Cass. civ., sez. I, sentenza 11/06/2004, n. 11097
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Il carattere costitutivo della sentenza di revoca di pagamenti, ai sensi dell'art. 67 legge fallim., comporta che soltanto la sentenza stessa produce - dalla data del passaggio in giudicato - l'effetto caducatorio dell'atto giuridico impugnato e che soltanto a seguito di essa sorge il conseguente credito del fallimento alla restituzione di quanto pagato dal fallito, e finché non è sorto il credito (restitutorio) per capitale, neppure sorge il credito accessorio per interessi; ne deriva che, sino alla sentenza di revoca del pagamento passata in giudicato, non può parlarsi di interessi scaduti e che non può, pertanto, farsi luogo all'anatocismo (nella fattispecie richiesto dal curatore anche sugli interessi primari maturati nel corso del giudizio di primo grado, ai sensi dell'art. 345, primo comma, seconda parte, cod. proc. civ.), perché l'art. 1283 cod. civ. presuppone l'intervenuta scadenza (e dunque esistenza del credito) degli interessi primari. Nè rileva, in contrario, che gli interessi sul credito riconosciuto al fallimento rientrano tra gli effetti restitutori rispetto ai quali la sentenza di revoca retroagisce alla data della domanda, perché la decorrenza degli interessi (dalla data della domanda) non va confusa con la scadenza, la quale, nell'ipotesi di credito derivante da pronuncia giudiziale costitutiva, non può che coincidere con la data della pronuncia stessa, ossia con il passaggio in giudicato, giacché solo in tale data, perfezionatosi l'accertamento giudiziale ed il suo effetto costitutivo, sorge la conseguente obbligazione restitutoria.
La rappresentanza processuale volontaria può essere conferita soltanto a chi sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, come si evince dall'art. 77 cod. proc. civ., il quale menziona, come possibili destinatari dell'investitura processuale, soltanto il "procuratore generale e quello preposto a determinati affari", sul fondamento del principio dell'interesse ad agire (art. 100 cod. proc. civ.) inteso non soltanto come obbiettiva presenza o probabilità della lite, ma altresì come "appartenenza" della stessa a chi agisce (nel senso che la relazione della lite con l'agente debba consistere in ciò che l'interesse in lite sia suo): più precisamente, l'art. 100 cod. proc. civ., letto in combinazione con l'art. 77, indica la necessita che chi agisce abbia rispetto alla lite una posizione particolare che la norma stessa non definisce, ma che può desumersi dalle ipotesi individuate dall'altra norma, sì da condurre all'affermazione di una regola generale per cui il diritto di agire spetta a chi abbia il potere di rappresentare l'interessato o nella totalità dei suoi affari (procuratore generale) o in un gruppo omogeneo di questi, paragonabile ad un'azienda commerciale o ad un suo settore (institore).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O G - Presidente -
Dott. C G - Consigliere -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. P C - Consigliere -
Dott. D C C - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BANCA DI ROMA S.P.A., in persona dei dottori G P a R G, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CASSIODORO 19, presso l'avvocato L J, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato E P B, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO MAMMUT S.P.A., in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA G. MAZZINI 27, presso l'avvocato L N, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato L F P, giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente -
e sul 2^ ricorso n.^ 0434 proposto da:
CAPITARIA S.P.A. - GRUPPO BANCARIO CAPITALIA (GIÀ BANCA ROMA 3.P.A.), in persona dal dottori F S e G P, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CASSIODORO 19, presso l'avvocato L J, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato E P B, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
FALLIMENTO MAMMUT S.P.A., in persona dal Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA G. MAZZINI 27, presso l'avvocato L N, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato L F P, giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente -
e sul 3^ ricorso n.^ 2859 proposto da:
FALLIMENTO MAMMUT S.P.A., in persona del Curatore fallimentare pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA G. MAZZINI 27, presso l'avvocato L N, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato L F P, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- ricorrente incidentale -
