Cass. pen., sez. VII, ordinanza 25/07/2018, n. 35314

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 25/07/2018, n. 35314
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 35314
Data del deposito : 25 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: C V nato il 01/01/1991 a FOGGIA avverso la sentenza del 18/10/2017 del GIP TRIBUNALE di FORLI' dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere A M A;

RITENUTO IN FATTO

1. - Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Gup del Tribunale ha applicato all'imputato la pena da questo richiesta, per il reato di cui agii artt. 81, secondo comma, cod. pen., e 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990. 2. - Avverso la sentenza, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento e lamentando la carenza di motivazione circa l'insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. - Il ricorso è inammissibile. Il ricorrente si limita, infatti, a lamentare, senza alcun concreto riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice non avrebbe fornito alcuna motivazione circa l'insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l'obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d'atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all'esistenza dell'atto negoziale con cui l'imputato dispensa l'accusa dall'onere di provare i fatti dedotti nell'imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all'art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell'enunciazione - anche implicita - che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis, sez. 3, 29 maggio 2012, n. 36610;
sez. 3, 22 settembre 1997, n. 2932;
sez. un. 27 settembre 1995, n. 10372;
sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777). Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la motivazione della sentenza circa l'insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti di indagine, evidenziando l'inesistenza di elementi valutabili a favore dell'imputato. Quanto alle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente qui rilevare che le stesse non erano incluse nella richiesta di applicazione di pena. 4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
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