Cass. civ., SS.UU., sentenza 01/10/2003, n. 14620

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Massime1

Ai sensi dell'art. 51 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, l'azione disciplinare nei confronti dell'avvocato si prescrive nel termine di cinque anni, che decorrono dal giorno di realizzazione dell'illecito, ovvero, se questo consista in una condotta protratta, definibile in termini penalistici permanente o continuata, dalla data di cessazione della condotta stessa.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 01/10/2003, n. 14620
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14620
Data del deposito : 1 ottobre 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G V - Primo Presidente f.f. -
Dott. G M - Presidente di sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. V U - Consigliere -
Dott. L M G - rel. Consigliere -
Dott. T R M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C F, elettivamente domiciliato in ROMA,VIA PO 25/B, presso lo studio dell'avvocato G S M, rappresentato e difeso dall'avvocato V S, giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

e contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI CALTANISSETTA;

- intimati -

avverso la decisione n. 190/02 del Consiglio nazionale forense, depositata il 06/12/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/03 dal Consigliere Dott. M G L;

udito l'Avvocato V S;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. D I che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decisione del 22 maggio 2000 il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Caltanissetta, all'esito di un lungo iter procedimentale incardinato dinanzi al Consiglio dell'Ordine di Termini Imprese, poi trasferito dinanzi al Consiglio dell'Ordine di Palermo e successivamente dinanzi a quello di Caltanissetta a causa di ripetute istanze di ricusazione e conseguenti astensioni, irrogava all'avvocato Filippo C la sanzione della radiazione ai sensi dell'art. 42 del r.d. 27 novembre 1933 n. 1578. Detta sanzione era determinata dalla intervenuta condanna in sede penale di detto avvocato per patrocinio infedele, in relazione all'attività professionale svolta contro i propri ex clienti Macaluso e F, avvalendosi degli elementi acquisiti nel corso della loro assistenza legale. Nella richiamata decisione si riteneva inoltre l'avvocato C responsabile della appropriazione della somma di L. 10.000.000 consegnatagli dal Macaluso.
L'incolpato impugnava detta decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, che con decisione del 21 settembre - 6 dicembre 2002, in parziale accoglimento del ricorso, gli irrogava la sanzione della sospensione dall'esercizio professionale per la durata di sei mesi. Osservava in motivazione il Consiglio Nazionale che andava disattesa l'eccezione relativa alla irregolare composizione del Consiglio territoriale nella seduta del 22 maggio 2000, per non essere stati convocati tutti i consiglieri, risultando al contrario che la nota del presidente avente ad oggetto la convocazione per detta seduta era stata sottoscritta per ricevuta dalla totalità dei consiglieri, e che parimenti infondate erano le altre eccezioni di rito sollevate, essendosi il procedimento svolto regolarmente nelle varie fasi. Escludeva altresì che in ordine ai fatti accertati si fosse verificata la eccepita prescrizione, in quanto i comportamenti contestati, anche se posti in essere con atti istantanei, si erano sostanziati in iniziative tali da determinare un effetto permanente per le conseguenze loro proprie, con particolare riferimento alla istanza di fallimento, di per sè idonea a consentire un'ulteriore attività del professionista nei confronti del cliente. In relazione al merito delle incolpazioni, osservava che anche ad accettare la prospettazione del teste P in ordine alla cessazione del rapporto con il Macaluso negli anni 1988 - 1989, il compimento di atti nei confronti di detto cliente nell'anno 1990, quando era trascorso un periodo di tempo molto breve dalla estinzione del mandato, induceva a ravvisare la responsabilità disciplinare, non potendosi escludere che l'incolpato si fosse avvalso di elementi conosciuti nell'espletamento dell'incarico professionale. Peraltro la data degli atti di precetto e dell'istanza di fallimento manifestava una singolare commistione di rapporti, tenuto conto che dalla stessa testimonianza del P risultava che nel settembre - ottobre 1990 l'avvocato C aveva ricevuto e negoziato un assegno per conto del Macaluso, con il quale intratteneva ambigui rapporti di legale e di rappresentante della controparte.
Rilevava peraltro che andava esclusa la responsabilità dell'incolpato per la contestata appropriazione di danaro, avendo negato il teste suindicato che il medesimo avesse illegittimamente trattenuto la somma consegnatagli dal Macaluso.
In ordine all'incolpazione per l'attività professionale svolta contro l'ex cliente F, evidenziava la rilevanza ai fini disciplinari dell'accertamento effettuato in sede penale, non contrastato

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