Cass. pen., sez. IV, sentenza 30/05/2018, n. 24378
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to la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: V S nato il 15/03/1982 a URBINO avverso la sentenza del 23/04/2015 della CORTE APPELLO di ANCONAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere V P Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore S T che ha concluso per l'inammissibilitar del ricorso. In difesa di V S è presente l'avvocato B D, del foro di PESARO, che si riporta ai motivi di ricorso. I' 1, RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Appello di Ancona, pronunciando nei confronti dell'odierno ri- corrente S V, con sentenza del 23/4/2015 confermava la sentenza emessa in data 28/3/2012 dal Tribunale di Pesaro che lo aveva condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione, con sospensione della patente di guida per due anni, per il reato: a) previsto e punito dagli artt. 589, comma 2 cod. pen. perché verso le ore 15,40 del 09.10.2008, in Serra Santo 'Abbondio, alla guida dell'autocarro Iveco Daily Tg. DJ063D3, per imprudenza, negligenza, imperizia ed inosservanza delle norme sulla circolazione stradale, in particolare omettendo di cedere la precedenza al veicolo antagonista, in violazione del disposto dell'art. 154 co. 3 lett. C) cod. strad. collideva con il ciclomotore Aprilia SP tg. X3GRBK condotto dal MEZZAPESA LUCA che decedeva in data 10.10.2008 a seguito delle gravissime lesioni riportate nel sinistro sopra descritto. In particolare, il ciclomotore Aprilia SR di colore nero, targato X3GRBK condotto da MEZZAPESA LUCA avanzava con direzione Frontone- Serra Sant 'Abbondio sulla giusta corsia di destra;giunto nei pressi della progres- siva km. 11+000 della S.P. 42, nel percorrere un falsopiano, collideva con l'auto- carro Iveco Daily di colore bianco, targato D3063D3, condotto da VINI SI- MONE, il quale, provenendo da un fratturo interpoderale che si innesta sulla pro- vinciale con angolo retto ed effettuando una manovra di retromarcia finalizzata all'immissione nel flusso veicolare, invadeva la corsia di marcia del MEZZAPESA, così omettendo di dare la precedenza al veicolo circolante sulla strada principale. Nell'impatto il ciclomotorista finiva per schiantarsi con il capo contro la sponda ribaltabile posteriore, riportando lesioni che si sarebbero rivelate mortali. In Serra Sant'Abbondio, in data 9.10.2008, decesso avvenuto in Ancona il 10.10.2008. Oltre che per la: b) violazione amministrativa di cui all'art. 154 co. 3 lett. C) cod. strad. perché nelle circostanze di tempo e di luogo di cui al capo che precede, effettuando una manovra di retromarcia, ometteva di dare la precedenza al veicolo in marcia nor- male. In Serra Sant 'Abbondio, in data 09.10.2008." 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il V, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. Con un primo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 154 co. 3 CDS e degli artt. 589 co. 2 cod. pen. e 192 cod. proc. pen. nonché vizio motivazionale in punto di affermata responsabilità per avere la Corte Trritoriale omesso qualsiasi valutazione critica delle doglianze espresse in atto di appello , ed essersi sostan- zialmente limitata a parafrasare la sentenza di primo grado. Si rappresenta in ricorso che l'art. 154 imponeva al V di assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti, loro concedendo la precedenza, e si sostiene che a tanto in realtà si attenne il V se è vero - come è vero per quanto sopra argomentato - che egli si arrestò dopo aver impegnato la strada per soli m. 1,20, non appena il M apparse sul suo campo di visibilità, e cioè 80 metri prima del punto d'urto, o comunque prima dei 30 metri ove iniziava "l'angolo buio" riferito dall'ing. F. Ciò significa, secondo la tesi sostenuta in ricorso, che il V stava ese- guendo quella manovra con tutte le cautele del caso, che evitò di creare pericoli ed intralci e che, arrestandosi, concesse la precedenza al M, il cui com- portamento costituì la causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'e- vento. Il ricorrente afferma che, diversamente da quanto sostiene la Corte territo- riale a pag. 8 del provvedimento impugnato, le