Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/03/2015, n. 4628
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La stipulazione di un contratto preliminare di preliminare (nella specie, relativo ad una compravendita immobiliare), ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con l'esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento) è valido ed efficace, e dunque non è nullo per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, è idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. L M G - Presidente Sezione -
Dott. R R - Presidente Sezione -
Dott. R V - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. N V - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
Dott. D'ASCOLA Pasquale - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18978/2008 proposto da:
M FICE, STAGLIANÒ MARIA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BUCCARI 3, presso lo studio dell'avvocato A M T, rappresentati e difesi dall'avvocato A M, per delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
F M, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORTI DELLA FARNESINA 126, presso lo studio dell'avvocato G S R, rappresentata e difesa dall'avvocato G G, per procura speciale del notaio Pellegrino D'Amore, rep. 218742 del 20/01/2014, in atti;
- controricorrente -
e contro
F G;
- intimato -
avverso la sentenza n. 1696/2007 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/10/2014 dal Consigliere Dott. PASQUALE D'ASCOLA;
uditi gli avvocati Modestino AGONE, Gianfranco GRELLA, Giorgio STELLA RICHTER;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) Gli odierni ricorrenti agirono nel novembre 1996 proclamandosi promittenti venditori di una porzione di fabbricato sita in Avellino. Chiesero l'esecuzione in forma specifica dell'accordo preliminare concluso il 9 luglio 1996 con i promissari acquirenti, i coniugi Freda Giovannino e Fierro Maria.
I convenuti resistettero sostenendo che la scrittura privata del 9 luglio costituiva una semplice puntuazione, priva di efficacia obbligatoria, insuscettibile di esecuzione ex art. 2932 c.c.. Il tribunale di Avellino rilevò che il contratto conteneva l'impegno a stipulare il contratto preliminare di compravendita, allorquando il Banco di Napoli avesse dato assenso all'esclusione della porzione venduta dall'ipoteca gravante sul fabbricato.
Il tribunale ritenne che il contratto stipulato fosse da qualificare come "preliminare di preliminare" e che fosse nullo per difetto originario di causa.
Pertanto respinse la domanda.
Anche la Corte di appello di Napoli ha ritenuto che al contratto preliminare può riconoscersi funzione giuridicamente apprezzabile solo se è idoneo a produrre effetti diversi da quelli del contratto preparatorio;che nella specie il secondo preliminare previsto dalle parti avrebbe prodotto gli stessi effetti di impegnarsi a stipulare alle medesime condizioni e sul medesimo bene;che pertanto l'accordo del 1996 era nullo, per difetto di causa autonoma rispetto al contratto preliminare da stipulare.
Ha rigettato quindi la domanda di risoluzione e risarcimento danni, introdotta nel corso del giudizio di primo grado ex art. 1453 c.c., comma 2. Avverso questa sentenza, i promittenti venditori signori Melchionna - Staglianò hanno proposto ricorso per cassazione con unico motivo.
Gli intimati inizialmente non hanno svolto attività difensiva. In vista della pubblica udienza, Fierro Maria si è costituita con "memoria difensiva" del difensore nominato con procura speciale notarile.
Con ordinanza interlocutoria 5779/14 del 12 marzo 2014 della seconda sezione civile, la causa è stata rimessa al primo Presidente, il quale la ha assegnata alle Sezioni Unite della Corte. Le parti costituite hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2) Preliminarmente, con riferimento alla costituzione tardiva della intimata, va rilevato che la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., (richiamato dall'art. 370 c.p.c., comma 2), l'esposizione delle ragioni atte a dimostrare
l'infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria, ma solamente partecipare alla discussione orale (Cass. 6222/12;1737/05). 3) Con unico complesso motivo di ricorso i promittenti venditori denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1322, 1324, 1351, 1362 ss., 1374, 2697 e 2932 c.c.. Invocano le opinioni dottrinali e giurisprudenziali che, contrapponendosi alla corrente di pensiero accolta dai giudici di merito, ha riconosciuto "del tutto ammissibile e lecita la figura del preliminare di preliminare".
