Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 16/03/2021, n. 07356
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Testo completo
o la seguente SENTENZA sul ricorso 12961-2015 proposto da: I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA
29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati 2020 S P, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO, 2770 ATONELLA PATTERI;
- ricorrente -
contro
A C, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE CARSO
71, presso lo studio dell'avvocato N P, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRACESCO ROCCO DI TORREPADULA, PATRIZIO IVO D'ADREA, M L, AGELO SICA;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 856/2014 della CORTE D'APPELLO di T, depositata il 11/11/2014 R.G.N. 39/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSAA MACINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFAO VISONA', che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato S P;
uditi gli Avvocati PATRIZIO D'ADREA e M L. rg1296112015
INPS
Arlusi Claudio Udien.;:a del 2 dicembre 2020
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d'appello di Torino, con sentenza n. 856 dell'Il novembre 2014, confermava la statuizione di primo grado che aveva condannato l'INPS a riliquidare la pensione di anzianità, spettante all'attuale intimato, secondo il metodo retributivo, computando le retribuzioni delle ultime 260 e 520 settimane coperte da retribuzione in parte presso l'ex INPDAI e in parte presso l'INPS immediatamente antecedenti la decorrenza della pensione (1°.5.2011), considerando tutto il periodo assicurato come se fosse stato soggetto alla contribuzione dell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, anche in riferimento alla contribuzione maturata in qualità di dirigente di aziende industriali.
2. La Corte territoriale, in particolare, riteneva che la L. n. 289 del 2002, art. 42, sopprimendo l'INPDAI e trasferendo le relative posizioni all'INPS, avesse stabilito che il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali venisse uniformato a quello degli iscritti al Fondo pensioni per i lavoratori dipendenti con effetto dal 10 gennaio 2003, e si applicasse soltanto ai lavoratori ancora assicurati, alla data di soppressione dell'INPDAI, presso quest'ultimo e non anche a quelli, come l'assicurato, passati nelle more alla gestione INPS per avere mutato il proprio rapporto di lavoro;
conseguentemente, la retribuzione pensionabile andava calcolata con riferimento a quella maturata negli ultimi cinque e dieci anni, essendo la disposizione dell'art. 42 dettata per salvaguardare le aspettative pensionistiche dei dirigenti.
3. Ricorre contro tale statuizione l'INPS, formulando un unico motivo di censura cui resiste, con controricorso, Artusi Claudio;
entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con l'unico motivo di censura l'Istituto ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 42, legge n.289 del 2002 e assume che la pensione da liquidare ai titolari di contribuzione mista INPS e INDPAI debba essere determinata in applicazione del criterio del pro-rata anche, come nella specie, nell'ipotesi in cui l'interessato non fosse iscritto all'INDPAI alla data rg 12961/2015 R M estensore di soppressione del ridetto ente per effetto del mutamento del proprio rapporto di lavoro.
5. Il ricorso è fondato.
6. Questa Corte, con orientamento consolidato cui si intende dare ulteriore continuità, ha già chiarito che, dal momento che la legge n. 289 del 2002 ha operato il trasferimento dei contributi dall'INPDAI all'INPS mediante iscrizione «con evidenza contabile separata», ossia in carenza di un'unificazione assimilabile alla ricongiunzione dei contributi prevista dal d.P.R. n. 58 del 1976, l'art. 42 comma 3, prima parte, della legge citata, disponendo che il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali
CESARE BECCARIA
29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati 2020 S P, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO, 2770 ATONELLA PATTERI;
- ricorrente -
contro
A C, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE CARSO
71, presso lo studio dell'avvocato N P, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRACESCO ROCCO DI TORREPADULA, PATRIZIO IVO D'ADREA, M L, AGELO SICA;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 856/2014 della CORTE D'APPELLO di T, depositata il 11/11/2014 R.G.N. 39/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSAA MACINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFAO VISONA', che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato S P;
uditi gli Avvocati PATRIZIO D'ADREA e M L. rg1296112015
INPS
Arlusi Claudio Udien.;:a del 2 dicembre 2020
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d'appello di Torino, con sentenza n. 856 dell'Il novembre 2014, confermava la statuizione di primo grado che aveva condannato l'INPS a riliquidare la pensione di anzianità, spettante all'attuale intimato, secondo il metodo retributivo, computando le retribuzioni delle ultime 260 e 520 settimane coperte da retribuzione in parte presso l'ex INPDAI e in parte presso l'INPS immediatamente antecedenti la decorrenza della pensione (1°.5.2011), considerando tutto il periodo assicurato come se fosse stato soggetto alla contribuzione dell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, anche in riferimento alla contribuzione maturata in qualità di dirigente di aziende industriali.
2. La Corte territoriale, in particolare, riteneva che la L. n. 289 del 2002, art. 42, sopprimendo l'INPDAI e trasferendo le relative posizioni all'INPS, avesse stabilito che il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali venisse uniformato a quello degli iscritti al Fondo pensioni per i lavoratori dipendenti con effetto dal 10 gennaio 2003, e si applicasse soltanto ai lavoratori ancora assicurati, alla data di soppressione dell'INPDAI, presso quest'ultimo e non anche a quelli, come l'assicurato, passati nelle more alla gestione INPS per avere mutato il proprio rapporto di lavoro;
conseguentemente, la retribuzione pensionabile andava calcolata con riferimento a quella maturata negli ultimi cinque e dieci anni, essendo la disposizione dell'art. 42 dettata per salvaguardare le aspettative pensionistiche dei dirigenti.
3. Ricorre contro tale statuizione l'INPS, formulando un unico motivo di censura cui resiste, con controricorso, Artusi Claudio;
entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con l'unico motivo di censura l'Istituto ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 42, legge n.289 del 2002 e assume che la pensione da liquidare ai titolari di contribuzione mista INPS e INDPAI debba essere determinata in applicazione del criterio del pro-rata anche, come nella specie, nell'ipotesi in cui l'interessato non fosse iscritto all'INDPAI alla data rg 12961/2015 R M estensore di soppressione del ridetto ente per effetto del mutamento del proprio rapporto di lavoro.
5. Il ricorso è fondato.
6. Questa Corte, con orientamento consolidato cui si intende dare ulteriore continuità, ha già chiarito che, dal momento che la legge n. 289 del 2002 ha operato il trasferimento dei contributi dall'INPDAI all'INPS mediante iscrizione «con evidenza contabile separata», ossia in carenza di un'unificazione assimilabile alla ricongiunzione dei contributi prevista dal d.P.R. n. 58 del 1976, l'art. 42 comma 3, prima parte, della legge citata, disponendo che il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali
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