Cass. civ., sez. I, ordinanza 06/03/2023, n. 06549
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Testo completo
7 ORDINANZA sul ricorso 24466/2017 proposto da: F A, elettivamente d,)miciliato in Roma, Via Anapo n.20, presso lo studio dell'avvocato R C, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato D F, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente -
contro
Intesa San Paolo S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Grazioli n. 15, presso lo studio dell'avvocato G B, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente -
contro
Banca Intesa Private Banking S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Grazioli n.15, presso lo studio dell'avvocato G B, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente - avverso la sentenza n. 592/2017 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, pubblicata il 16/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2022 dal cons. F A.
FATTI DI CAUSA
A F ha costituito in pegno, nel lontano 2000, presso l'allora Banca Commerciale Italiana s.p.a. (ora Intesa San Paolo s.p.a.) n. 500.000 azioni FIN.PART s.p.a. a fronte della concessione di una linea di credito di lire C 600.000.000. Sul rilievo che, a seguito della declaratoria di fallimento della FIN.PART. s.p.a., da parte del Tribunale di Milano, con sentenza del 25.10.2005, le azioni pignorate avevano int-Nralmente perso il proprio valore, il F ha convenuto in giudizio il creditore pignoratizio Banca Intesa San Paolo s.p.a. e ed il terzo designato custode dei titoli in oggetto Banca Intesa Private Banking s.p.a. al fine di sentirle condannare in solido al pagamento della somma di C 507.310,10 (pari alla perdita di valore dei titoli), per avere entrambi gli istituti di credito, benchè pienamente a conoscenza dello stato di insolvenza di FIN. PART. s.p.a., violato lo specifico obbligo di conservazione dei beni conferiti in pegno, ex art. 2790 cod. civ. (che imponeva loro di trasferire i titoli azionari in oggetto prima della comRita perdita di valore o, quantomeno, di fornire informazioni al titolare delle azioni sull'imminente rischio di insolvenza della FIN.PART., in modo tale da consentirne tempestivamente la vendita), e per non aver eseguito il contratto di pegno secondo buona fede, ex art. 1375 cod. civ., non preservando le ragioni del cliente debitore. Il Tribunale di Perugia ha respinto la domanda del F e la Corte d'Appello di Perugia ha rigettato l'impugnazione proposta da quest'ultimo. Il giudice di secondo grado, quanto alla posizione di Banca Intesa Private Banking, ha osservato che il predetto istituto di credito era soltanto il terzo custode degli strumenti finanziari gravati dal pegno, con la conseguenza che non avrebbe mai potuto compiere, di sua iniziativa, qualsivoglia operazione in ordine ai predetti titoli azionari. La Corte d'Appello ha escluso, altresì, la responsabilità risarcitoria del creditore pignoratizio Banca Intesa san Paolo s.p.a, non essendo quest'ultimo tenuto, nell'ipotesi di pegno regolare di titoli, al trasferimento/vendita degli stessi, salvo nel caso di pericolo di perdita materiale del bene oggetto di pegno. Infine, il giudice di secondo grado ha ritenuto che il dedotto obbligo informativo, in ordine alla grave situazione di dissesto finanziario della società emittente i titoli pignorati, che, secondo il F, sarebbe gravato sugli istituti di crediti non trovava il proprio fondamento né nel disposto dell'art.2790 cod. civ. , né nelle altre norme civilistiche disciplinanti il pegno, né nei contratti stipulati inter partes, configurandosi, diversamente, un'attività di consulenza finanziaria non contemplata dai rapporti vigenti tra le parti, né imposta dalla legge. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione A F, affidandolo a due motivi. Entrambi i sopra menzionati istituti di credito hanno resistito in giudizio con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2790, 1175,1176,1366 e 1375 cod. civ. Espone il ricorrente che l'art. 2790 cod. civ, impone al creditore pignoratizio (ed anche al custode) di mantenere il bene pignorato nel medesimo stato e modo di essere in cui si trovava al momento costitutivo dell'obbligo, con la conseguente necessità di adottare tutte le misure idonee in relazione alle circostanze del caso concreto. Nel caso di specie, gli istituti di credito controricorrenti, essendo pienamente consapevoli dell'imminente fallimento della FIN. PART s.p.a., avevano l'obbligo giuridico di fornirgli tali informazioni ed avvisarlo del rischio derivante dal mantenimento delle relative azioni, essendo tale obbligo funzionale alla restituzione del bene pignorato allo stesso debitore, tenuto anche conto che il dovere di custodia deve essere assolto con
-ricorrente -
contro
Intesa San Paolo S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Grazioli n. 15, presso lo studio dell'avvocato G B, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente -
contro
Banca Intesa Private Banking S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Grazioli n.15, presso lo studio dell'avvocato G B, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente - avverso la sentenza n. 592/2017 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, pubblicata il 16/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2022 dal cons. F A.