Sostengono che non può essere negato che sussista un interesse delle parti a creare un "impegno provvisorio", scindendo la contrattazione preparatoria del contratto definitivo di vendita dell'immobile in due fasi.
Affermano che la Corte di appello si è erroneamente allineata alle tesi che ritengono nullo per mancanza di causa il c.d. preliminare di preliminare, le quali ignorano il concreto svolgersi delle negoziazioni immobiliari e le esigenze della pratica. Ricordano che il contratto per cui è causa, intitolato "dichiarazione preliminare d'obbligo" conteneva gli elementi essenziali del negozio e prevedeva la stipula di un "regolare preliminare di vendita", qualora il Banco di Napoli avesse dato assenso alla liberazione dall'ipoteca.
Parte ricorrente deduce che per "regolare preliminare" doveva intendersi "formale preliminare", espressione che assume oggi maggior significato in relazione alla possibilità di trascrivere i preliminari redatti "in base alla L. 28 febbraio 1997, n. 30". Evidenzia la apprezzabilità dell'interesse che le parti avevano a conoscere, nel percorso negoziale di progressivo avvicinamento, le decisioni dell'istituto bancario che vantava l'ipoteca. Il ricorso, che è concluso da congruo e concreto quesito, redatto ex art. 366 bis c.p.c., e completato da altra censura per contraddittorietà della motivazione, è fondato.
3) La Seconda Sezione ha ritenuto opportuno interpellare le Sezioni Unite, svolgendo le seguenti considerazioni:
"Il collegio non ignora che questa S.C. ha già avuto occasione di affermare che il contratto in virtù del quale le parti si obblighino a stipulare un successivo contratto ad effetti obbligatori (ovvero un contratto preliminare di preliminare) è nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela l'interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto produttivo di una inutile complicazione (sent. 2 aprile 2009 n. 8038, seguita, senza ulteriori approfondimenti da Cass. 10 settembre 2009) (n. 19557). Ritiene, tuttavia, che tale orientamento, nella sua assolutezza, potrebbe essere meritevole di precisazioni, con riferimento alle ipotesi che in concreto possono presentarsi.
In primo luogo, potrebbe dubitarsi della nullità del contratto preliminare il quale si limitasse a prevedere un obbligo di riproduzione del suo contenuto al verificarsi di determinate circostanze, come nel caso di specie, in cui la stipulazione di un "regolare contratto preliminare" era subordinata al consenso del Banco di Napoli alla cancellazione dell'ipoteca gravante (anche) sulla porzione immobiliare promessa in vendita.
Ma quello che più conta è che il contratto preliminare di contratto preliminare non esaurisce il suo contenuto precettivo nell'obbligarsi ad obbligarsi, ma contiene - come nel caso di specie - anche l'obbligo ad addivenire alla conclusione del contratto definitivo. Ora, appare difficile, in considerazione del principio generale di cui all'art. 1419 c.c., comma 1, ritenere che la nullità dell'obbligo di concludere un contratto preliminare riproduttivo di un contratto preliminare già perfetto possa travolgere anche l'obbligo, che si potrebbe definire finale, di concludere il contratto definitivo".
3.1) La sentenza 8038/09, alla quale l'ordinanza di rimessione fa riferimento, aveva così argomentato: "L'art. 2932 c.c., instaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il contratto preliminare e quello definitivo, destinato a realizzare effettivamente il risultato finale perseguito dalle parti. Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi... ad obbligarsi a ottenere quell'effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ben potendo l'impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito.
