Cass. pen., sez. VII, ordinanza 12/04/2022, n. 14098

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 12/04/2022, n. 14098
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14098
Data del deposito : 12 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: G B nato a LEGNANO il 30/04/1978 avverso la sentenza del 10/02/2020 della CORTE APPELLO di ANCONAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere V P;

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La Corte d'Appello di Ancona, con sentenza in data 10/02/2020, confermava - disattendendo gli appelli proposti dal P.G. e dalla difesa - la sentenza la sentenza di condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Ancona, in data 06/03/2018, nei confronti di G B, in relazione ai reato di ricettazione a lui ascritto, ritenuta l'ipotesi lieve e la recidiva qualificata. Propone ricorso per cassazione il GUARNIERI, a mezzo del proprio difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'affermazione di responsabilità e al trattamento sanzionatorio. Il ricorso è inammissibile. È invero necessario richiamare, quanto al primo motivo, l'insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «integra delitto di ricettazione l'acquisto o la ricezione di una carta elettronica di pagamento o prelievo contanti (c.d. "pagobanconnat") provento di furto, nella consapevolezza della sua illecita provenienza, a nulla rilevando, trattandosi di reato a dolo specifico, l'effettivo conseguimento del profitto per l'impossibilità di operare sul conto» Sez. 2, n. 35239 del 08/07/2021, D'Agnillo, Rv. 281962, la quale, in motivazione, ha escluso la configurabilità del reato impossibile in una fattispecie in cui l'imputato non aveva avuto conoscenza del codice identificativo personale per l'accesso ai servizi bancari - c.d. "pin" -, bloccato dal titolare, non potendosi escludere "ex ante" la circostanza che questi confidasse di poterne fare uso in qualche modo, così da ricavarne un vantaggio patrimoniale). Tali principi appaiono pienamente applicabili per confutare il motivo di ricorso, peraltro meramente reiterativo. Quanto alla residua censura, deve osservarsi che la decisione della Corte d'Appello, che ha disatteso l'impugnazione del P.G. affermando che il primo giudice aveva "implicitamente effettuato i giudizio di bilanciamento in termini di equivalenza", non può essere condivisa, perché il primo giudice ha aumentato di sei mesi la pena base in anni uno di reclusione: laddove invece, con un corretto giudizio di equivalenza, la pena non poteva essere inferiore ad anni due di reclusione. In assenza, peraltro, dell'impugnazione da parte del P.M., deve escludersi che il ricorrente abbia interesse ad impugnare una pena irrogata contra legem in senso a lui favorevole.
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