Cass. pen., sez. III, sentenza 18/01/2018, n. 01953

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 18/01/2018, n. 01953
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01953
Data del deposito : 18 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CAROLI GIUSEPPE N. IL 07/02/1983 CAROLI ANTONELLA N. IL 30/12/1984 BARNABA GIOVANNI LUIGI N. IL 17/08/1964 ANGEL1NI CARLO N. IL 13/11/1981 avverso la sentenza n. 1729/2015 CORTE APPELLO di LECCE, del 10/10/2016 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/06/2017 la relazione fatta dal Consigliere Dott.

ELISABETTA ROSI

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. --k--71.0yLCJ2---, che ha concluso per k 4ito, per la parte civile, l'Avv Uditi difens r Avv. r ,~? /k0 L c &1LW df\

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il ottobre 2016, la Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi del 19 marzo 2015 ha ridotto la pena inflitta a C G, in qualità di proprietario, C A, quale legale rappresentante della società agricola "la casa di Caroli s.r.l." ed affittuaria dell'immobile, B G L, in qualità di progettista, A C, nella qualità di esecutore materiale delle opere e legale rappresentante dell'Angelini costruzioni, dichiarati colpevoli per il reato continuato di cui agli artt. 110, 81, cpv., cod. pen., 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004 per avere realizzato su terreni mbito territoriale esteso B - Valore rilevante, interventi edilizi finalizzati alla realizzazione di struttura agrituristica consistiti nell'abbattimento e ricostruzione di locali esistenti, aumento della cubatura esistente in assenza di permesso di costruire e del relativo parere paesaggistico;
accertato in Ceglie Messapica il 15 marzo 2012. 2. Avverso la sentenza, hanno proposto ricorso per Cassazione, chiedendone l'annullamento gli imputati, per i motivi rispettivamente indicati: C A e C G, hanno censurato 1) Violazione di legge ex art. 181 D.Igs n. 42 del 2004 e art. 44 lett. c) D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto non era sussistente alcun vincolo paesaggistico sugli immobili in oggetto, inclusi semplicemente tra gli Ambiti territoriali estesi di "valore rilevante B", secondo le prescrizioni del Piano tematico Paesaggistico, adottato dalla Regione Puglia con delibera G.R. 1748/00;
la sentenza impugnata avrebbe equiparato tale inclusione al vincolo paesaggistico, richiamando una sentenza della Corte di Cassazione del 2007, afferente un bene di ben diversa qualificazione;
il fatto che l'area sia ricompresa nel piano regionale paesaggistico non rendeiper ciò solofil bene paesaggistico ai sensi dell'art. 181 D.Igs n. 42 del 2004;
2) Violazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. in relazione all'art. 44 lett. c) D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto in nessun passo argomentativo della decisione impugnata sono stati analizzati i lavori effettuati e la loro assentibilità, in particolare in riferimento al c.d. porticato;
3) Violazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. in relazione all'art. 10, c. 1 lett. c) e 22 c. 1 e 2bis, 31 e 44 D.P.R. n. 380 del 2001, avendo i giudici di appello non considerato che le modifiche operate rispetto alla SCIA erano mere varianti a detto titolo edilizio, regolarizzabili in corso d'opera;
in particolare il porticato rappresentava una difformità parziale;
4) Violazione di legge in relazione agli artt. 165 e 164 c.p.p., nonché 44 lett. b) D.P.R. n. 380 del 2001;
in quanto la Corte ha subordinato la sospensione condizionale della pena alla riduzione in pristino , ma come detto 501 l'intervento edilizio non insiste su zona soggetta a vincolo paesaggistico. B G L, ha lamentato 1) Inosservanza od erronea applicazione della legge penale e di altre norme, in particolare avuto a riferimento l'art. 181 d.lgs n. 42 del 2004, non essendo il sito catalogabile tra i beni paesaggistici di cui all'art. 134, D.Igs 42 del 2004, l'opera si colloca infatti nell'ATE B del PUTT, che perimetra le aree di valore (e non di vincolo) paesaggistico. D'altra psrte il Comune di Ceglie messapica non ha indicato l'esistenza di alcun vincolo nel certificato di destinazione urbanistica del 25/6/12, versato agli atti del processo;
2) Errata applicazione di disposizioni del PUTT, nonché dell'art. 3 D.P.R. n. 380 del 2001. La Corte di appello avrebbe dovuto applicare l'art.

5.02 delle n.t.a. del PUTT, che per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di consolidamento statico, di restauro e di risanamento conservativo consentono l'esenzione dell'autorizzazione paesaggistica. Inoltre l'intervento in oggetto non supera il 20% della volumetria preesistente e non insistendo in zona avente pregio paesaggistico, rientra nei casi di ristrutturazione edilizia, ex art. 3 D.P.R. n. 380 del 2001. 3) Mancata applicazione dell'art. 22 c.3, lett. a), 10 lett. c) ed art. 3 D.P.R. n. 380 del 2001, che prevedeva, ante riforma, la realizzazione con DIA (SCIA all'epoca dei fatti) interventi di ristrutturazione ex art. 10 c. 1 lett. c), mentre la Corte di appello ha richiamato la norma nel testo come modificato dalla legge n. 164 del 2014 che esclude di poter effettuare tali interventi;
4) mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova, in riferimento al verbale di sopralluogoprconsulenza che dimostravano un incremento del volume pertinenziale pari all'8,18%, mentre i giudici hanno attribuito valore alla testimonianza dell'ing. Cavallo,che aveva sostenuto erroneamente lo sforamento del 20%. A C, ha lamentato 1) Inosservanza della legge penale ed erronea applicazione dell'art. 44 D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto come chiarito dalla consulenza tecnica dell'Ing. C, nel sito non insiste alcun vincolo paesaggistico ex art. 134 D.Igs n. 42 del 2004;
2) Inosservanza della legge penale ed erronea applicazione dell'art.181 d.lgs n. 42 del 2004, in quanto comunque gli interventi effettuati erano di mero recupero e ristrutturazione edilizia e su bene non sottoposto a particolare tutela paesaggistica;
3) Inosservanza della legge penale ed erronea applicazione dell'art. 29 D.P.R. n. 380 del 2001, poiché la ditta Angelini non era "costruttore", essendo state le opere strutturali realizzate da altra ditta;
4) Violazione ed erronea applicazione dell'art. 5 c.p., non avendo il giudice tenuto conto del ragionevole affidamento riposto nel progettista;
5) Inosservanza della legge penale, mancanza ed erronea applicazione e mancanza della motivazione din ordine all'art. 131 bis c.p., rilevabile d'ufficio dai giudici di appello, nella sussistenza delle condizioni di legge;
6) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla valutazione delle dichiarazioni testimoniali dell'ing. C, dalla quale emerge l'assenza di dolo in capo al ricorrente.
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