Cass. pen., sez. II, sentenza 03/04/2023, n. 13835

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 03/04/2023, n. 13835
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13835
Data del deposito : 3 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti nell'interesse di TA AZ nato a [...] il [...] RR IM nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 02/12/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO LEOPIZZ..;
sentite le conclusioni del PG GIULIO ROMANO, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore, avvocato DARIO VANNETIELLO in difesa di TA AZ che conclude per l'accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 2 dicembre 2021, depositata il 2 marzo 2022, ha confermato la condanna pronunciata dal Tribunale di Benevento in data 26 settembre 2012, nei confronti di NA DE e CO SF, imputati per il reato previsto e punito dagli artt. 110 e 644 cod. pen. L'ipotesi accusatoria aveva per oggetto un prestito di denaro in contanti (euro 20.000) che sarebbe stato concesso dai suddetti imputati, in concorso tra loro e approfittando dello stato di bisogno della persona offesa, a PA Di NT, pattuendo un tasso di interesse mensile pari al 20% e facendosi consegnare due assegni bancari per il complessivo importo di euro 24.000, quale pagamento anticipato della prima tranche;
di seguito, cori cadenza mensile, a volte DE a volte SF, avrebbero continuato a percepire la somma di euro 4.000, sino all'arresto in flagranza di DE.

2. Entrambi gli imputati ricorrono avverso questa decisione, ciascuno a mezzo del proprio difensore e ambedue deducendo un unico, articolato motivo di ricorso, diretto a contestare la sussistenza dell'aggravante dello stato di bisogno.

2.1. In particolare, la difesa di DE lamenta, sotto il profilo della violazione di legge penale (art. 644, quinto comma, n. 3, cod. pen.) e del vizio di motivazione, - la confusa rubrica imputativa (che richiamava soltanto il primo e il terzo comma del citato art. 644, laddove invece la contestazione faceva riferimento all'approfittamento dello stato di bisogno);
- l'insussistenza dello stato di bisogno in capo a PA di NT, soggetto ampiamente solvibile, titolare di fiorente attività commerciale e proprietaria di immobili dati proficuamente in locazione, reticente in giudizio in merito ad altri debiti assunti con privati;
- l'errore in punto di diritto da parte del giudice di appello, che non avrebbe saputo distinguere fra le eventuali condizioni di difficoltà economica o finanziaria, elemento costitutivo del fatto di reato, e la diversa situazione che integra lo stato di bisogno, da intendersi quale stato di necessità tendenzialmente irreversibile;
- l'assenza di un'adeguata argomentazione in grado di supportare l'affermata ricorrenza della aggravante in questione, dal momento che la decisione non riserva a questa valutazione che una esplicazione meramente assertiva, anche per quanto riguarda il profilo strettamente soggettivo.

2.2. La difesa di SF deduce anch'essa la violazione di legge penale (art.644 cod. pen.) e il vizio di motivazione, sottolineando come - entrambi i giudici di merito non avrebbero confutato in maniera chiara le argomentazioni difensive in merito all'impossibilità di configurare l'aggravante in oggetto, limitandosi a richiamare un orientamento giurisprudenziale che ritiene provata la sussistenza dello stato di bisogno sulla sola base dell'elevato saggio di interessi;
- la sussistenza dello stato di bisogno mal si concilia con le emergenze istruttorie, tali da evidenziare redditi mensili in capo alla persona offesa pari ad almeno euro 3.500, oltre a un cospicuo patrimonio immobiliare che ben avrebbe potuto essere dismesso per soddisfare asserite pretese creditorie altrui (invece di chiedere prestiti, ipoteticamente usurari, e comunque non restituiti);- nel caso di specie, apparirebbe dimostrato al contrario che la persona offesa non verteva in stato di bisogno, ma in una mera situazione contingente di difficoltà economica, assolutamente reversibile e sanabile.

3. Il ricorrente DE ha presentato motivi aggiunti con i quali, deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., erronea applicazione della legge penale (in relazione all'art. 644, quinto comma, n. 3 cod. pen. e all'art. 6, comma 3, lett. a), CEDU) e di norme processuali (in relaz one agli artt. 417, lett. b) e 521 cod. proc. pen.), nonché, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione della legge penale (in relazione all'art. 644, primo e terzo comma, cod. pen.) e contraddittorietà e carenza della motivazione. In primo luogo, le sentenze di merito, secondo la prospettazione difensiva, dovrebbero essere considerate nulle per violazione del principio di correlazione fra l'imputazione e la condanna, dal momento che l'ipotesi aggravata risulta contestata soltanto in via di mero fatto (con la locuzione «approfittando dello stato di bisogno»), con formula sintetica «di per sé non rispondente alla specifica previsione normativa», incoerente con i principi di chiarezza e precisione degli elementi fattuali richiesti dall'ordinamento processuale, come costantemente interpretato dalla Corte di cassazione. Il secondo motivo è incentrato sulla contraddittorietà che emergerebbe dalla motivazione della decisione impugnata, laddove richiama le riscontrate

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