Nè sono pertinenti i contrari argomenti esposti dai ricorrenti: in parte non attengono al reciproco rapporto tra le parti del futuro contratto definitivo, ma a quelli tra ognuna di loro e l'intermediario che le ha messe in relazione, sicché non riguardano il tema in discussione;per il resto prospettano l'ipotesi di un preliminare già riferentesi al definitivo e da rinnovare poi con un altro analogo negozio formale, il che rappresenta una fattispecie diversa da quella del prepreliminare, di cui si è ritenuta in sede di merito l'avvenuta realizzazione nella specie. Correttamente, quindi, nella sentenza impugnata, esclusa la validità dell'accordo raggiunto dalle parti, ha ritenuto che esse si trovassero, in relazione al futuro contratto preliminare, nella fase delle trattative, sia pure nello stato avanzato della puntuazione, destinata a fissare, ma senza alcun effetto vincolante, il contenuto del successivo negozio".
3.2) Il confronto tra i provvedimenti soprariportati costituisce già eloquente documentazione delle incertezze che da qualche decennio agitano la dottrina e la giurisprudenza in ordine all'ammissibilità del c.d. contratto preliminare di preliminare.
Si contrappongono infatti un orientamento che si può definire tradizionale, rispecchiato da Cass. 8038/09, che diffida (di "una certa diffidenza" discute per prima Pret. Bologna 9 aprile 1996, Giur. it., 1997, I, 2, 539) della configurabilità di un momento contrattuale anteriore al preliminare e un orientamento più possibilista, che considera benevolmente le ipotesi di c.d. "preliminare aperto" e ritiene possibile una tripartizione delle fasi che conducono alla stipula del definitivo.
Un'analisi più approfondita della esperienza giurisprudenziale e dell'evolversi del dibattito dottrinale può consentire di svelare contrasti solo apparenti, di riavvicinare le posizioni e di delineare senza schematismi i limiti in cui può espandersi l'autonomia privata.
3.3) In giurisprudenza viene affermato che:
"In tema di minuta o di puntuazione del contratto, qualora l'intesa raggiunta dalle parti abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto non è configurabile un impegno con funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, dovendo ritenersi formata la volontà attuale di un accordo contrattuale;per tale valutazione, ben può il giudice far ricorso ai criteri interpretativi dettati dall'art. 1362 c.c. e segg., i quali mirano a consentire la ricostruzione della volontà' delle parti, operazione che non assume carattere diverso quando sia questione, invece che di stabilirne il contenuto, di verificare anzitutto se le parti abbiano inteso esprimere un assetto d'interessi giuridicamente vincolante, dovendo il giudice accertare, al di là del nomen iuris e della lettera dell'atto, la volontà negoziale con riferimento sia al comportamento, anche successivo, comune delle parti, sia alla disciplina complessiva dettata dalle stesse, interpretando le clausole le une per mezzo delle altre". (Cass. 2720/09). Stabilire se la formazione di un accordo che riguardi solo i punti essenziali del contratto di compravendita (Cass. 23949/08;2473/13;
8810/03;3856/83) sia sufficiente a costituire un contratto preliminare suscettibile di esecuzione coattiva ex art. 2932 c.c., è questione di fatto che può risultare di difficile discernimento. Si rinvengono infatti non poche massime secondo le quali ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, è necessario che tra le parti sia raggiunta l'intesa su tutti gli elementi dell'accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l'intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori. (Cass. 14267/06;11371/10). Questo secondo filone giunge ad affermare che anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto negoziale può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell'attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto ( 910/05;20701/07). 4) La questione rimessa oggi alla Corte non riguarda il rilievo della volontà nella conclusione del contratto e se essa sia la sola via per stabilire quando il preliminare venga definitivamente formato: è chiesto invece di indagare sulla dinamica degli accordi contrattuali in tema di compravendita immobiliare. È infatti evidente già da questa prima ricognizione quale sia l'incertezza del confine tra atto preparatorio e contratto preliminare, incertezza alimentata da una accentuata polarizzazione tra contratto preliminare (vincolante) da un lato e diniego di rilevanza negoziale, per difetto della causa, di accordi prodromici al preliminare, i quali al più vengono qualificati semplice "puntuazione". Occorre pertanto stabilire se e in quali limiti sia riconosciuto nell'ordinamento un accordo negoziale che rimandi o obblighi i contraenti a un contratto preliminare propriamente detto.
