Cass. civ., sez. III, ordinanza 26/06/2018, n. 16806

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, ordinanza 26/06/2018, n. 16806
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16806
Data del deposito : 26 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

iato la seguente ORDINANZA sul ricorso 10049-2016 proposto da: I S in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore ING. M L, M L, elettivamente domiciliati in ROMA, V.

LE BRUNO BUOZZI

99, presso lo studio dell'avvocato F C, che li rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

2018 contro 933 SIEMENS HOLDIN SPA (in proprio e nella sua qualità di incorporante di SIEMENS HOLDING SPA) in persona dei legali rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA BOCCA DI LEONE

78, presso lo studio dell'avvocato M V, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato M S giusta procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

nonchè

contro

SIEMENS SPA ;
- intimata - avverso la sentenza n. 3941/2015 della CORTE D'APPELLO di M, depositata il 14/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2018 dal Consigliere Dott. C G;Rilevato che: 10049/2016 Con sentenza del 15 maggio 2014 il Tribunale di Milano rigettava la domanda di risarcimento di danni nella misura di oltre 5 milioni di euro avanzata da L M e Imont S.r.l. nei confronti di Siemens S.p.A. e Siemens Holding S.p.A., danni che gli attori avevano addotto di aver patito a causa di un loro coinvolgimento in indagini penali derivate da una denuncia-querela dei convenuti. Avendo L M e Imont S.r.l. proposto appello, cui le controparti resistevano, la Corte d'appello di Milano lo rigettava con sentenza pronunciata ex articolo 281 sexies c.p.c. 1 111 aprile 2016. L M e Imont S.r.l. hanno proposto ricorso articolato in due motivi, illustrati pure con memoria. Si è difesa con controricorso Siemens S.p.A. in proprio e quale incorporante di Siemens Holding S.p.A.

Considerato che:

1. In primo luogo deve rilevarsi che l'esposizione del fatto presente nel ricorso in realtà non indica quali sarebbero stati i fatti costitutivi addotti a fondamento della domanda, con particolare riguardo alla individuazione del fatto illecito attribuito dagli attuali ricorrenti a controparte, e quali sarebbero state le ragioni giuridiche poste a sostegno;
parimenti, non indica quali sarebbero state le difese delle parti convenute e, tantomeno, sulla base di che cosa avrebbe costruito la motivazione della sua sentenza il giudice di prime cure. Si tratta di elementi essenziali per consentire di evincere in primis il fatto sostanziale e la conseguente sequenza in cui si è manifestato il fatto processuale: l'esposizione del fatto che viene offerta nel presente ricorso in realtà non permette di recepirli, così che la sommaria indicazione dei motivi d'appello viene poi a rappresentare una postulazione di cui non è affatto comprensibile la pertinenza. In tal modo, il ricorso non si conforma al requisito della esposizione sommaria dei fatti che, pena inammissibilità, impone l'articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c. e che invece, essendo dettato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che renda acquisibile dal giudice di legittimità una chiara e completa cognizione tanto del fatto sostanziale che ha originato la causa, quanto del fatto processuale, senza necessità di avvalersi di ulteriori fonti cognitive, e in particolare di ulteriori atti in suo possesso, inclusa la sentenza impugnata. Consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte insegna infatti che, per rispettare la suddetta norma, e quindi non incorrere nell'inammissibilità che la presidia, il ricorso non necessita una premessa autonoma e distinta dai motivi, né una narrativa analitica o particolareggiata, essendo bastante che dal contesto del ricorso sia desumibile una conoscenza del "fatto" sostanziale e processuale sufficiente per comprendere le censure mosse alla sentenza impugnata;
l'articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c. trova invero la sua ratio nella necessità di una completa e regolare instaurazione del contraddittorio (v. S.U., 18 maggio 2006 n. 11653: "Il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall'art. 366, primo comma n. 3, c.p.c., è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto, senza necessità che esso dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell'oggetto dell'impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata";
e, tra i massimati arresti delle sezioni semplici, ex multis v. da ultimo Cass. sez. 6-3, 2 agosto 2016 n. 16103 e Cass. sez. 3, 8 luglio 2014 n. 15478). Pertanto, il ricorso in esame è affetto da evidente inammissibilità.
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