contro
CAPITARIA S.P.A. - GROPPO BANCARIO CAPITALIA, in persona dai dottori Francesco S e G P, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CASSIODORO 19, presso lo studio dell'avvocato L J, che lo rappresenta a difende unitamente all'avvocato E P B, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 868/99 della Corte d'Appello di GENOVA, depositata il 24/11/99, nonché la sentenza n. 92 della stessa Corte d'Appello, depositata il 6/2/2002;
udita là relaziona della causa svolta nella Pubblica udienza del 24/10/2003 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;
udito per la ricorrente principale, l'Avvocato SBRANA, con delega, che ha chiesto l'accoglimento dai ricorsi 23608/00 e 434/03 ed il rigetto del ricorso 2859/03;
udito per il resistente e controricorrente Fallimento Mammut, l'avvocato PARODI che ha chiesto l'inammissibilità o il rigetto dei ricorsi 23608/00 e 434/03 e l'accoglimento del ricorso incidentale 2859/03;
udito il P.M. in persona d®l Sostituto Procuratore Generale Dott. UCCELLA, Fulvio che ha concluso per il rigetto dei ricorsi 23608/00 e 434/03 e l'accoglimento per quanto di ragione del secondo motivo del ricorso incidentale 2859/03.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Con citazione dell'11 novembre 1978 il curatore del fallimento della s.p.a. Mammut convenne in giudizio il Banco di Bona (poi divenuto Banca di Roma e, infine, Capitalia s.p.a.) per la revoca di rimesse eseguite su conti correnti della società fallita, nel biennio e nell'anno anteriore al fallimento, per complessive L. 484.000.000.
Resistette la banca convenuta e l'adito Tribunale di Genova con sentenza del 2 luglio 1991 revocò, ai sensi dell'art. 67, primo comma n. 2, l. fall., quali pagamenti anomali:
- mandati irrevocabili all'incasso di crediti verso terzi, rilasciati dalla società alla banca dal 29 novembre 1973 al 18 novembre 1975, per L. 196.200.000 ed i relativi finali accreditamenti sul c/c ordinario n. 2651;
- analogo mandato per crediti di cui a una lettera del 4 marzo 1975 per complessive L. 93.296.482 ed i relativi finali accreditamenti sui conti anticipi nn, 37971 e 40751;
- i pagamenti dell'8 maggio e 18 luglio 1974 per complessiva L. 84.690.000 e relativi accreditamenti sul c/c ordinario n. 2651. Il Tribunale revocò, altresì, ai sensi dell'art. 67 cpv. l. fall., ulteriori pagamenti e relativi accrediti sui c/o nn. 2651 e 37421 per L. 110.302.064, e condannò, conseguentemente, la banca al rimborso della complessiva somma di L. 484.488.456, oltre interessi dalla data della domanda, anatocismo, maggior danno e spese di causa. 2. - La banca propose appello, cui resistette la curatela chiedendo anche la liquidazione degli interessi e del maggior danno per il periodo successivo alla sentenza di primo grado.
La Corte di appello di Genova, con sentenza non definitiva del 24 novembre 1999, ha respinto il gravame limitatamente ai capi del dispositivo della sentenza impugnata relativi alla disposta revoca di pagamenti anomali, ai sensi dell'art. 67, primo comma, n. 2, l. fall., e ha disposto, con separata ordinanza, l'ulteriore istruzione della causa. All'esito di questa, con sentenza definitiva del 6 febbraio 2002, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha revocato, ai sensi dell'art. 67 cpv. l. fall., pagamenti per complessive L. 84.943.151 affluiti sul c/c n. 2651;ha condannato, quindi, la banca al rimborso (conseguente alle revoche sia ex art. 67, primo comma, n. 2 che ex art. 67 cpv. l. fall.) di complessivi Euro 237.120, 68 (pari a L. 459.129.663), oltre agli interessi legali su Euro 43.869, 47 (pari a L. 84.943.151) dalla data della domanda al saldo e su Euro 193.251, 20 (pari a L. 374.186.512) dalla data della domanda al 18 gennaio 2001 (data del già avvenuto versamento della predetta somma alla curatela);ha disatteso le richieste di interessi anatocistici e maggior danno ex art. 1224 cpv. c.c.. 3. - Avverso la sentenza non definitiva la banca ha proposto ricorso per Cassazione (n. 23608/2000 R.G.) con otto motivi, illustrati anche da memoria, cui ha resistito con controricorso e memoria la curatela intimata. Ulteriore ricorso (n. 434/2003 R.G.), con quattro motivi, la banca ha proposto avverso la sentenza definitiva;la curatela ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale (n. 2859/2003 R.G.) con tre motivi, cui la banca ha risposto con controricorso.