4.1) La problematica risulta affrontata più volte nella giurisprudenza di merito. Trib. Salerno 23 luglio 1948 (Dir. Giur., 1949, 101) ebbe ad affermare che la legge, nel fissare i due tipi fondamentali di contratti (preliminare e definitivo), esclude l'esistenza di un contratto preliminare relativo ad altro preliminare, il quale dovrebbe comunque rispettare il requisito di forma di cui all'art. 1351 c.c. Il tribunale di Napoli (23.11.1982 in Giustciv. 1983, 1, 283;21.2.1985 n. 1480 Dir Giur. 1985, 725) ha aggiunto che il contratto con cui le parti si impegnano a stipulare un futuro contratto preliminare di analogo contenuto è nullo per mancanza di causa, "difettando di ogni funzione economica meritevole di tutela". La trattatistica censisce vari altri casi (tra i quali:
App Genova 21.2.2006, Obbl e contr., 2006, 648;App. Napoli 1.10.2003, Giur. mer. 2004, 63) che riecheggiano queste convinzioni. 4.1.1) Altre volte la giurisprudenza partenopea si è orientata in senso opposto.
App. Napoli 11 ottobre 1967, (Dir. Giur. 1968, 550) ha ritenuto che "in virtù del principio dell'autonomia negoziale" sia ammissibile un regolamento contrattuale che preveda, dopo la prima intesa scritta, un'ulteriore scansione temporale, con la stipulazione del contratto preliminare, legata al versamento di una caparra. Trib. Napoli 28 febbraio 1995 (Dir. Giur. 1995, 163) muovendo dallo stesso presupposto ha considerato meritevole di tutela "il contratto preliminare del preliminare qualora lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato dell'iter progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi".
In altri casi i giudici di merito hanno espressamente ritenuto di non avventurarsi nella analisi, poiché hanno ravvisato già nel primo contratto gli elementi sufficienti a qualificare come preliminare ex art. 1351 c.c., l'accordo documentato (Pret. Firenze 19. 12. 1989 Giur. merito, 1990, 466) ovvero, all'opposto, la configurabilità di una condizione sospensiva, il cui mancato avveramento impedisce il perfezionamento della fattispecie negoziale (Trib. Firenze 10 luglio 1999, Nuovo dir., 2000, 487).
4.2) Queste oscillazioni mettono capo, come la giurisprudenza citata sub 3.3, al tema dell'identificazione del contratto preliminare e preannunciano il diffondersi di problematiche relative alla contrattazione in materia di vendita immobiliare, settore che ha segnato la fortuna del contratto preliminare nel nostro ordinamento. Prima di esaminare le valutazioni dottrinali in questa materia è quindi opportuno stabilire che solo questo è il campo di indagine, restando esclusi - e da salvaguardare - altri istituti di confine. Intorno al 1970, nel fissare le fondamenta concettuali del contratto preliminare, la dottrina ha avuto cura di distinguerli e di segnalare che il contratto preliminare non è "un recipiente di comodo" in cui inserire gli istituti dagli incerti confini.
Va pertanto esemplificativamente ricordato che: la figura dell'opzione di contratto preliminare, di origine dottrinale (ma v. Cass. 1071/67), è un'ipotesi di "possibile allargamento della sfera di applicazione del patto di opzione" (per la distinzione, cfr Cass. 8564/12). Il patto di prelazione ha lo scopo essenziale di impedire che il promittente concluda un contratto con un terzo anziché con il beneficiario del patto: non sembra quindi una figura diretta alla conclusione del contratto, come il preliminare, ma alla scelta del contraente, ancorché in giurisprudenza venga qualificato come preliminare unilaterale (Cass. 3127/12). Anche il patto di contrarre con il terzo non può essere confuso con le ipotesi che ci occupano di pattuizione anteriore al preliminare, categoria al quale è estraneo, per il motivo determinante che non vi è ancora - con questo patto - una manifestazione di consenso intorno a un regolamento di interessi, ma una volontà manifestata a un soggetto diverso dal terzo con cui si dovrà in futuro contrarre. 4.3) Il vero insorgere della problematica è stato determinato dall'evoluzione della contrattazione immobiliare e dell'attività di mediazione professionalmente gestita.
