Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/03/2004, n. 5788

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/03/2004, n. 5788
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 5788
Data del deposito : 23 marzo 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G V - Primo Presidente f.f. -
Dott. G A - Presidente di Sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P R - rel. Consigliere -
Dott. D N L F - Consigliere -
Dott. V U - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B M, elettivamente domiciliato in ROMA, via

POMPEO TROGO

21, presso lo studio dell'avvocato S C, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
ORDINE DEGLI AVVOCATI DI V, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;



- intimati -


avverso la sentenza n. 99/03 del Consiglio nazionale forense di ROMA, depositata il 29/05/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 29/01/04 dal Consigliere Dott. R P;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P R che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del terzo motivo o quantomeno del quarto motivo, con rinvio al Consiglio Nazionale Forense, rigetto delle altre censure. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Viterbo il 9.5.2000 deliberava l'apertura di procedimento disciplinare nei confronti dell'avv. Massimo B formulando la seguente contestazione:
- per avere, in violazione dei doveri di lealtà e correttezza di cui agli art. 6 e 52 del codice deontologico approvato dal C.N.P. nella seduta del 17.4.1997, con noto del 21.10.1998 indirizzata a Piergentili Franco, Matteucci Valerio, Posati Gisella, Pesci Pierino e Livi Norberto, indicati a teste il giorno stesso dalla controparte in una causa civile pendente davanti al Tribunale di Viterbo, significato ai testi medesimi destinatari della nota che i propri patrocinati Tommaso Calevi e Maria Grazia Dabala non avrebbero tollerato che persone estranee - tra le quali i detti testi - avessero frequentato "le adiacenze e le appartenenze degli immobili" oggetto del giudizio, e che l'art. 614 c.p. punisce la violazione di domicilio;
per avere invitato formalmente i suddetti destinatari "a prendere atto di tale situazione" ed avere "riservato ogni diritto per gli episodi passati" con la significazione che i propri assistiti avrebbero proceduto a denunciare per violazione di domicilio tutti coloro che, dovendosi qualificare estranei alla famiglia dei proprietari, fossero in qualsiasi momento trovati nelle adiacenze della abitazione del Calevi e della moglie.


1.1. Con provvedimento del 5.9.2000, depositato il 26.10.2000, il Consiglio dell'Ordine riteneva sussistente la violazione addebitata all'avv. B e gli irrogava la sanzione dell'avvertimento.

2. Con delibera del 3.10.2000, il ridetto Consiglio apriva procedimento disciplinare nei confronti dell'avv. B formulando le seguenti tre contestazioni.
a) Per aver dichiarato di non aver ricevuto alcun importo dal proprio cliente S A in pagamento dei propri onorar professionali relativi a numerose azioni giudiziarie, e successivamente rettificato in sede giudiziale tale dichiarazione di fronte alla prova documentale di alcuni versamenti, con ciò violando i doveri di lealtà, correttezza e fedeltà previsti dagli artt. 6 e 7 del codice deontologico del 1997, nonché per avere omesso gli adempimenti fiscali e previdenziali riferiti alle somme percepite in violazione dell'art. 15 dello stesso codice.
b) Per aver omesso, a seguito di rinuncia al mandato, di comunicare al proprio cliente S A la data imminente della successiva udienza nella causa

contro

S G pendente davanti al Pretore di Viterbo, costringendo lo stesso S alla riassunzione del giudizio, e per avere ritirato e trattenuto il fascicolo di parte riferito a detto giudizio, negandone la restituzione al S, con ciò violando gli obblighi di cui agli artt. 40 e 42 del codice deontologico del 1997.
c) Per avere, con precetto notificato il 27.11.1996, a pochi giorni dalla rinuncia generale ai numerosi mandati conferiti dal S A, avvenuta con lettera raccomandata del 9.11.1996, assunto la difesa nell'interesse del Dott. P R contro il S per il recupero di onorar professionali relativi alle funzioni di componente di un collegio arbitrale, nel quale peraltro lo stesso avv. B era stato nominato a sua volta arbitro dal S, con ciò violando le norme sulla assunzione di incarichi contro ex clienti di cui all'art. 51 del codice deontologico del 1997.
In Viterbo dal novembre 1996 alla data della delibera.