Il ricorso principale avverso la sentenza non definitiva, già fissato per la discussione davanti a questa Corte, e stato rinviato a nuovo ruolo per la riunione ai ricorsi avverso la sentenza definitiva. Tutti i ricorsi sono stati, infine, discussi all'udienza del 24 ottobre 2003, per la quale le parti hanno depositato ulteriori memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. - I ricorsi principali e incidentale vanno riuniti perché rivolti contro una sentenza non definitiva e una sentenza definitiva emesse nel medesimo giudizio.
5. - Va quindi esaminata l'eccezione di inammissibilità dei ricorsi principali, sollevata dalla curatela sin dai controricorsi, per non avere la controparte dato dimostrazione del potere di rappresentanza della banca in capo ai funzionari che congiuntamente hanno sottoscritto le procure ai difensori (dottori G P e R G quanto al ricorso n. 23608/2000 R.G. e dottori F S e G P quanto al ricorso n. 434/2003 R.G.). La banca ha risposto producendo ritualmente documenti a dimostrazione dell'allegato potere rappresentativo (precisamente: delibera del Consiglio di amministrazione della Banca di Roma s.p.a. in data 28 dicembre 1998 concernente "Deleghe di poteri: conferimento di poteri di firma sociale";delibera del Consiglio di amministrazione del Banco di Santo Spirito s.p.a. - precedente denominazione della Banca di Roma - in data 20 luglio 1992 concernente "Attribuzione di poteri di firma di rappresentanza" a tutti i dirigenti e funzionari indicati nell'elenco allegato alla stessa delibera;estratto dell'"elenco firme autorizzate" della Banca di Roma;statuto di quest'ultima), nonché eccependo, a sua volta, l'inammissibilità del rilievo avversario, in quanto generico e non argomentato.
La curatela, pur in presenza di detta produzione documentale, con le successive difese (v., in particolare, la prima memoria ex art. 378 c.p.c.) ha insistito nel suo rilievo, osservando: che l'unica vigente
delibera del Consiglio di amministrazione attributiva dei poteri di rappresentanza è quella del 28 dicembre 1998, che reca - letteralmente - "il nuovo testo integrale della 'disciplina dei poteri di firma sociale per gli atti correnti e di ordinaria gestione' come di seguito riportato", cosicché essa supera e sostituisce la precedente delibera del 1992;che alla delibera del 1998 non è allegato alcun elenco nominativo dei soggetti investiti del potere rappresentativo;che, dunque, difetta la prova che i firmatari congiunti delle procure speciali a ricorrere per Cassazione fossero, al momento della sottoscrizione delle stesse, investiti del relativo potere, giacché il loro nome non figura in alcun elenco a quella data in vigore (risalendo ad epoca precedente - precisamente all'ottobre 1995 - anche l'estratto dell'"elenco firme autorizzate" prodotto da controparte), ne e provato che, alternativamente, gli stessi appartenessero, sempre a quella data, a categorie di dipendenti investiti del potere di firma;che, inoltre, neppure può farsi qui applicazione dell'orientamento giurisprudenziale di legittimità che esclude la necessità della specifica verifica dal potere rappresentativo laddove questo sia già stato esercitato dalle stesse persone, in precedenti gradi del giudizio, senza che la controparte abbia sollevato in proposito contestazioni, atteso che, nella specie, la banca nei precedenti gradi del giudizio non era mai stata rappresentata dagli stessi odierni autori delle procure ad litem (in primo grado era stata rappresentata dal sigg. M e C, vice direttori della filiale di Genova del Banco di Roma;
in appello dai sigg. B e P, rispettivamente vice direttore e procuratore della filiale genovese del Banco, anche dopo l'incorporazione del Banco di Roma nel Banco di Santo Spirito, quindi denominatosi Banca di Roma;in sede di riassunzione del processo di appello, interrotto per morte del difensore, dal Presidente pro tempore).
