Cass. pen., sez. VII, ordinanza 22/10/2020, n. 29308

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 22/10/2020, n. 29308
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 29308
Data del deposito : 22 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: ISSA MOHAMED nato il 01/01/1984 avverso l'ordinanza del 21/12/2018 della CORTE APPELLO di GENOVAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere M V;
OSSERVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO che con ordinanza emessa il 21 dicembre 2018 la Corte di appello di Genova: ha dichiarato inammissibile, in ragione della sua tardività, l'appello proposto da M I per la riforma della sentenza, emessa dal Tribunale di La Spezia il 4 ottobre 2017, di condanna di tale persona per concorso nella commissione, in la Spezia, il 10 marzo 2015, del reato previsto dall'art. 25, primo comma, della legge n. 185 del 1990;
ha accertato che la sentenza di primo grado divenne irrevocabile il 22 dicembre 2017 e ha ordinato la sua esecuzione;
che per la cassazione di tale ordinanza I ha presentato ricorso (atto sottoscritto dal difensore, avvocato S G) deducendo l'erroneità in diritto di tale decisione di rito: non essendo stato notificato ad esso ricorrente ("contumace") l'avviso di deposito della motivazione della sentenza di primo grado;
non essendosi ancora formato il giudicato su tale sentenza al momento del deposito dell'atto di appello;
che dal contenuto dell'ordinanza impugnata (non contestato dal ricorrente quanto alle indicazioni temporali di seguito indicate) risulta che: in sede di emissione, nell'assenza dell'imputato, della sentenza di primo grado (avvenuta il 4 ottobre 2017) il Tribunale di La Spezia indicò in trenta giorni il termine per il deposito della relativa motivazione;
che la motivazione della sentenza venne depositata il 10 ottobre 2017, prima dunque della scadenza del termine sopra indicato (3 novembre 2017, giorno non festivo);
il termine di quarantacinque giorni per la proposizione dell'appello, decorrente dal 3 novembre 2017, venne quindi a scadenza il 18 dicembre 2017 (giorno non festivo;
l'appello contro la sentenza di primo grado venne depositato il 21 dicembre 2017: l'appello fu dunque tardivo e la sentenza divenne irrevocabile il 22 dicembre 2017, giorno della scadenza del termine per l'eventuale impugnazione anche da parte del Procuratore generale presso la Corte di appello;
che, per quanto qui specificamente interessa: a) il termine assegnato dalla legge all'imputato per proporre appello contro sentenza di condanna è di quarantacinque giorni quando il giudice di primo grado abbia indicato un termine, non superiore a novanta giorni dalla pronuncia, per il deposito della motivazione della sentenza (art. 585, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.);
b) tale termine decorre dalla scadenza di quello indicato dal giudice (art. 544, comma 3, cod. proc. pen.) per il deposito della sentenza (art. 585, comma 2, lett. c), prima proposizione), ovvero, nel caso previsto dall'art. 548, comma 2, del codice di rito, dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza (art. 585, comma 2, lett. c), seconda proposizione);
c) l'art. 548, comma 2, prevede, in particolare, che l'avviso di deposito della sentenza sia notificato all'imputato ed al suo difensore al tempo del deposito solo quando la motivazione della sentenza sia depositata oltre il termine indicato dal giudice a norma del precedente art. 544, comma 3;
d) il comma 3 dello stesso art. 548, nel testo risultante dalla relativa modificazione operata dall'ad 10, comma 5, della legge n. 67 del 2014 (che ha abolito il giudizio in contumacia), prevede infine che, in ogni caso, l'avviso di deposito con l'estratto della sentenza è comunicato al procuratore generale presso la corte di appello;
che, alla luce della disciplina relativa al deposito della sentenza contenuta nel citato art. 548 (dopo la modificazione recata dalla citata legge n. 67 del 2014), nessun avviso di deposito della motivazione della sentenza di primo grado deve essere notificato all'imputato (presente ovvero assente nel processo di primo grado) quando la motivazione sia depositata entro il termine (non superiore a novanta giorni dall'emissione della sentenza) indicato da tale giudice avvalendosi della facoltà a lui concessa dall'art. 544, comma 3, del codice di rito;
che il ricorrente si qualifica "contumace" ma, a fronte dell'indicazione contenuta nell'ordinanza impugnata, secondo cui il processo di primo grado si svolse in assenza dell'imputato, non allega specificamente che il processo di primo grado sia iniziato prima dell'abrogazione della disciplina legale della contumacia (legge n. 67 del 2014) e che il Tribunale abbia dichiarato la di lui contumacia prima dell'entrata in vigore di tale disciplina;
che correttamente, pertanto, l'ordinanza impugnata ha dichiarato inammissibile l'appello in ragione della sua tardività (artt. 585, commi 1, lett. b), e 2, lett. c), 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.);
che la scadenza, necessariamente successiva al 18 dicembre 2017 (in quanto l'avviso di deposito con l'estratto della sentenza deve in ogni caso essere comunicato al procuratore generale) del termine dalla legge assegnato al procuratore generale per proporre appello comporta solo che il giudicato si forma in tale momento (quando, cioè, sono scaduti tutti i termini dalla legge assegnati alle parti del processo per proporre impugnazione: art. 648, comma 2, cod. proc. pen.), successivo alla scadenza del termine dalla legge assegnato all'imputato per la proposizione dell'impugnazione e non comporta, ovviamente, una proroga di tale ultimo termine (non espressamente prevista dalla legge processuale);
che il ricorso è dunque manifestamente infondato e, per tale ragione, inammissibile (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.);che l'inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento di una somma di danaro alla Cassa delle ammende che stimasi equo determinare nella misura di tremila euro (art. 616 cod. proc. pen.).
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