Cass. pen., sez. II, sentenza 20/05/2019, n. 22015

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 20/05/2019, n. 22015
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22015
Data del deposito : 20 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RICUCCI STEFANO nato a ROMA il 11/10/1962 avverso l'ordinanza del 27/11/2018 del Tribunale di Roma sentita la relazione svolta dal Consigliere S D P;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale D S che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
Sentito l'Avv. M B che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Roma, con ordinanza in data 27/11/2018, decidendo in sede di rinvio all'esito dell'annullamento da parte della Corte di cassazione, riformava l'ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Roma del 20/2/2018, che aveva applicato a R S la misura della custodia in carcere, ,91 relativamente al delitto di cui all'art. 319 ter cod. pen., sostituendo l'originaria misura con quella degli arresti domiciliari. La contestazione oggetto dell'ordinanza riguardava la corruzione di un giudice componente della Commissione tributaria regionale di Roma, chiamata a decidere il ricorso in grado di appello in cui era interessata una società riconducibile al R, per il riconoscimento di un credito di imposta di importo notevolissimo.

2. La Corte di cassazione, con sentenza in data 12/9/2018, aveva annullato la precedente ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, limitatamente al profilo dell'affermata adeguatezza della misura della custodia in carcere applicata. La Corte aveva ritenuto che l'apparato motivazionale dell'ordinanza fosse immune da vizi, quanto alla verifica della sussistenza di esigenze cautelari (desunte dalla "obiettiva e allarmante gravità dei fatti", dal ruolo assunto dal R nella predisposizione della condotte volte a corrompere il giudice tributario, dalla reiterazione di condotte già accertate in sede giudiziaria), ritenute concrete e attuali per la pendenza della controversia tributaria e per la spiccata propensione del R nel porre in esser iniziative illecite dirette ad alterare il funzionamento del sistema giudiziario. In relazione al profilo della scelta della misura, invece, il Tribunale aveva tralasciato di valutare una circostanza significativa, costituita dal periodo di restrizione della libertà, sofferto dall'indagato dopo la commissione dei fatti, per un considerevole arco di tempo (undici mesi in custodia cautelare e sette mesi di assoggettamento all'obbligo di firma, senza che fossero emerse violazioni o rilievi di alcun genere nei suoi confronti). Per questa ragione, la Corte demandava al giudice di rinvio la valutazione di quell'elemento affinché fosse rinnovato il giudizio sulla scelta della misura adeguata alla gravità dei fatti e allo scopo di tutela delle esigenze.

3. Con il provvedimento oggetto dell'odierno ricorso, il Tribunale ha considerato il dato indicato dalla Corte di legittimità, ritenendo che il periodo di detenzione avesse influito sulla capacità dell'indagato di riallacciare i rapporti con funzionari pubblici deputati allo svolgimento di funzioni giudiziarie, rapporti che necessitavano di contatti personali e frequentazioni ed erano stati interrotti e resi, quindi, meno stabili dalla sottoposizione al regime cautelare;
conseguentemente, ha ritenuto attenuato il pericolo di reiterazione, che poteva essere contenuto in modo adeguato applicando la misura degli arresti domiciliari.

4.1. Propone ricorso per cassazione la difesa del R deducendo, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge, in relazione agli artt. 274, 275 e 311 cod. proc. pen. e carenza di motivazione, ai sensi dell'art. 606, lett. B) e E) cod. proc. pen.;
la difesa, nel corso dell'udienza svolta dinanzi al Tribunale del riesame, in sede di rinvio, aveva allegato e prodotto documentazione che attestava, mediante il Contenuto dei verbali "delle udienze dibattimentali già svolte e in particolare del verbale relativo all'esame della testimone A G (indicata dal ricorrente come principale fonte di accusa nei suoi confronti), come il quadro indiziario fosse mutato e, conseguentemente, anche quello cautelare dovesse esser riconsiderato alla luce di tali sopravvenienze;
il Tribunale aveva ritenuto che tali deduzioni fossero estranee all'oggetto del giudizio di rinvio, in quanto non pertinente alla rinnovata valutazione indicata nella pronuncia di annullamento. L'affermazione del Tribunale era in contrasto con il consolidato orientamento di legittimità che impone al Giudice, ove intervenga sui provvedimenti emessi in materia cautelare, la costante verifica dell'adeguatezza della misura applicata, verifica che deve essere operata anche in sede di giudizio di rinvio con riguardo alla sopravvenienza di nuovi elementi di fatto in grado di incidere sul quadro cautelare.
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