che vulnererebbe lo scopo 10 हु mutualistico posto a fondamento della cooperativa. A ciò si deve però anzitutto obiettare che l'invocato principio di parità di trattamento dei soci, pur tro- vando nello scopo mutualistico della cooperativa un va- lido punto di appiglio, non si identifica affatto con esso. Lo scopo mutualistico si differenza da quello lu- crativo, proprio in genere delle società commerciali, essenzialmente per il fatto che l'attività imprendito- riale di queste ultime è volta alla creazione di un profitto, destinato a remunerare il capitale investito, mentre l'attività d'impresa svolta dalle cooperative è orientata alla soddisfazione diretta di determinati bi- sogni dei soci, cui vengono forniti beni ° servizi ° l'assenza di lavoro condizioni che possibilità di a ogni intermediazione di terzi rende più favorevoli. Nello scambio mutualistico è sicuramente insito un connotato di reciprocità, ma non anche, da un punto di vista logico, l'assoluta equivalenza per tutti i soci delle condizioni alle quali il servizio è reso. La mu- tualità, in sé sola considerata, potrebbe insomma anche esser diseguale. Non deve esserlo, naturalmente;
ma non per ragioni ad essa intrinseche, bensì per effetto di un diverso principio il principio di parità di trat- - tamento che alla mutualità si riallaccia ma con essa - non si confonde. 11 हु Quest'ultimo principio è stato di recente espressa- mente enunciato nel testo dell'art. 2516 c.c., come no- vellato dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (a riprova del fatto che esso non può dirsi già automaticamente compreso nella nozione di mutualità richiamata dal pre- cedente art. 2511), ma non per questo può ritenersi fosse estraneo al sistema giuridico preesistente. Vi era invece già insito, se non per ogni tipo di società (come pure in passato hanno sostenuto autorevoli voci di dottrina), quanto meno nelle società cooperative: sia per la più accentuata rilevanza dell'elemento per- sonale che è loro propria e che si esprime anche nelle limitazioni alla possibilità per ciascun socio di pos- sedere oltre un certo numero di azioni e nella connessa regola del voto capitario in assemblea, sia per la con- notazione solidaristica di queste società, cui la stes- sa mutualità storicamente si riallaccia. Lo si poteva -e lo si può in definitiva dedurre anche dall'ancor più generale principio di buona fede, cui l'esecuzione di ogni rapporto contrattuale (ivi compresi quelli so- cietari) è soggetta, essendo intuitivo che gli aderenti a parità di apporti, ad una cooperativa si attendano, la possibilità di godere di pari benefici e quindi di fruire in pari misura dei servizi mutualistici che la società è chiamata a rendere loro. Л 12 Ma il principio di parità di trattamento (pur sem- pre da intendersi in senso relativo, e cioè come parità di trattamento dei soci che si trovino, rispetto alla società, in uguale posizione), attiene al modo in cui -la società e per essa i suoi amministratori e rappre- sentanti è tenuta a comportarsi nei riguardi dei pro- pri soci. Definisce, cioè, una regola di comportamento (positiva o negativa, a secondo dei casi) per gli orga- ni sociali, ma non investe la causa del rapporto socie- tario;
tanto meno, quindi, è idoneo a riflettersi sulla validità dei distinti rapporti contrattuali per il cui tramite singoli soci si assicurano la prestazione mu- tualistica loro fornita dalla cooperativa. Ne consegue che la sua violazione (a parte gli eventuali riflessi sulla validità degli atti interni alla società, ed in specie delle deliberazioni assem- bleari o consiliari: si veda Cass. 24 gennaio 1990, n. 420), può eventualmente giustificare l'esercizio, da parte dei singoli soci sacrificati, di un'azione di re- sponsabilità nei confronti degli organi sociali della cooperativa cui quella violazione sia imputabile, in presenza della condizioni richieste dall'art. 2395 c.c., applicabile alle cooperative in virtù del rinvio operato dall'art. 2516 (ora 2519) c.c.. Non giustifica invece la pretesa della medesima società (o degli orga- 13 ni del suo fallimento) di far dichiarare la nullità dei contratti stipulati con i soci favoriti. La conclusione alla quale è pervenuta su questo punto la corte d'appello, con le precisazioni ora for- mulate, appare quindi corretta. Ciò rende superfluo esaminare il secondo profilo del primo motivo di ricorso. 