Cass. civ., sez. II, sentenza 28/02/2018, n. 04642

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 28/02/2018, n. 04642
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04642
Data del deposito : 28 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente SENTENZA sul ricorso 24079-2011 proposto da: NOSCHESE CLAUDIO, in proprio oltre che in qualità di Presidente e membro componente del comitato Promotore BASI - BANCA SOLIDALE ITALIANA S.c.p.a., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA DON MINZONI

9, presso lo studio dell'avvocato E L, rappresentato e 2017 difeso dall'avvocato A R;
2164

- ricorrente -

contro

CONSOB - COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA' E LA BORSA, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata • in ROMA, VIA

MARTINI GIOVANNI BATTISTA

3, presso lo studio dell'avvocato S P, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANFRANCO RANDISI, MARIA GIOCONDA DE GAETANO POLVEROSI;

- controricorrente -

nonchè nei confronti di PROCURATORE GENERALE presso la CORTE di CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE presso la CORTE d'APPELLO di ROMA;

- intimati -

avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositato il 11/02/2011 R.G.V.G. n. 56681/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/09/2017 dal Consigliere G F;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale L C che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato A R, difensore del ricorrente, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
uditi gli Avvocati GIANFRANCO RANDISI e MARIA GIOCONDA DE GAETANO POLVEROSI, difensori della controricorrente, che hanno chiesto il rigetto del ricorso. Esposizione del fatto Il Comitato Promotore BASI - Banca Solidale Italiana scpa - in persona del Presidente dott. Claudio N e quest'ultimo, in proprio e quale componente del predetto comitato, hanno proposto opposizione, ex art. 195 d.lgs.58/1998, avverso la delibera n.17323/2010 , con la quale la Consob ha irrogato nei loro confronti la sanzione pecuniaria di 2.500.000,00 curo, nonché la sanzione accessoria ex art. 191 comma 3 TUF, per la durata di dodici mesi. La condotta ascritta consisteva nell'abusiva offerta al pubblico di prodotti finanziari ( azioni di una costituenda società), in violazione dell'art. 94 del TUF, mediante un sito internet, senza che, a differenza di quanto esposto dal Comitato, la pubblicazione del prospetto informativo fosse stata autorizzata dalla Consob. La Consob, costituitasi, ha resistito all'opposizione. La Corte d'Appello di Roma, con decreto depositato in data 11 febbraio 2011, ha respinto l'opposizione rilevando: - che la data dell' "accertamento", quale dies a quo ai fini del calcolo del termine di centottanta giorni per la contestazione, andava individuata nel 3 dicembre 2008 e non anche nell'agosto 2008;
- che la contestazione doveva ritenersi tempestiva, in virtù del principio della "scissione" degli effetti della notificazione per il "notificante" ed il "notificato" , affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n.477 del 2002: doveva dunque farsi riferimento alla data di spedizione dell'atto e non a quella di ricezione dello stesso da parte del destinatario;- i singoli componenti del comitato promotore non erano destinatari dell'accertamento, della contestazione e delle sanzioni, per cui non dovevano essere informati del procedimento, mentre il solo comitato promotore rispondeva solidalmente ex art. 195 comma 9 del TUF, ed, in tale veste, era stato destinatario della contestazione;
- la condotta ascritta al solo N rientrava integralmente nella previsione di cui all'art. 94 TUF, sulla scorta della documentazione estratta dal sito internet a suo tempo attivato;
- nessun dubbio sussisteva sulla natura di prodotti finanziari delle azioni offerte ex art.1 comma 2 TUF;
- la sanzione appariva correttamente irrogata anche nel suo ammontare. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso il N, in proprio ed in qualità di componente del Comitato Promotore, sulla base di sette motivi. La Consob ha resistito con controricorso. In prossimità dell'udienza di discussione del 15 gennaio 2016, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 cpc. Con ordinanza interlocutoria dell'8 febbraio 2016, questa Corte ha chiesto al Primo Presidente di valutare l'opportunità della rimessione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza, costituita dall'applicabilità o meno del principio della scissione degli effetti della notificazione anche agli atti amministrativi recettizi non negoziali, quale la contestazione di addebito in un procedimento finalizzato all'applicazione di sanzioni amministrative, oggetto del quarto motivo di ricorso.Le Sezioni Unite, con la sentenza n.12332/2017 del 17 maggio 2017, hanno affermato che il principio di scissione degli effetti della notificazione trova applicazione anche in relazione all'atto di contestazione degli addebiti emesso nell'ambito del procedimento sanzionatorio della Consob, rigettando il quarto motivo di ricorso, ed hanno rinviato alla sezione rimettente per l'esame dei restanti motivi e la