deduzioni formulate dalla difesa in appello erano tutte ampiamente argomentate ed agganciate a riferimenti probatori espressamente indicati. In particolare, ricorda che si era sostenuto: 1. che lo scoo- terista M, imboccando il rettilineo che conduceva al punto dell'incidente aveva un campo di visibilità di 100 metri prima del tratturo sul quale insisteva fermo l'autocarro condotto dall'imputato;questi aveva invece un campo di visibi- lità di 80 metri verso la provenienza dello scooterista;lo hanno affermato il Cara- biniere L (trascrizione pag. 14), l'ing. F C.T. della parte civile (tra- scrizione pagg. 19-20-21), l'ing. B C.T. dell'imputato (sua relazione in atti, pag. 5);2. che il punto d'uro era individuato a m. 1,20 dal margine destro della strada ed interessava la parte posteriore del cassone (tanto è riferito anche dal C.T. della parte civile, ing. F (pag. 2 della trascrizione);3. che a sinistra del punto d'urto lo scooterista aveva strada libera da traffico per m.3 più m. 1,80 (lo hanno affermato il Carabiniere L -pag. 14- e la teste oculare A - pag. 15-;4. che il ragazzo procedeva alla velocità di Km/h 65, e cioè Km/h 20 più di quanto consente l'art. 52/1 lett. b) CDS, e tanto risulta dalla fotografia a pag. 26 della perizia ing. F, C.T. della parte civile;5. che al momento dell'urto l'autocarro era fermo sulla corsia occupandone una porzione di m. 1,20 (tanto ha affermato l'unica teste oculare A a pagg. 6, 7, 11, 12 e 13 e tanto ha di fatto affermato anche l'ing. F che nella sua deposizione ha formulato la sola ipotesi di un urto infetto all'autocarro fermo -relazione F, pag. 2);6. che la prova che al momento dell'urto l'autocarro era fermo è desumibile, oltre che dalle dichiarazioni dell'unica testimone oculare, anche dal dato che, come s rileva agevolmente dall'esame delle fotografie scattate dai Carabinieri e presenti in atti, l'inizio della traccia di strisciamento lasciata dallo scooter sull'asfalto è esat- tamente sulla perpendicolare della parte terminale del cassone del furgone. Rileva, dunque, il ricorrente che, se l'autocarro fosse stato in movimento re- trogrado, seppur lento, al momento dell'urto, inevitabilmente esso avrebbe per- corso dopo l'urto almeno qualche altra decina di centimetri perché nulla si arresta di colpo. Il cassone dell'autocarro avrebbe così superato e sovrastato l'inizio della traccia di strisciamento che sarebbe stata trovata sotto l'autocarro non già sulla perpendicolare della sponda del cassone (e si ricorda in ricorso che la teste An- dreoli ha riferito che l'autocarro non fu mosso). Ciò significherebbe inequivocabil- mente e definitivamente che l'autocarro era fermo al momento dell'impatto. Il ricorrente ribadisce che l'esperto della p.c. aveva affermato che l'imputato non aveva la possibilità di vedere il M negli ultimi 30 metri prima dell'urto perché quello spazio era coperto dalla "zona buia" (pag. 21-26). E sostiene che tale allegazione rafforzerebbe la tesi difensiva. Infatti, se al momento della immis- sione dell'autocarro nella S.P. il M si trovava nel tratto di strada di m. 30 coperto dal c.d. "angolo buio" e dunque era invisibile al V, come afferma il C.T. della parte civile, questi si era evidentemente arrestato prima di quella di- stanza posto che l'autocarro fu colpito quando era fermo come ha affermato ripe- tutamente la teste oculare A. Ciò proverebbe che il V aveva iniziato la manovra di immissione quando ancora il M non era apparso dalla curva, che il V si arrestò quando aveva impegnato la strada per m. 1,20 quando vide il giovane scooterista, uscito dalla curva e tanto fece, per consentirgli di passare in sicurezza, ciò essendo possibile dal momento che, come emerge dalle dichiarazioni di tutti, la intera strada non era occupata in quel frangente da altri veicoli. Il difensore ricorrente ricorda di avere sostenuto in appello che lo scooterista aveva tutta la possibilità di passare a sinistra dell'autocarro fermo ovvero di age- volmente arrestare la marcia almeno 2 volte e mezzo nello spazio di quei m. 30. Infatti, alla velocità di Km/h 42 riferita dall'ing. F, C.T. della p.c., il Mez- zapesa poteva arrestarsi nello spazio di 8-10 metri (pag. 28), mentre secondo