Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/09/2018, n. 22430

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/09/2018, n. 22430
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22430
Data del deposito : 21 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

nciato la seguente SENTENZA sui ricorso 28095-2016 proposto da: CONSORZIO DI ROGGIA VETTABBIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE

48, presso lo studio dell'avvocato F C, che lo rappresenta e difende unitamente alravvocato F M;

- ricorrente -

contro

CUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

LUNGOTEVERE MARZIO

3, presso lo studio dell'avvocato R I, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati A M, A B ed ELISABETTA D'AURIA;

- controricorrente -

nonchè

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI S.P.A.;
- intimata - avverso la sentenza n. 239/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 30/07/2016. udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/07/2018 dal Consigliere A C;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale M M, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati F M ed A B.

FATTI DI CAUSA

Il Consorzio di Roggia Vettabbia ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, contro il Comune di Milano e nei confronti del terzo chiamato in causa Milano Assicurazioni s.p.a. (ora Unipolsai s.p.a.), per la cassazione della sentenza del 30.6.16 con cui il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, confermando la sentenza dei Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Milano del 20.2.14, ha rigettato la sua domanda di risarcimento dei danni cagionati al manufatto di sua proprietà denominato Mulino della Torretta (edificio di derivazione di acque irrigue della Roggia Vettabbia) dall'eccessiva quantità di acqua immessa in Roggia dal collettore degli scarichi di piena della città di Milano, con pesante sollecitazione dei carichi sulle Ric. 2016 n. 28095 sez. SU - ud. 03-07-2018 -2- paratoie del Mulino e conseguenti fessurazioni e deterioramento del medesimo. In particolare, secondo quanto riportato nella sentenza gravata, l'attore sosteneva che a seguito della costruzione del depuratore in località Nosedo, la Roggia riceveva un carico di acqua eccessivo, giacché essa costituiva, insieme con il canale Redefossi, lo scaricatore di piena della città di Milano. Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha fondato la propria decisione sul rilievo che dalle risultanze peritali emergeva che l'entrata in funzione del depuratore in località Nosedo, lungi dall'incrementare le portate massime immesse in Roggia, aveva anzi contribuito ad alleggerire i carichi idraulici verso la Roggia e che i danni all'edificio del Consorzio erano da attribuirsi, per un verso, alla vetustà della struttura e, per altro verso, alla carente manutenzione della stessa, risultando tale manutenzione «limitata alla funzionalità essenziale». Secondo il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, quindi, doveva condividersi la valutazione del primo giudice secondo cui il Comune di Milano non doveva rispondere in alcun modo del danneggiamento del Mulino della Torretta;
danneggiamento che doveva ritenersi cagionato esclusivamente dal progressivo deterioramento e dalla carente manutenzione del fabbricato. Il Comune di Milano ha depositato controricorso. Unipolsai spa non ha spiegato difese in questa sede. La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 3.7.18, per la quale il Comune di Milano ha depositato una memoria illustrativa e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo (riferito al vizio di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n. 5, erroneamente rubricato come n. 4, Ric. 2016 n. 28095 sez. SU - ud. 03-07-2018 -3- del codice di rito e violazione degli articoli 2043, 1223 e 2697 c.c.) il Consorzio ricorrente assume che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche avrebbe travisato le risultanze peritali, trascurando di esaminare il fatto decisivo costituito dalla rilevante spinta delle acque da monte subita dal Molino della Torretta in occasione delle piogge alluvionali del 7 luglio 2009. La censura non può trovare accoglimento. Quanto al denunciato vizio di omesso esame di un fatto decisivo, va preliminarmente rilevata la relativa inammissibilità, ai sensi dei commi 4 e 5 dell'articolo 348 ter c.p.c., introdotto dall'articolo 54 del decreto legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, nella legge n. 134 del 2012, ed applicabile ratione temporis nel presente giudizio (l'appello avverso la sentenza di primo grado è stato proposto dopo settembre 2012, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 83/12). La sentenza di appello si fonda, infatti, sulle stesse ragioni poste a base della sentenza di primo grado in ordine alle questioni di fatto relative alle cause del danneggiamento del Mulino della Torretta;