La banca, con la memoria ex art. 370 c.p.c. depositata il 20 ottobre 2003 (in termini, dato che il 19 ottobre, data di scadenza naturale dal termine di cinque giorni prima dall'udienza di discussione del 24 ottobre, era domenica), a sua volta replica: che l'"attribuzione dei poteri di rappresentanza" ai suoi funzionari è contenuta nella delibera del 1992, cui è allegato anche l'elenco nominativo dei funzionari investiti di tali poteri, nel quale figurano i Dott. P, G e S, firmatari delle procure ad litem relative ai ricorsi per Cassazione;tale attribuzione di poteri non è mutata nel tempo, perché la delibera del 1996 reca soltanto la nuova "disciplina" dei poteri di firma, ma non l'attribuzione di essi, come si ricava già dalla intitolazione della delibera ed è confermato dall'ultimo passaggio della medesima, secondo cui "la presente deliberazione annulla e sostituisce la precedente disciplina della firma sociale";che i contrari rilievi della curatela sono tardivi, in quanto formulati soltanto con la memoria ex art. 378 c.p.c.. 6. - Ad avviso del Collegio, anzitutto non hanno pregio le obiezioni di genericità e tardività dei rilievi avversar formulati dalla ricorrente. Infatti quelle rassegnate, sul punto in esame, con i controricorsi e le memorie della curatela non sono eccezioni in senso proprio, bensì mere contestazioni o difese (nessun fatto nuovo è stato aggiunto, ma semplicemente sono state contestate la affermazioni di controparte), tempestivamente svolta in limine dalla parte interessata;ne' l'originario rilievo di difetto di potere rappresentativo dai funzionari, sino a qual momento solo assai genericamente affannato nei ricorsi, avrebbe potuto o dovuto essere più specifico.
Per l'esame dal merito dalla questiona sollevata, è necessario dare contessa più diffusamente dal contenuto della delibera dal Consiglio di amministrazione della Banca di Roma in data 28 dicembre 1998. L'atto, con il quale il consiglio "delibera (...) il nuovo testo integrale della 'disciplina del poteri di firma sociale per gli atti correnti a di ordinaria gestione' come di seguito riportato", premette anzitutto il testo dell'art. 22 dello statuto sociale, in basa al quale il Presidente ha la rappresentanza legala dalla società, mentre "il Consiglio di amministrazione può(...) attribuire la firma sociale a dirigenti funzionari e dipendenti della Società, con determinazione dei relativi poteri, dei limiti e delle modalità di esercizio".
Stabilisce, quindi, l'attribuzione dalla firma sociale, in particolare (punto 2 dalla delibera), "ai Dirigenti, ai Funzionari, al personale inquadrato nella 4^ Area Professionale a ad altro personale appositamente identificato dalla Banca, in forma comunque abbinata tra loro, per i seguenti atti;a;causa attiva e passiva nonché procedure di qualsiasi natura in qualunque grado a davanti a qualsiasi giurisdizione civile, anche volontaria, penale amministrativa e speciale, nonché atti giudiziali, stragiudiziali e negoziali Inerenti e conseguenti comprese le rinunce agli atti, all'azione e ai danni", e inoltra per una serie di atti di natura sostanziale specificamente indicati alla lettera successiva, tra i quali talune operazioni di importo unitario superiore a L. 50 milioni e altre di importo superiore a L.