2.1. Con provvedimento del 9.1.2000, depositato il 9.3.2000, il Consiglio dell'Ordine riteneva sussistenti le violazioni addebitate all'avv. B e gli infliggeva la sanzione della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per due mesi.

3. Con delibera del 6.2.2001, il ridetto Consiglio apriva procedimento disciplinare nei confronti dell'avv. B con la seguente contestazione:
- per aver agito in conflitto di interessi, non astenendosi dal prestare la propria assistenza in favore di M O nelle cause civili da quest'ultima instaurate contro il marito Venanzi Pierluigi, controversie tutte successive alla causa civile di separazione consensuale fra i predetti Macrì e Venanzi, allora assistiti dal medesimo avv. B, violando con tale comportamento l'art. 37, comma 3, del codice deontologico del 1997.


3.1. Con provvedimento del 14.6.2001 depositato in data 1.8.2001, il Consiglio dell'Ordine riteneva sussistenti le violazioni addebitate all'avv. B e gli infliggeva la sanzione della censura.

4. L'avv. B impugnava, con distinti ricorsi, i tre provvedimenti disciplinari davanti al Consiglio nazionale forense, che, con decisione del 25.10.2002, depositata il 29.5.2003, disponeva la riunione dei ricorsi e li rigettava;
dichiarava assorbita le sanzioni dell'avvertimento e della censura;
confermava la sanzione della sospensione per mesi due.


5. In relazione al procedimento n. 37/01, originato dall'impugnazione del provvedimento del Consiglio dell'Ordine del 5.9.2000, depositato il 26.10.2000, considerava il C.N.F.:
- che il tono velatamente ed insidiosamente minaccioso delle diffida in uno alla oggettiva coincidenza temporale della stessa con la data di indicazione a verbale d'udienza dei soggetti destinatari, quali testi da escutere nel giudizio instaurato da Tommaso Calevi

contro

Rina Calevi, induceva ragionevolmente a ritenere che da parte dell'avv. B si era voluto turbare la serenità dei testi da escutere;

che in tal modo l'avv. B non si era attenuto alla regola dettata dall'art. 52 del codice deontologico, secondo cui l'avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni sulle circostanze oggetto del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti, dovendosi ritenere che la regola in esame è posta a presidio della serenità dell'attività processuale del teste, che deve essere tenuto indenne nello svolgimento del delicato onere, da forzature e suggestioni di qualsiasi tipo o natura e men che mai provenienti dal patrono di parte avversa.


6. In relazione al procedimento n. 108/01, originato dall'impugnazione del provvedimento del Consiglio dell'Ordine del 9.1.2000, depositato il 9.3.2000, il C.N.F. considerava quanto segue.

6.1. Circa il primo capo di imputazione, concernente il diniego di aver percepito compensi, era rimasto incontrovertibilmente accertato che l'avv. B aveva negato, anche in sede giudiziaria ed in atti difensivi, nel giudizio civile instaurato davanti al Tribunale di Montefiascone, di avere percepito importi in pagamento di onorar professionali, ed aveva confermato tale circostanza solo dopo che da parte del proprio ex cliente, Achille S, era stata fornita prova documentale che somme di denaro erano state consegnate al professionista;
in tal modo doveva ritenersi violato il dovere di probità di cui all'art. 6 del codice deontologico;
era conseguente la violazione dell'art. 15 dello stesso codice, poiché, secondo la giurisprudenza del C.N.F., pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante e contrario ai doveri di lealtà/dignità e decoro l'avvocato che incassi somme di denaro dai clienti senza rilasciare parcella ed emettere fatture fiscali;
non era configurabile, in relazione a quest'ultima violazione, la prescrizione quinquennale, per essere avvenuti i pagamenti negati tra il marzo e l'aprile 1994, ed intervenuta la contestazione di addebito il 2.11.2000, poiché qualora la violazione deontologica risulti integrata da una condotta protrattasi nel tempo, la decorrenza del termine di prescrizione ha inizio dalla cessazione della condotta medesima, e, nella specie, essendo stata individuata una condotta protrattasi dal novembre 1996, alla data del 2.11.2000 l'azione disciplinare non era prescritta.

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