l'ing. B, alla velocità di Km/h 47 il giovane poteva arrestare nello spazio di m. 12,40 (relaz. pag. 9). Queste - secondo la tesi sostenuta in ricorso- sono le emergenze istruttorie, non interpretabili in termini difformi, tutte saldamente ag- ganciate a testimonianze e documenti, contrariamente a quanto sostiene la Corte Trritoriale, che le ha ritenute non pertinenti, in palese violazione dell'art. 192 cod. proc. pen., con un'affermazione che ad avviso del ricorrente appare mera- mente di stile, comunque incongrua e contraddittoria. Tutte le circostanze sopra riesposte proverebbero che l'autocarro aveva in- gombrato solo m. 1,20 della strada che era libera per altri m. 4,80, che l'imputato I si era lì fermato quando vide sopraggiungere lo scooterista alla distanza di m. 80 e comunque alla distanza non inferiore a m. 30, che lo scooterista procedeva alla velocità di Km/h 65 superando di ben 20 Km/h il limite di legge di Km/h 45 che, ove rispettato, avrebbe consentito ampiamente l'arresto del mezzo a due ruote. Affermare che tali circostanze non sono pertinenti alla ratio decidendi sarebbe pa- lesemente contraddittorio ed illogico perché esse sono tali da escludere il nesso di causalità tra il fatto dell'imputato e l'evento. In ricorso si rileva che la Corte di Appello afferma a pag. 8 e seguenti della sentenza che anche se dimostrata la circostanza dell'eccesso di velocità dello scoo- terista ed il fatto che l'autocarro fosse fermo, non verrebbe certamente meno la penale responsabilità dell'imputato a motivo della condotta gravemente colposa posta in essere. Afferma la Corte, ad avviso del ricorrente parafrasando acritica- mente la decisione del tribunale, che la manovra eseguita dall'imputato fu la causa esclusiva dell'incidente mortale perché estremamente pericolosa. Evoca la sen- tenza 12117/89 di questa Corte secondo la quale "la manovra di retromarcia va "eseguita con estrema cautela, lentamente e con il completo controllo dello "spazio retrostante, in condizione di assoluta sicurezza, quando cioè sussista la "certezza matematica di completa assenza di pericolo" e la più recente Sez. 4 n. 35824/2013 secondo cui la manovra di retromarcia va eseguita ricorrendo, se del caso, alla collaborazione di terzi che, da terra, lo aiutino per consentirgli di fare retromarcia senza alcun pericolo per gli altri utenti della strada e ove, per la particolarità del caso, ogni misura prudenziale dovesse risultare insufficiente, oppure non adotta- bile, al conducente si impone l'obbligo di rinunciare alla manovra, piuttosto che porre a repentagli l'incolumità di terzi (Sez. 4, 15/03/1989 n. 6246), soprattutto quando sia possibile evitare la retromarcia, effettuando una agevole manovra al- ternativa tale da consentire una corretta immissione nel flusso della circolazione. Il ricorrente ricorda che il giudice del gravame del merito, con riferimento al caso in esame, afferma la Corte essere pienamente condivisibile la motivazione del primo giudice (cfr. pagg. 6-7), secondo cui è acclarato che la manovra di re- tromarcia si presentava alquanto pericolosa, poiché V doveva immettersi su una strada provinciale extraurbana, impegnando almeno una carreggiata per un periodo di tempo non esiguo. E la Corte territoriale rileva che ciò vale tanto più se, come sostiene il CT della difesa, la visibilità era scarsa perché ostacolata dalla vegetazione e dalla struttura metallica della cabina dell'autocarro (il richiamo è alle dichiarazioni del CT Stefano B ud. del 12 dicembre 2011). Il difensore del V eccepisce, tuttavia, che in realtà il CT ing. B non ha detto ciò, bensì: "... si può affermare che il mezzo era visibile da circa cento metri di distanza da parte del conducente del ciclomotore, mentre stando all'interno della cabina dell'autocarro, la visibilità sulla strada provinciale, andava da un settanta metri, perché dopo c'era della vegetazione che in qualche modo limitava, fino a "arrivare a circa trenta metri dal punto che è stato indicato come punto "d'urto..." (trascri- zione, pag. 18). Secondo la Corte territoriale, che riporta le dichiarazioni del CT della parte civile Ing. F, il V disponeva di una comoda manovra alternativa, in quanto: "cinque metri più avanti