Cass. civ., sez. I, sentenza 26/08/2021, n. 23488

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 26/08/2021, n. 23488
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23488
Data del deposito : 26 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

icando che la dichiarazione di autoresponsabilità ex art. 31, comma 2, Reg. 11522/1998, in grado di affrancare l'avvenuta stipulazione dall'osservanza delle disposizioni previste per le offerte fuori sede (art. 30, comma 2, TUF), era manchevole nel primo caso e probatoriamente inefficace nel secondo. Poiché, peraltro, la conclusione dei predetti contratti era avvenuta per opera di un promotore non abilitato, la Corte d'Appello ha ritratto da ciò un'ulteriore ragione di nullità in applicazione del principio secondo cui, essendo la predetta attività disciplinata in funzione del superiore interesse pubblico rappresentato dalla tutela dei risparmiatori e del risparmio, è interesse dell'ordinamento a rimuovere gli effetti di un contratto abusivamente concluso e ad affermarne perciò la nullità. Questo, dunque, il quadro decisionale.

2.4. Rispetto ad esso, taluni dei riferimenti normativi riportati dalla rubrica risultano argomentativamente irrisolti (violazione degli artt.1362 e segg. cod. civ.);
altri, per quanto in astratto conferenti, non agevolmente perscrutabili e comunque anch'essi privi di un seguito illustrativo (disciplina dei contratti di swap);
altri ancora di dubbia pertinenza, considerati gli sviluppi del giudizio seguiti alla pronuncia del decreto ingiuntivo (art. 642 cod. proc. civ.). Quanto poi alle singole ragioni di critica, anche senza chiedersi preliminamente se la loro declinazione si allinea, sotto il profilo della specificità che richiede la formulazione del motivo di ricorso ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., allo statuto di censurabilità per cassazione degli errori di diritto che si vorrebbero vedere sanzionati, di alcune si apprezza l'eccentricità RG 8558/17 Arena-A Est. Cons. Marulli (disconoscimento del valore del saldoconto;
disconoscimento della ricognizione di debito);
di altre si fatica a cogliere la pertinenza con le rationes decidendi enunciate dalla decisione (imputazione del saldo passivo all'andamento negativo degli swaps;
dubbio sulla conclusione del contratto per mezzo del "modulo raccolta ordini");
di altre ancora è eloquente la radice tautologica (inapplicabilità delle disposizioni fuori sede in difetto di dichiarazione di autoresponsabilità).

2.5. Quando di talune di esse sia ipotizzabile lo scrutinio, per non essere questo previamente pretermesso dal rilevato difetto di specificità, (effetti della dichiarazione di autoresponsabilità), si può ben dire che, anche a concedere che la sua efficacia probatoria sia venuta schiarendosi in direzione del più rassicurante approdo presuntivo («ne consegue» - precisa ora Cass., 4/04/2018, n. 8343 «che in giudizio, sul piano probatorio, l'esistenza dell'autodichiarazione è sufficiente ad integrare una prova presuntiva semplice della qualità di investitore qualificato in capo alla persona giuridica, gravando su quest'ultima l'onere di allegare e provare specifiche circostanze dalle quali emerga che l'intermediario conosceva, o avrebbe dovuto conoscere con l'ordinaria diligenza, l'assenza di dette competenze ed esperienze pregresse»), la Corte distrettuale ha fatto notare, in relazione al primo contratto, che «non c'è alcuna dichiarazione di responsabilità sottoscritta dal cliente» ed in relazione al secondo, che la presunzione da essa ingenerata è smentita «da plurimi elementi specifici espressamente dedotti dagli opponenti, percepibii dalla controparte contrattuale, che tolgono validità alla prestata dichiarazione», di modo che né in relazione al primo IRS né in relazione al secondo IRS è invocabile, circa la mancata previsione della facoltà di recesso, l'esimente dell'art. 30, comma 2, TUF. RG 8558/17 Arena-A Est. Cons. Marulli 2.6. Priva dunque di concludenza nelle rassegnate deduzioni la prospettazione ricorrente si mostra, infine del tutto cedevole allorché omette di considerare che la declaratoria di nullità pronunciata dalla Corte territoriale si vale di una duplice ratio decidendi (mancanza della clausola di recesso e conclusione procacciata da promotore non abilitato), la seconda delle quali non è fatta oggetto di alcuna aggressione, dato che nel coacervo delle viste ragioni di critiche nessuna di esse si sofferma sul fatto che i contratti di che trattasi erano stati conclusi per il tramite di un promotore non abilitato e che anche per questo ne era stata dichiarata la nullità. Ed è appena il caso di ricordare, al riguardo, che «qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l'omessa impugnazione di tutte le "rationes decidendi" rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand'anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre non impugnate, all'annullamento della decisione stessa» (Cass., Sez. I, 18/09/2006, n. 20118).
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