Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/05/2017, n. 11799
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In tema di impugnazioni, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'art. 329, comma 2, c.p.c.), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l'eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex art. 345, comma 2, c.p.c. (Principio enunciato dalla S.C. ex art. 363, comma 3, c.p.c.).
Sul provvedimento
Testo completo
1 17 99 17 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Eccezione di merito - LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Appello incidentale SEZIONI UNITE CIVILI e mera riproposizione Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rispettivi ambiti - Primo Presidente Dott. G C Contrasto - Decisione ai Presidente Sezione Dott. G AMOROSO sensi dell'art. Dott. VINCENZO MAZZACANE Presidente Sezione 363, terzo comma, cod. Dott. G TINO Presidente Sezione proc. civ. Consigliere R. G. N. 2753/2011 Dott. B B -Cron.4799 Consigliere Dott. PIETRO CILE Rep. Consigliere Dott. L T Ud. 06/12/2016 Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA PU Dott. R FCA Rel. Consigliere CI. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 2753-2011 proposto da: R A in proprio e quale erede di L 2016 T R, BRICCA MAURO in proprio e quale erede di 760 L B, BRICCA PASTRES ELEONORA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SALARIA 259, presso lo studio dell'avvocato M P (Studio Bonelli erede P), rappresentati e difesi dall'avvocato G P, giuste procure in calce al ricorso;
- ricorrenti
contro
SOCIETA' SEMPLICE DANIELA & G Z, in persona dei suoi soci omonimi, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio dell'avvocato M P', che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIORGIO CONTI e PAOLO DAMINI, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente avverso la sentenza n. 749/2010 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/12/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l'Avvocato G P;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. FRANCESCO MAURO IACOVIELLO, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. R.g.n. 2753-11 (ud. 6.12.2016) FATTI DELLA CAUSA 1. Nel gennaio del 1995 L Tedaldi Roffi, A M R, L B ed E B P, questi ultimi due quali eredi di Giulia Bricca, convenivano in giudizio dinnanzi al Tribunale di Parma la "Daniela e Gianmauro Z società semplice", chiedendo: a) in via principale, l'accertamento della nullità della compravendita di una porzione di terreno facente parte di un podere denominato "Gugnino", conclusa il 16 marzo 1989 per atto notarile, fra la Tedaldi Roffi, in proprio e quale rappresentante della figlia Roffi Anna Maria, e Giulia Bricca, quali venditrici, e la società convenuta, all'epoca Azienda Agricola Gianmauro Z & C. s.a.s., oltre al risarcimento dei danni;
b) in via subordinata l'annullamento dello stesso contratto per dolo ovvero per errore;
c) in via ulteriormente subordinata, previa "revoca" della quietanza contenuta nell'atto di compravendita, la condanna della società al pagamento del prezzo pari a 69 milioni di lire, oltre interessi legali dalla data del rogito, ed il maggior danno.
1.1. La convenuta si costituiva e chiedeva il rigetto della domande, evidenziando, altresì, la contemporanea pendenza di un procedimento penale, nel quale Gianmauro Z, nella veste di loro procuratore, risultava imputato per il reato di truffa contrattuale, in relazione alla vendita delle altre parti residue del detto podere, nonché sostenendo l'estinzione del processo, in quanto l'azione civile era stata esercitata dalle attrici in sede penale, al fine di ottenere la restituzione e il risarcimento del danno. Nel corso del lungo svolgimento processuale di primo grado, nel quale veniva disattesa l'istanza di estinzione, interveniva la condanna dello Z in sede penale.
2. Il Tribunale di Parma, con sentenza del febbraio 2002, accoglieva soltanto la domanda delle attrici avente ad oggetto la condanna della società al pagamento della somma di 69 milioni di lire, mentre rigettava le altre domande. Est. Cons. ffaele Frasca R.g.n. 2753-11 (ud. 6.12.2016) 3. Le parti attrici proponevano appello in via principale
contro
Daniela Z e Gianmauro Z "in proprio e nella loro qualità di soci illimitatamente responsabili della società semplice Azienda Agricola Daniela e Gianmauro Z", lamentando l'erroneità del rigetto delle altre domande, mentre gli appellati, in sede di costituzione, proponevano appello incidentale chiedendo la riforma della sentenza appellata nella parte in cui aveva accolto la domanda di pagamento del corrispettivo della compravendita.
4. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 5 luglio 2010, ha rigettato l'appello principale ed accolto quello incidentale, caducando la condanna degli appellati al pagamento della somma corrispondente al prezzo pattuito.
5. Avverso tale sentenza, Daniela Z e Gianmauro Z"Anna Maria Roffi, in proprio e quale erede di L Tebaldi Roffi, Mauro Bricca, quale unico erede di L B, deceduto nel corso del giudizio, ed E B P, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi, contro "la società semplice Azienda Agricola Daniela e Gianmauro Z, in persona dei soci illimitatamente responsabili.
6. Al ricorso ha resistito con controricorso l'intimata.
7. La trattazione del ricorso veniva fissata per l'udienza del 4 febbraio 2016 davanti alla Seconda Sezione Civile della Corte e i ricorrenti depositavano memoria ex art. 378 c.p.c. All'esito della camera di consiglio, la Seconda Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 4058 del 2016, rimetteva gli atti al Primo Presidente, per la risoluzione di un contrasto di giurisprudenza, la cui soluzione reputava rilevante per la decisione del quinto motivo di ricorso.