c'era un grande piazzale in terra battuta in cui fare comodamente una manovra di inversione e entrare a marcia avanti e non in retromarcia". Ma per il ricorrente tale affermazione non sarebbe vera in quanto smentita dall'ing. B, consulente della difesa, che ha dignità almeno pari a quella dell'ing. F. La affermazione dell'ing. F, ripresa dal Tribunale e dalla Corte di Ap- pello, sarebbe altresì smentita dall'oggettività della fotografia n. 3 scattata dai Carabinieri (in atti) dalla quale è facile vedere un tratturo molto stretto compreso tra campi coltivati a sinistra e a destra, nonché da un fosso a sinistra. La fotografia mostra l'eliambulanza ed un tratto di tratturo avanti all'autocarro fermo ed un altro tratto dopo l'elicottero entrambi ben più lunghi di m. 5 riferiti dal primo Giudice. L'affermazione dell'ing. F sarebbe di fatto smentita anche dalle dichia- razioni rese dal Maresciallo L: "a malapena c'entrava il furgone"(pag. 16), che non fa cenno ad alcun piazzale che del resto non v'è alla stregua di quanto si vede in fotografia n. 3 e di quanto ha riferito l'ing. B. La Corte territoriale, in definitiva, enuncerebbe l'ipotesi di responsabilità de- rivante esclusivamente dal fatto che l'incidente si verificava perché l'imputato ese- guì una manovra di retromarcia che è "intrinsecamente una manovra pericolosa". Ma la dedotta pericolosità intrinseca della manovra di retromarcia non po- trebbe essere la causa del sinistro perché l'urto si verificò tra lo scooter che pro- cedeva alla velocità di Km/h 65 e l'autocarro fermo già da quando il V vide apparire il giovane M alla distanza di 80 metri. Si sostiene, pertanto, che l'ingombro dell'autocarro nella strada per m. 1,20 non fu la causa dell'evento perché lo scooterista aveva ben m. 4,80 di carreggiata libera da utilizzare e marciando alla velocità consentita di Km/h 45, alla distanza di m. 30 dal punto d'urto, egli avrebbe avuto la possibilità di arrestare il mezzo non una ma due volte, come ha riferito il CT della parte civile ing. F (pag. 28). Per il ricorrente quell'ingombro non sarebbe la causa del sinistro perché posto in essere in retromarcia, perché se il V avesse iniziato la manovra di im- missione sulla S.P. a marcia in avanti come vogliono il Tribunale e la Corte di Appello, vedendo arrivare lo scooter egli si sarebbe fermato dopo averne occupata una porzione di m. 1,20 e sarebbe stato urtato dallo scooterista non già sul retro, ma sul fronte perché il ragazzo era distratto. Sarebbe, dunque, contraddittorio e manifestamente illogico affermare che la responsabilità del V risiede nella manovra di retromarcia perché giunto sulla strada e visto lo scooterista alla distanza di m. 80, egli si fermò lasciando (1,80 + 3) = m. 4,80 di carreggiata libera e sufficiente al transito non solo di uno scooter, ma anche di un autobus. La Corte territoriale - si lamenta- mette in dubbio tale circostanza e afferma di trarre il suo convincimento dalle dichiarazioni rese in dibattimento dalla teste oculare A Gladys. Le dichiarazioni della teste - che il ricorrente riporta in ricorso- sono invece univocamente significative del fatto che l'autocarro era fermo quando lei lo vide ed era fermo anche quando fu urtato dallo scooterista. Donde ancora una volta la violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. e la contraddittorietà e la manifesta illogi- cità della motivazione resa dai primi due giudici. L'immissione in retromarcia -sostiene il ricorrente- non è evidentemente di per sé sufficiente a costituire la causa dell'evento. Altro sarebbe stato se il V avesse iniziato e proseguito la immissione in retromarcia fino ad andare lui ad impattare il sopraggiungente scooterista impossibilitato a qualsiasi manovra di emergenza. Invece l'istruttoria militerebbe senza dubbio alcuno per il fatto che l'autocarro era fermo, occupava m. 1,20 della carreggiata e in quella statica posi- zione, veniva impattato, a velocità elevata dal giovane M che poteva ve- dere l'autocarro fermo come minimo m. 30 prima, che poteva arrestarsi nello spa- zio di m. 8-10, che aveva a disposizione più di metà della sua corsia e l'intera corsia opposta e che tuttavia:
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