La complessità dei contatti, delle verifiche da effettuare, da un lato per saggiare la serietà dei proponenti, dall'altro per accertarsi della consistenza del bene e dell'affidabilità dei contraenti, hanno di fatto portato a una frequente tripartizione delle fasi contrattuali.
Una prima fase in cui, a volte con la formula, almeno dichiarata, della proposta irrevocabile, l'aspirante acquirente offre un certo corrispettivo per l'acquisto del bene, atto che viene riscontrato dalla accettazione o dal rifiuto del proprietario.
Una seconda, espressamente prevista, di stipula del contratto preliminare propriamente detto. La terza, costituita dall'indispensabile rogito notarile con il saldo del prezzo. La pratica degli affari ci consegna una incalcolabile serie di varianti: inseguirle, è stato spiegato, sarebbe ozioso impegno di un giurista da tavolino.
Alla variabilità della modulistica dei mediatori si aggiunge infatti la inesauribile creatività dei contraenti, assistiti o meno da consulenti legali.
Il quesito che occorre risolvere concerne la configurabilità di due fasi anteriori al rogito o comunque all'atto traslativo, giustificabili l'una rispetto all'altra allo stesso modo in cui venne a suo tempo giustificata la "scissione" del contratto preliminare rispetto al definitivo.
Si vuoi dire che la "scissione", in alcuni casi, dimostra che le parti sono incerte e intendono meglio orientarsi, cosicché essa risponde all'esigenza di "fermare l'affare", ossia di dare vincoli giuridici all'operazione economica condivisa negli elementi essenziali, restando però, per una delle parti (di regola il compratore) l'esigenza di verificare con certezza la praticabilità dell'operazione, prima ancora che di definirla in termini più precisi e articolati.
Ciò può avvenire sovente sui seguenti punti: a) assumere elementi di conoscenza sulla persona della controparte (es., se è imprenditore o comunque persona solvibile;escludere vicinanze "mafiose", etc.). Si tratta di elementi che non potrebbero, ove conosciuti come negativi, essere addotti a motivo di risoluzione di un contratto già concluso o forse neppure essere portati a conoscenza della controparte stessa, ragione per cui è necessario non dare carattere di assolutezza al vincolo.
b) verificare con precisione lo stato della cosa;
c) verificare la situazione urbanistica e svolgere le altre visure e ricerche necessarie.
5) Il ragionamento al quale si è rifatta Cass. 8038/09, e che nega la validità di un accordo ripetitivo, ha pregio se si ipotizza (come sembra sia stato comunque fatto anche in quel caso) che tra il primo e il secondo preliminare vi sia identità (bis in idem). In tal caso, mancando un contenuto nuovo in grado di dar conto dell'interesse delle parti e dell'utilità del contratto, si è parlato di mancanza di causa. La parte di dottrina che è tendenzialmente contraria ad ammettere queste pattuizioni riconosce che nelle trattative complesse il contratto si può formare progressivamente, ma nega che si possa parlare di obbligo a contrarre, preferendo l'aspetto descrittivo dell'obbligazione di contrattare. Nega anche rilievo alla differenziazione basata sulla ricorribilità al rimedio di cui all'art. 2932 c.c., solo in relazione al secondo contratto.
Si pretende infatti che il rapporto tra i preliminari venga "valutato in termini di contenuto dispositivo e non già di sanzioni". È già questa una significativa apertura, ancorché sia stata limitata a quelle fattispecie in cui le parti, impegnatesi in sede di primo accordo sui punti essenziali della futura compravendita, abbiano solo voluto rinviare la definizione di punti secondari.