Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/03/2009, n. 6063

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Massime1

In base al combinato disposto degli artt. 183 e 189 del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 (t.u. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici), la notifica dell'avviso della trasmissione della sentenza all'ufficio del registro, ai sensi del terzo comma dell'art. 183 cit., è inidonea, ancorché accompagnata dalla trascrizione del dispositivo, a far decorrere il termine di trenta giorni previsto dall'art. 189 dello stesso r.d. per l'appello avverso le sentenze definitive dei tribunali delle acque pubbliche, decorrendo invece tale termine dalla notifica eseguita a norma del comma quarto dello stesso art. 183 dopo la registrazione della sentenza.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/03/2009, n. 6063
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6063
Data del deposito : 13 marzo 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f -
Dott. P E - Presidente di Sezione -
Dott. E A - Presidente di Sezione -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. F F M - Consigliere -
Dott. P P - Consigliere -
Dott. F F - rel. Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. L T M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 10925/2007 proposto da:
ENERGIA AMBIENTE S.P.A. (01212670390), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q.

VISCONTI

99, presso lo studio degli avvocati CONTE ERNESTO, CONTE ILARIA, che la rappresentano e difendono per procura a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
CONSORZIO DEI COMUNI DEL BACINO IMBRIFERO MONTANO DELL'ADDA DI SONDRIO (80000410144), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA

38, presso lo studio dell'avvocato P B, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato S F, per procura in calce al controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 46/2007 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 09/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2009 dal Consigliere Dott. FELICETTI FRANCESCO;