8. Il Primo Presidente assegnava il ricorso alle Sezioni Unite e seguiva la fissazione dell'odierna udienza, in vista delle quali le parti hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 4 Est. Cons R F R.g.n. 2753-11 (ud. 6.12.2016) 1. In via preliminare, deve disattendersi l'eccezione dei resistenti, di inammissibilità del ricorso, in quanto sarebbe stato proposto contro "Daniela Z e Gianmauro Z in proprio e nella loro qualità di soci illimitatamente responsabili dell'Azienda Agricola Daniela e Gianmauro Z", mentre in primo grado era stata convenuta la "Daniela e Gianmauro Z società semplice, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore". L'assunto ove si dovesse intendere nel senso che i due soci sarebbero stati evocati in giudizio in proprio, mentre non erano parti come tali ma come soci è basato su un dato inesistente, giacché il - ricorso per cassazione è stato espressamente proposto contro "la società semplice Azienda Agricola Daniela e Gianmauro Z, in persona dei soci illimitatamente responsabili, Daniela Z e Gianmauro Z".
1.1. Peraltro, ancorché l'intestazione della sentenza rechi l'indicazione come parte appellata di "Z Daniela e Z Gianmauro, in proprio e nella loro qualità di soci illimitatamente responsabili della società semplice Azienda Agricola Daniela e Gianmauro Z", dall'esame della sentenza non emerge alcunché che evidenzi che la legittimazione a stare in giudizio di dette persone fosse stata spesa anche in proprio ed il dispositivo della sentenza, in punto di regolamento delle spese giudiziali, reca la condanna a favore dell'appellata, cioè della società semplice.
2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, senza indicare nell'intestazione alcuna norma di diritto violata, la "violazione di legge sostanziale (art. 360, n. 3) in tema di giudicato esterno”.
2.1. La violazione del giudicato esterno riguarderebbe la sentenza, pronunciata dalla stessa Corte di Appello felsinea in sede penale in data 18 gennaio 2010 e divenuta successivamente irrevocabile, con la quale Gianmauro Z venne definitivamente condannato per il reato di truffa in danno dei ricorrenti. A fronte dell'eccezione di cosa giudicata, la sentenza impugnata ha ritenuto che il precedente di questa Corte, invocato da parte delle СтрашEst. Co R F 5 R.g.n. 2753-11 (ud. 6.12.2016) appellanti (cioè Cass. civ. 15 febbraio 2001 n. 2200), non potesse trovare applicazione nella fattispecie, in quanto la vendita del 16 marzo 1989, della quale si era chiesto l'accertamento della nullità ovvero l'annullamento, non rientrava tra gli atti traslativi, che erano stati sottoposti direttamente all'attenzione del giudice penale, onde verificare la sussistenza degli estremi del delitto contestato allo Z. Secondo il giudice di appello, infatti, sebbene nella sentenza penale fosse presente un riferimento all'atto del 16 marzo 1989, esso era finalizzato esclusivamente a giustificare le incongruenze, dimenticanze ed errori del racconto delle parti lese, mentre non vi era stato un immediato accertamento circa l'incidenza causale della condotta delittuosa dell'imputato sulla volontà delle venditrici.
2.2. Il motivo è inammissibile e comunque privo di fondamento. E' inammissibile, perché non censura espressamente la ratio decidendi, enunciata a pagina 10 dalla sentenza impugnata con l'espressione a prescindere dalla difficoltà di ritenere opponibili gli eventuali fatti penalmente accertati nei confronti di un soggetto terzo rispetto a quel giudizio, qual è l'attuale appellata>>. Il motivo di ricorso non si fa carico di questa affermazione e, poiché essa vale di per sé a sorreggere la negazione dell'efficacia del preteso giudicato esterno, ne consegue che il suo consolidarsi per mancanza di impugnazione fa passare in cosa giudicata la relativa ratio decidendi e tanto preclude la possibilità di esaminare l'altra sottoposta a critica.
2.3. Peraltro, il motivo, nella stessa sua astratta prospettazione in iure, è infondato. Il giudicato penale sarebbe riferibile alla società, in quanto formatosi nei confronti dello Z, che ne è socio e la rappresenta nel presente giudizio civile. L'assunto è privo di fondamento. La mancanza della personalità giuridica, nella società semplice, come, del resto, nelle società personali in genere, non esclude che la società abbia una sua soggettività, strumentale, volta a consentire alla 6 Est. Cons. R FRaffaele 1 R.g.n. 2753-11 (ud. 6.12.2016) pluralità di soci una unitarietà delle forme d'azione (in termini: Cass. n. 8399 del 2003 e Cass. n. 7886 del 2006). Ora, se un socio della società semplice agisce nella qualità di amministratore della società e commette un reato a vantaggio della società e viene attinto da un processo penale, all'esito del quale viene affermata la sua responsabilità, la connotazione di essa come personale e, dunque, come responsabilità della persona fisica, non consente di riferire il giudicato penale alla società personale e, dunque, alla società semplice, per la