Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 29/12/2022, n. 38016
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te SENTENZA sul ricorso 13226-2020 proposto da: I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (quale successore ex lege dell'ENPALS - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE 2022 BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, 3362 rappresentato e difeso dagli Avvocati S P, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO;- ricorrente -contro DESIDERI OSVALDO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LATINA n.33, presso lo studio dell'avvocato F M, che lo rappresenta e difende;- controricorrente - avverso la sentenza n. 3622/2019 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 18/10/2019 R.G.N. 1634/2018;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/10/2022 dal Consigliere Dott. L C;il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R S visto l'art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte. FATTI DI CAUSA Con sentenza depositata il 18.10.2019, la Corte d'appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato il diritto di O D ad aver riliquidata la quota B del supplemento di pensione corrispostogli a seguito di domanda del 25.1.2000 sulla base delle disposizioni di cui all'art. 4, comma 8, d.lgs. n.182/1997, senza l'applicazione del tetto massimo di cui all'art. 12, comma 70, d.P.R. n. 1420/1971, condannando l'INPS, quale successore dell'ENPALS, a corrispondergli le consequenziali differenze pensionistiche. La Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ha anzitutto respinto l'eccezione di prescrizione reiterata dall'INPS nel gravame, sul rilievo che l'Istituto non aveva in alcun modo contrastato l'affermazione della sentenza di prime cure secondo cui, non avendo l'art. 38, d.l. n. 98/2011 (conv. con I. n. 111/2011) efficacia retroattiva, il termine quinquennale decorrente dal 6.7.2011 sarebbe stato interrotto con la domanda di ricostituzione della pensione proposta nel marzo 2016;indi, dando atto che la materia del contendere si appuntava sull'interpretazione dell'art. 4, comma 8, d.lgs. n. 182/1997, cit., e segnatamente sulla possibilità di applicare anche alla quota B della pensione il limite massimo di cui all'art. 12, comma 70, d.P.R. n. 1420/1971, reputato dal primo giudice applicabile alla sola quota A, ha avvalorato le conclusioni di prime cure e in specie ha ritenuto che, non contenendo l'art. 4, comma 8, cit., alcun richiamo al limite massimo di cui all'art. 12, comma 70, parimenti cit., ma prevedendo piuttosto un rinvio al diverso limite della retribuzione annua pensionabile valevole per l'a.g.o. (ancorché con l'adozione di un diverso criterio di determinazione della retribuzione giornaliera pensionabile ai fini dell'applicazione dell'aliquota di rendimento del 2% e con la precisazione che le quote di retribuzione giornaliera pensionabile superiori a tale limite sarebbero state computate secondo le aliquote di rendimento decrescenti previste dall'art. 12, d.lgs. n. 503/1992), la quota B della pensione non potesse esser calcolata adottando il precedente limite di retribuzione giornaliera pensionabile fissato in L. 315.000 e soggetto a rivalutazione annuale. Avverso tali statuizioni l'INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura. O D ha resistito con controricorso, eccependo in linea preliminare l'inammissibilità dell'avversa impugnazione per intervenuto giudicato. Il Pubblico ministero ha depositato memoria con cui ha chiesto l'accoglimento del ricorso. In vista dell'udienza pubblica, anche l'INPS e parte controricorrente hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE Con il primo motivo, l'INPS denuncia violazione dell'art.12, d.P.R. n. 1420/1971, e dell'art. 4, d.lgs. n. 182/1997, per avere la Corte di merito ritenuto che il massimale pensionabile di cui alla prima delle norme cit. non opererebbe per la quota B della pensione dei lavoratori dello spettacolo, ma soltanto per la quota A: ad avviso dell'Istituto, infatti, la circostanza che l'art. 3, d.lgs. n. 182/1997, non faccia espressa menzione del massimale di cui all'art. 12, comma 70, d.P.R. n. 1420/1971, sarebbe affatto irrilevante, contenendo il suo comma 4 un rinvio formale alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui all'art. 12 cit. e rilevando piuttosto le modifiche apportate dalla nuova normativa solo ai fini della quantificazione delle giornate rilevanti ai fini del calcolo della retribuzione pensionabile;né contrari argomenti sarebbero desumibili dall'art. 4, comma 8, d.lgs. n. 182/1997, giacché la sua natura precettiva sarebbe circoscritta all'individuazione delle aliquote di rendimento da applicare alle diverse fasce di retribuzione pensionabile, senza tuttavia incidere sul massimale proprio della gestione ex ENPALS, espressamente fatto salvo dall'art. 12, comma 2, d.lgs. n. 503/1992. Sotto questo profilo, ad avviso di parte ricorrente, sarebbe errata la conclusione dei giudici di merito nella parte in cui hanno ritenuto che la diversa soluzione fatta propria nella sentenza qui impugnata si radicherebbe nell'esigenza di armonizzazione tra la disciplina dell'a.g.o. e quella della gestione ex ENPALS, dal momento che, mentre la disciplina dell'a.g.o. non contempla alcun tetto massimo pensionabile ma soltanto aliquote di rendimento decrescenti in funzione dell'ammontare della retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione, l'art. 12, d.P.R. n. 1420/1971, nel testo modificato dall'art. 1, comma 10, d.lgs. n. 182/1997, continuerebbe a sancire che le quote eccedenti il massimale "non si prendono in considerazione";e tenuto conto che l'art. 1, comma 8, d.lgs. n. 182/1997, stabilisce invece che la retribuzione eccedente il massimale è assoggettata non già a contribuzione utile ai fini pensionistici, ma solo a un contributo di solidarietà, ammetterne la rilevanza ai fini del calcolo della pensione equivarrebbe a minare la sostenibilità della gestione pensionistica, non potendo concepirsi che ad un massimale imponibile non debba corrispondere un massimale pensionabile. Con il secondo motivo, formulato in subordine rispetto al primo, l'INPS lamenta violazione degli artt. 2934, 2938 e 2946 c.c., per avere la Corte territoriale respinto il motivo di gravame con cui era stato denunciato il mancato riscontro della prescrizione: ad avviso dell'Istituto, soccorrerebbe il principio di diritto costantemente affermato da questa Corte secondo cui elemento costitutivo della prescrizione è l'inerzia del titolare del diritto, per modo che, sebbene il motivo di gravame fosse stato calibrato soltanto sull'applicabilità del termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 38, d.l. n. 98/2011, cit., i giudici avrebbero potuto e dovuto rilevare il compimento della diversa prescrizione decennale dalla data della liquidazione del supplemento stesso. Va preliminarmente rilevata l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità sollevata da parte controricorrente in ragione dell'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza impugnata per non avere l'INPS impugnato la sentenza nella parte in cui ha affermato che, per la parte eccedente il limite massimo della retribuzione annua pensionabile in vigore tempo per tempo nell'assicurazione generale obbligatoria diviso per 312, si applicherebbero le aliquote di rendimento previste dall'art. 12, d.lgs. n. 503/1992: è sufficiente al riguardo rilevare che l'INPS ha espressamente impugnato l'affermazione della sentenza secondo cui il massimale pensionabile di cui all'art. 12, d.P.R. n. 1420/1971, non opererebbe per la quota B della pensione dei lavoratori dello spettacolo e ricordare che, formandosi il giudicato solo su di una statuizione che ricolleghi ad un fatto,
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