4. Nemmeno il secondo motivo di ricorso meritevo- le di accoglimento. Esso, come già sopra accennato, si incentra sul ri- lievo che i soci assegnatari di alloggi cooperativi non potrebbero, una volta conseguita la proprietà indivi- duale dell'alloggio a ciascuno spettante, recedere dal- la società, con il duplice l'effetto di realizzare una sorta di parziale liquidazione anticipata del patrimo- nio sociale e di sottrarsi agli ulteriori oneri neces- sari al soddisfacimento dell'analogo bisogno abitativo degli altri soci. A sostegno di tale doglianza viene ripetutamente invocata la decisione assunta da questa corte con la sentenza 28 marzo 1990, n. 2524, a tenore della quale il nesso di interdipendenza funzionale che collega lo scopo sociale di una cooperativa edilizia e non individualmente alle assegnazioni, globalmente nonche quello scopo possa dirsi considerate, fa sì raggiunto se tutte le assegnazioni non siano esaurite, 14 di modo che ciascuna di queste non si giustifica senza la soddisfazione di quello. Occorre però subito osservare che la citata senten- za ha affermato tali principi, in sé assolutamente con- divisibili, non al fine di accertare una causa di nul- lità dell'atto di assegnazione dell'alloggio in favore del socio poi receduto dalla cooperativa, bensì per confermare la validità che in quel giudizio infonda- - - di una clausola dello tamente era stata contestata statuto sociale volta appunto ad impedire il recessO del socio dopo l'assegnazione dell'alloggio. Ed, in realtà, il comportamento dei soci assegnatari di cui la 3 curatela ricorrente nel presente giudizio si duole po- come correttamente già reputato trebbe aver rilievo -dalla corte d'appello solo al fine di mettere in di- scussione la validità e gli effetti degli atti di re- cesso posti in essere da quei soci. Nulla, invece, con- sente di individuare in quel comportamento una possibi- le ragione d'invalidità dei contratti di assegnazione. Non può condividersi il presupposto implicito nel ragionamento svolto dalla curatela ricorrente: che cioè l'acquisto della proprietà dell'alloggio da parte del singolo socio assegnatario non sia piena e definitiva sin dal momento in cui il contratto di assegnazione è stipulato, quasi che solo invece con la definitiva li- 15 हु quidazione della cooperativa quel passaggio di proprie- tà si perfezionasse e si consolidasse così in capo al socio il diritto di disporre dell'alloggio come cosa che il contratto di asse- propria. Vero è, viceversa, gnazione è, al pari di una compravendita, un contratto ad effetti reali che si perfeziona con il consenso del- le parti e determina, ipso facto, il trasferimento pie- no e definitivo all'acquirente della proprietà del bene immobile che ne è oggetto. Quel bene, dunque, cessa sin da allora di far parte del patrimonio sociale e la sua alienazione, nei termini appena descritti, non integra una sorta di liquidazione parziale ed anticipata della società, bensì la naturale esplicazione del servizio 3 per il quale la società è stata costituita e deve ope- rare. Se quindi si conviene sulla possibilità di stipula- tali contratti di assegnazione con i singoli soci re della cooperativa anche in tempi diversi e prima che la cooperativa stessa abbia esaurito completamente la pro- pria funzione, non è dato individuare alcuna causa di nullità preesistente o contemporanea alla loro stipula- zione. Non si vede perciò come il comportamento tenuto dal socio assegnatario in un momento successivo all'assegnazione possa riflettersi sulla validità ori- ginaria di quell'atto. Si potrà sostenere che il reces- 16 हु So non è consentito al socio assegnatario, se non a condizione che egli rinunci alla già avvenuta assegna- zione e quindi stipuli un contratto di retrocessione del bene alla società;
ma non vi sono assolutamente ap- pigli normativi che consentano di ravvisare nel recesso illegittimamente operato una causa di nullità sopravve- nuta della pregressa assegnazione. Resta perciò confermato che l'eventuale illegitti- mità del comportamento tenuto dal socio assegnatario, nella descritta situazione, semmai idoneo a produrre conseguenze sul piano dei rapporti obbligatori (in ter- mini di eventuale invalidità del recesso, di perdurante assoggettabilità del socio medesimo agli obblighi deri- vanti dalla sua adesione alla cooperativa o, se del ca- di risarcimento dei danni), ma non su quello reale. SO, 5. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Sussistono, nondimeno, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legitti- mità, attesa la natura delle questioni trattate, la lo- ro complessità e relativa novità.

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