uditi gli avvocati

CONTE

Ernesto,

SAVANCO

Furio Alessandro;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

NARDI

Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano dell'Adda di Sondrio, con ricorso notificato il 13 aprile 2000, convenne dinanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Milano la s.p.a. Energia Ambiente, chiedendone la condanna al pagamento di L. 158.511.712, oltre interessi e rivalutazione, a titolo di canoni dovuti ai comuni rivieraschi in forza di concessioni per la derivazione di acque dai torrenti Bocco e Poschiavino. La convenuta eccepì l'insussistenza dell'obbligo di pagamento, per l'impossibilità sopravvenuta della prestazione, a causa del mancato rilascio della concessione a costruire le centrali idroelettriche alla costruzione delle quali le concessioni erano finalizzate. Essendo stata accolta, sebbene non per l'intero ammontare della somma richiesta, la domanda attorea da parte dell'adito Tribunale con sentenza depositata il 25 febbraio 2005, la s.p.a. Energia Ambiente propose appello avverso tale decisione, con atto notificato il 13 dicembre 2005. Tale appello è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sentenza n. 46 del 9 marzo 2006, per tardività dell'impugnazione, sotto il profilo che, "essendo stato l'estratto della sentenza del Tribunale Regionale notificato alle parti in data 15 aprile 2005 - 3 maggio 2005, l'appello doveva essere proposto, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 183 T.U., entro trenta giorni dall'avvenuta notifica del
menzionato estratto...", mentre esso veniva notificato al Consorzio soltanto in data 13 dicembre 2005.
La s.p.a. Energia Ambiente ricorre a questa Corte avverso tale sentenza, con ricorso notificato in data 11 aprile 2007 formulando due motivi. Il Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano dell'Adda di Sondrio resiste con controricorso notificato il 19 maggio 2007. Entrambe le parti hanno depositato memorie. La ricorrente ha anche depositato note di udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 Con il primo motivo si denuncia la violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 183 e 189. Si deduce in proposito che, per il
combinato disposto delle due norme, il termine per l'appello al Tribunale Superiore delle Acque decorre dal momento della notificazione del dispositivo, eseguita dal cancelliere entro cinque giorni dall'avviso dato alle parti perché provvedano alla registrazione delle sentenza.
L'art. 183, infatti, prevede che il deposito della sentenza venga comunicato alle parti in due riprese: una prima volta, ai sensi del terzo comma dell'articolo, mediante avviso con l'invito a procedere alla registrazione;
una seconda volta, ai sensi del comma successivo, dopo l'avvenuta registrazione, mediante la notificazione della copia integrale del dispositivo. Solo da tale seconda notificazione, secondo la ricorrente, decorrerebbe il termine per l'appello, come statuito da questa Corte con le sentenze delle sezioni unite 21 agosto 1990, n. 8534 e 18 marzo 1992, n. 335 ed analogamente, quanto al termine per proporre il ricorso per cassazione, con le sentenze 15 luglio 1999, n. 394 e 7 agosto 2001, n. 10892. Erroneamente, pertanto, il TSAP avrebbe fatto decorrere, nel caso di specie, il termine per l'appello dalla prima di tali notificazioni. In proposito si formula il quesito di diritto prescritto dall'art.366 bis c.p.c.. Col secondo motivo di ricorso, in via subordinata al mancato accoglimento del primo motivo, la ricorrente denuncia l'illegittimità costituzionale del R.D. n. 1775 del 1933, art. 183, (in relazione agli artt. 189 e 202 medesimo T.U. cit.), in relazione agli artt. 3 e 24 Cost.. Anche al riguardo si formula il quesito richiesto dall'art. 366 bis c.p.c.. 2 In via pregiudiziale va rigettata l'eccezione con la quale il controricorrente Consorzio chiede che venga dichiarata l'inammissibilità, a norma dell'art. 372 c.p.c., della produzione da parte della società ricorrente dell'estratto della sentenza del TRAP notificatole dalla cancelleria di quel tribunale. Trattasi, infatti, di documento già esistente nel fascicolo d'ufficio e, pertanto, privo del carattere di "novità" che ne esclude la produzione ai sensi dell'art. 372 c.p.c., (Cass. 23 novembre 2000, n. 15148). 3 Venendo all'esame del primo motivo esso è fondato.
Il R.D. n. 1775 del 1933, art. 189, dispone al comma 1 che "l'appello avverso le sentenze definitive dei tribunali delle acque pubbliche è proposto nel termine di trenta giorni dalla notificazione del dispositivo ai sensi dell'art. 183". L'art. 183 prevede al terzo comma che "il cancelliere annota in apposito registro il deposito (della sentenza) ed entro tre giorni da tale deposito trasmette la sentenza con gli atti all'ufficio del registro e ne da avviso alle parti perché provvedano alla registrazione". Il comma successivo dispone che "restituiti la sentenza e gli atti dall'ufficio del registro, il cancelliere entro cinque giorni ne esegue la notificazione alle parti, mediante consegna di copia integrale del dispositivo, nella forma stabilita per la notificazione degli atti di citazione".