FATTI DI CAUSA
A F ha costituito in pegno, nel lontano 2000, presso l'allora Banca Commerciale Italiana s.p.a. (ora Intesa San Paolo s.p.a.) n. 500.000 azioni FIN.PART s.p.a. a fronte della concessione di una linea di credito di lire C 600.000.000. Sul rilievo che, a seguito della declaratoria di fallimento della FIN.PART. s.p.a., da parte del Tribunale di Milano, con sentenza del 25.10.2005, le azioni pignorate avevano int-Nralmente perso il proprio valore, il F ha convenuto in giudizio il creditore pignoratizio Banca Intesa San Paolo s.p.a. e ed il terzo designato custode dei titoli in oggetto Banca Intesa Private Banking s.p.a. al fine di sentirle condannare in solido al pagamento della somma di C 507.310,10 (pari alla perdita di valore dei titoli), per avere entrambi gli istituti di credito, benchè pienamente a conoscenza dello stato di insolvenza di FIN. PART. s.p.a., violato lo specifico obbligo di conservazione dei beni conferiti in pegno, ex art. 2790 cod. civ. (che imponeva loro di trasferire i titoli azionari in oggetto prima della comRita perdita di valore o, quantomeno, di fornire informazioni al titolare delle azioni sull'imminente rischio di insolvenza della FIN.PART., in modo tale da consentirne tempestivamente la vendita), e per non aver eseguito il contratto di pegno secondo buona fede, ex art. 1375 cod. civ., non preservando le ragioni del cliente debitore. Il Tribunale di Perugia ha respinto la domanda del F e la Corte d'Appello di Perugia ha rigettato l'impugnazione proposta da quest'ultimo. Il giudice di secondo grado, quanto alla posizione di Banca Intesa Private Banking, ha osservato che il predetto istituto di credito era soltanto il terzo custode degli strumenti finanziari gravati dal pegno, con la conseguenza che non avrebbe mai potuto compiere, di sua iniziativa, qualsivoglia operazione in ordine ai predetti titoli azionari. La Corte d'Appello ha escluso, altresì, la responsabilità risarcitoria del creditore pignoratizio Banca Intesa san Paolo s.p.a, non essendo quest'ultimo tenuto, nell'ipotesi di pegno regolare di titoli, al trasferimento/vendita degli stessi, salvo nel caso di pericolo di perdita materiale del bene oggetto di pegno. Infine, il giudice di secondo grado ha ritenuto che il dedotto obbligo informativo, in ordine alla grave situazione di dissesto finanziario della società emittente i titoli pignorati, che, secondo il F, sarebbe gravato sugli istituti di crediti non trovava il proprio fondamento né nel disposto dell'art.2790 cod. civ. , né nelle altre norme civilistiche disciplinanti il pegno, né nei contratti stipulati inter partes, configurandosi, diversamente, un'attività di consulenza finanziaria non contemplata dai rapporti vigenti tra le parti, né imposta dalla legge. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione A F, affidandolo a due motivi. Entrambi i sopra menzionati istituti di credito hanno resistito in giudizio con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2790, 1175,1176,1366 e 1375 cod. civ. Espone il ricorrente che l'art. 2790 cod. civ, impone al creditore pignoratizio (ed anche al custode) di mantenere il bene pignorato nel medesimo stato e modo di essere in cui si trovava al momento costitutivo dell'obbligo, con la conseguente necessità di adottare tutte le misure idonee in relazione alle circostanze del caso concreto. Nel caso di specie, gli istituti di credito controricorrenti, essendo pienamente consapevoli dell'imminente fallimento della FIN. PART s.p.a., avevano l'obbligo giuridico di fornirgli tali informazioni ed avvisarlo del rischio derivante dal mantenimento delle relative azioni, essendo tale obbligo funzionale alla restituzione del bene pignorato allo stesso debitore, tenuto anche conto che il dovere di custodia deve essere assolto con
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