regolazione delle spese. In prossimità dell'odierna udienza, la Consob ha depositato nuove memorie illustrative ex art. 378 cpc. Considerato in diritto Conviene preliminarmente prendere in esame le eccezioni di illegittimità costituzionale, sollevate dai ricorrenti nella memoria ex art. 378 codice di rito, depositata in prossimità della precedente udienza di discussione innanzi a questa sezione. - La prima questione concerne la violazione del principio del "ne bis in idem". Il N, nel depositare la sentenza con la quale il Tribunale di Napoli lo ha assolto dal reato di cui all'art. 166 c.1 lett c) in relazione all'art. 97 TUF con la formula" perché il fatto non sussiste", invoca l'applicazione del principio del "ne bis in idem", con riferimento alla sanzione amministrativa applicatagli dalla Consob, deducendo che, in caso contrario, sarebbero rilevanti i dubbi di legittimità costituzionale degli artt.187 bis e ter del TUF per contrasto con l'art. 117 Cost., alla luce della sentenza CEDU del 4.3.2014, nonché dell'applicazione del principio del "ne bis in idem" di cui agli artt. 2 e 4 Prot. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.La prospettata questione di legittimità costituzionale appare inammissibile, per difetto di rilevanza. Si osserva infatti che l'imputazione da cui il ricorrente è stato assolto ha ad oggetto il reato previsto dall'art. 166 comma 1 lett. c) TUF, che riguarda una situazione diversa da quella oggetto del presente giudizio, disciplinata dagli artt. 94 e 191 TUF, in quanto le diverse fattispecie sono caratterizzate da differenti elementi costitutivi. L'art. 166 TUF sanziona infatti la condotta posta in essere da un "soggetto non abilitato" il quale svolga servizi o attività di investimento o di gestione collettiva del risparmio e prevede diverse condotte, comunque riconducibili al presupposto che le operazioni di investimento siano effettuate da operatori non abilitati, e quindi non assoggettati ai necessari requisiti di professionalità ed onorabilità: esso ha dunque ad oggetto la situazione soggettiva dell'agente. La fattispecie disciplinata dagli artt. 191 e 94 TUF prende invece in considerazione la diversa condotta dell'offerta al pubblico abusiva di prodotti e strumenti finanziari, in quanto effettuata in assenza di prospetto preventivamente approvato dalla Consob ed investe dunque un profilo di natura oggettiva, vale a dire le modalità dell'offerta. - Va del pari disattesa l'eccezione di legittimità costituzionale del rito camerale svoltosi innanzi alla corte d'Appello di Roma, la cui rilevanza viene motivata dai ricorrenti in relazione al primo motivo di ricorso, e dunque alla mancata audizione dell'interessato, che ne aveva fatto richiesta. Pure tale censura appare inammissibile per difetto di rilevanza, posto che le modalità di svolgimento dell'udienza, secondo il rito previsto dall'art.195 TUF , nella formulazione all'epoca vigente, non hanno alcun rilievo ai fini dell'audizione della parte che ne avesse fatto richiesta, facoltà specificamente prevista dall'art. 195 TUF e che non può evidentemente ritenersi incompatibile con lo svolgimento in forma camerale dell'udienza. Non risulta inoltre che gli odierni ricorrenti abbiano fatto richiesta, nell'ambito del procedimento innanzi alla Corte d'Appello di Roma, né che abbiano prospettato nell'ambito di detto procedimento, alcuna specifica doglianza in merito alla trattazione in camera di consiglio. Ciò premesso, si osserva anzitutto che il rito del procedimento di opposizione di cui all'art. 195 L. n. 58 del 1998, nella formulazione all'epoca vigente, il quale, pur traendo linfa da due distinti modelli normativi (l'opposizione a sanzioni amministrative prevista in generale dalla L. n. 689 del 1981 ed il rito camerale disciplinato dagli art. 737 ss. c.p.c.), si caratterizzava in termini di modello procedimentale autonomo (Cass. Ss.Uu. 20930/2009) , consentiva, come già evidenziato, la possibilità per la parte di essere sentita e di depositare atti e documenti difensivi ed, in generale, la piena esplicazione del diritto di difesa e di tutela del contraddittorio. In assenza di specifica istanza della parte deve ritenersi che la stessa non abbia manifestato alcun interesse alla trattazione della causa in pubblica udienza. Inoltre, e soprattutto, i ricorrenti non hanno posto a base del proprio ricorso l'assenza di pubblica udienza quale vizio di legittimità della sentenza impugnata, onde la relativa questione di legittimità costituzionale, dedotta nelle sole memorie ex art. 378 cpc, non attenendo ad un motivo di impugnazione ritualmente proposto, difetta di rilevanza ( in tal senso Cass. 24048 del 25 novembre 2015). Ed invero, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, gli effetti di una pronuncia di illegittimità costituzionale, sopravvenuta in corso di causa, non possono essere dedotti per la prima volta con la memoria difensiva per il giudizio di cassazione, depositata ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., allorquando riguardino una questione non proposta con i motivi di ricorso,
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