Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 10/07/2020, n. 14762

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 10/07/2020, n. 14762
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14762
Data del deposito : 10 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA nel giudizio iscritto al n. 12078/2013, promosso da: Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato;

- ricorrente -

contro

F R - intimata - --- (2cd-Ce per la cassazione della sentenza 267/33/2012 del 6 novembre 2012, della Commissione tributaria regionale della Campania.

RILEVATO CHE

Con la sentenza sopra detta la Commissione tributaria regionale della Campania ha confermato l'annullamento degli avvisi di accertamento n. REE050302189 per i.r.p.e.f., add. reg e add. com . 2004 della Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di Napoli della Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di Napoli ritenendo che il maggior reddito accertato a carico di R F, quale socia della B.D. PLAST s.r.I., a ristretta partecipazione, non potesse giustificarsi solo sulla base dell'esiguo numero dei soci e del loro legame di parentela, ma che occorressero ulteriori elementi di riscontro. Ricorre per la cassazione di questa sentenza, per due motivi, l'Agenzia delle entrate. Per la trattazione è stata fissata l'adunanza in camera di consiglio del 30 gennaio 2020, ai sensi degli artt. 375, ult. co ., e 380 bis 1, c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. n. 168 del 2016, conv. in legge n. 197 del 2016.

CONSIDERATO CHE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 29 del d.lgs. n.546/1992 in relazione all'art. 360, 10 comma, n. 3 c.p.c. e nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 4 c.p.c.» in quanto la Commissione tributaria regionale avrebbe dovuto trattare unitariamente o simultaneamente i procedimenti a carico della società e a carico dei soci, dato lo stretto rapporto di pregiudizialità corrente fra gli stessi. Con il secondo motivo denuncia «violazione e falsa applicazione del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 3, degli artt. 2729 e 2909 c.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3)» in quanto la sentenza aveva erroneamente dato rilievo alla mancata prova dell'effettivo transito dei flussi finanziari dalla società alla socia. Il primo motivo è infondato. Nel giudizio di impugnazione dell'avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di capitali, avente ad oggetto il recupero delle somme da questa riscosse a titolo di ritenuta d'acconto, ma non versate all'erario, i soci non sono litisconsorti necessari (Cass., 20507/2017;
Cass. 2214/2011). L'accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell'accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell'unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, com'è per le società di persone, un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell'art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass., 2214/2011;
Cass., 30842/2017). In ogni caso, riguardo all'esistenza e alla persistenza di un contenzioso parallelo eventualmente pregiudicante, grava sulla parte che lo invochi l'onere di allegare e provare il processo scaturente dall'impugnazione del provvedimento impositivo originale (Cass., 4485/2016). Il secondo motivo è fondato. La Commissione tributaria regionale ha negato rilevanza alla ristrettezza della base sociale e al legame di parentela fra i soci della B.D. PLAST s.r.l. per giustificare l'imputazione a reddito della socia dei maggiori utili accertati in capo alla società, ritenendo necessario a tal fine ulteriori elementi indiziari. Rimarcando che gli utili prodotti da una società possono imboccare le vie più disparate, dall'accaparramento da parte di uno solo dei soci in danno degli altri alla formazione di riserve occulte, ha sostenuto che dal fatto certo - costituito dall'accertamento di maggiori utili - non si sarebbe potuto dedurre l'automatica distribuzione degli stessi fra i soci. Questa motivazione è in contrasto con la giurisprudenza che è invece concorde nel ritenere che in materia di imposte sui redditi, nell'ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili;
presunzione che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell'assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (da ultime, Cass. 1947/2019;
Cass., 32959/2018;
Cass., 27778/2017). La sentenza va quindi cassata e rinviata alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, perché si adegui ai principi di diritto sopra enunciati, in essi compresi - all'occorrenza - quelli che impongono la sospensione del giudizio promosso dal socio in pendenza del giudizio promosso dalla società. In proposito è bene precisare che, riguardo all'esistenza e persistenza di un contenzioso parallelo eventualmente pregiudicante, grava sulla parte che lo invochi l'onere di allegazione e prova del processo scaturente dall'impugnazione del provvedimento impositivo originario (Cass., 4485/2016).
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