entrambe le sentenza di merito hanno infatti ritenuto, sulla scorta delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio, che tale danneggiamento fosse da ascrivere esclusivamente alla vetustà e carente manutenzione del medesimo Mulino, escludendo qualunque apporto causale riferibile alla quantità di acqua immessa in Roggia. In proposito il Collegio giudica opportuno sottolineare come nessun dubbio possa sussistere, riguardo al ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse in grado di appello dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, in ordine all'applicabilità della regola, emergente dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell'articolo 348 ter c.p.c., secondo la quale la Ric. 2016 n. 28095 sez. SU - ud. 03-07-2018 -4- sentenza di appello che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (c.d.: "doppia conforme") non è censurabile con il mezzo di cui all'articolo 360, primo comma, n. 5, c.p.c.. Va, al riguardo, premesso che esula dal tema del presente giudizio la questione se nel procedimento di appello davanti ai Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche operi la disciplina della inammissibilità dell'appello per difetto di "ragionevole probabilità di essere accolto" fissata dall'articolo 348 bis c.p.c. (questione sulla quale, peraltro, utili indicazioni emergono dalla sentenza di questa Sezioni Unite n. 31113/17, là dove, in tema di forma dell'appello ex art. 342 c.p.c., si chiarisce che il rinvio alle regole del codice di procedura civile contenuto nell'art. 208 del r.d. n. 1775 del 1933 deve essere inteso di natura non già recettizia, bensì formale, e, quindi, dinamicamente riferito alle corrispondenti norme del codice vigente che regolano il giudizio di gravame, comprese le modifiche alle stesse apportate dal decreto legge n. 83 del 2012). In questa sede è infatti necessario esaminare solo la questione se anche nei ricorsi per cassazione avverso le sentenze pronunciate in grado di appello dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche trovi applicazione la regola secondo la quale la sentenza di appello fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (c.d.: "doppia conforme") non è censurabile in cassazione con il mezzo di cui all'articolo 360, primo comma, n. 5, c.p.c.. L'indicata questione va risolta in senso affermativo. La regola della non censurabilità della "doppia conforme" con il mezzo di cui all'articolo 360, primo comma, n. 5, c.p.c. discende dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell'articolo Ric 2016 n. 28095 sez. SU ud. 03-07-2018 -5- 348 ter c.p.c. li cornma 5, infatti, estende (fuori dei casi di cui all'articolo 348 bis;
secondo cornrna, lettera "a", c.p.c.) anche alle sentenze d'appello che abbiano confermato la decisione di primo grado la regola dell'esclusione deila ricorribilità per cassazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. dettata da! comma 4 per le ordinanze di inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter, comma 1, c.p.c. fondate «sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata»;
tale regola - ancorché emergente da disposizioni contenute in un articolo rubricato ."Pronuncia sull'inammissibilità dell'appello", .inserito in un capo dedicato alla disciplina dell'appello (capo II del titolo III del secondo libro del codice di rito).- concerne non il giudizio di appello ma il giudizio di cassazione. Questa Sezioni Unite, nella sentenza n. 8053/14, hanno infatti già avuto modo di rilevare, non senza sottolinearne la «non felice collocazione "topografica."», che il comma 5 dell'articolo 348 ter c.p.c. «attiene non all'appello, ma alle condizioni (e ai limiti) . di ricorribilità per cassazione avverso una sentenza d'appello, che avrebbe avuto forse maggior senso prevedere come comma aggiuntivo all'art. 360 c.p.c..» (§ 11, pag. 12). E' dunque agevole concludere che detta regola opera nei giudizio di cassazione pur quando la sentenza gravata sia stata emessa in grado appello dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, alla stregua del consolidato insegnamento di queste Sezioni Unite che il ricorso alle medesime proposto avverso le sentenze del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche è disciplinato dalle norme del vigente codice di procedura civile che regolamentano l'ordinario ricorso per cassazione, atteso che il rinvio operato dall'art. 202 del r.d. n. 1775 dei 1933 alla disciplina del codice processuale dei 1865 non deve intendersi come recettizio;
ma come rinvio formale, Ric. 2016 n. 28095 sez. SU uci. 03-07-2018 -6- ossia non alle specifiche norme richiamate, bensì al contenuto di esse come mutato nel tempo (
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