Queste sezioni unite hanno statuito che la notifica dell'avviso della trasmissione della sentenza all'ufficio del registro, ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 183, comma 3, è inidonea, ancorché tale avviso contenga anche la trascrizione del dispositivo, a far decorrere il termine di trenta giorni previsto dall'art. 189 dello stesso R.D. per l'appello avverso le sentenze definitive del tribunale delle acque pubbliche, decorrendo invece tale termine dalla notifica eseguita a norma del comma 4 dello stesso art. 183 (Cass. sez. un., 18 marzo 1992, n. 3353;
21 agosto 1990, n. 8534
). Il medesimo principio è stato stabilito da questa Corte, in relazione all'analogo richiamo all'art. 183 posto dall'art. 202 di detto R.D., quanto alla decorrenza del termine breve per il ricorso per cassazione (Cass. sez. un., 23 maggio 2006, n. 12084;
27 giugno 2005, n. 13710;
7 agosto 2001, n. 10892;
15 luglio 1999, n. 394;
11 novembre 1992, n. 12150
). In mancanza di tale notifica il termine per l'impugnazione è quello annuale di cui all'art. 327 c.c. (Cass. 10 febbraio 1996, n. 1027). Tale interpretazione s'impone in relazione al chiaro disposto dell'art. 183, il quale prevede - come si è detto -due notificazioni da parte della cancelleria: la prima finalizzata alla registrazione della sentenza (il cancelliere "ne da avviso alle parti affinché provvedano alla registrazione"), che all'epoca in cui la norma fu emanata veniva trasmessa all'ufficio del registro in originale e non era accessibile alle parti prima della registrazione;
la seconda, successiva alla registrazione ed al ritorno della sentenza registrata presso la cancelleria, finalizzata al decorso del termine breve d'impugnazione una volta che le parti, potendo ottenere copia della sentenza, ne potevano avere piena conoscenza e, ove intendessero proporre impugnazione, essere in grado di apprestare compiutamente la propria difesa.
Il controricorrente ha dedotto al riguardo che il citato orientamento giurisprudenziale dovrebbe ritenersi superato in quanto, dopo la sentenza n. 522 del 1966 della Corte costituzionale, le parti hanno diritto ad estrarre copia della sentenza, ai fini dell'impugnazione, anche prima della sua registrazione.
In proposito va peraltro ritenuto che, nonostante il mutato quadro ordinamentale posto in evidenza dal controricorrente, non sussistono i presupposti per una diversa interpretazione della normativa in esame.
Va premesso al riguardo che le norme processuali, come quella in oggetto, prevedono termini di decadenza, ai fini della proposizione delle impugnazioni, con finalità diretta ad accelerare la conclusione del processo e la formazione del giudicato. In proposito queste sezioni unite (Cass. Sez. un., 23 dicembre 2008, n. 30054) hanno di recente affermato che il principio costituzionale della giusta durata del processo, sancito dall'art. 111 Cost., - che può essere attuato mediante la previsione di termini processuali di decadenza - va sempre coordinato, dal legislatore come dall'interprete, con la garanzia costituzionale del diritto di difesa, che deve trovare effettiva attuazione perché si realizzi, nella ragionevole durata, il "giusto processo" garantito dallo stesso art. 111
In tale ottica è stato affermato che, "quando il legislatore statuisce che un termine processuale di decadenza decorra dal verificarsi di un determinato atto o fatto, l'interprete non può sostituirne la decorrenza con altro fatto o atto diverso.....senza compromettere l'esatta osservanza del criterio interpretativo stabilito dall'art. 12 disp. gen., in connessione con il principio costituzionale di effettività del diritto di difesa, il quale ammette che tale diritto possa essere sottoposto a termini di decadenza, ma impone, affinché non ne risulti svuotato, non solo che essi siano congrui nella durata, ma anche rapportati - "quanto al dies a quo - ad un fatto o atto specifico, predeterminato dalla legge, che il soggetto onerato, a quel momento, conosce o, secondo legge, avrebbe dovuto conoscere".
Ne deriva che, stabilito dal combinato disposto del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 189 e 183, (come in effetti è stato) che il termine per
proporre l'appello decorre dalla seconda notificazione prevista dall'art. 183, una volta mutato il quadro ordinamentale che aveva determinato tale statuizione - effettivamente costituito dalla circostanza che, all'epoca in cui la normativa fu emanata non era possibile ottenere copia della sentenza non ancora registrata a fini impugnatori - è compito del legislatore intervenire mutando, per il futuro, il regime di decorrenza del termine. Ma, in assenza di un intervento legislativo in tal senso, non è consentito all'interprete, senza invadere, per un verso, il campo riservato al potere legislativo e, per altro verso, senza violare il diritto di difesa delle parti, ritenere mutato il termine iniziale di decorrenza del termine d'impugnazione.
Deve conseguentemente riaffermarsi che, a norma del combinato disposto del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 189 e 183, la notifica dell'avviso della trasmissione della sentenza all'ufficio del registro, ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 183, comma 3, è inidonea, ancorché accompagnata dalla trascrizione del
dispositivo, a far decorrere il termine di trenta giorni previsto dall'art. 189 dello stesso r.d. per l'appello avverso le sentenze definitive del tribunale delle acque pubbliche, decorrendo invece tale termine dalla notifica eseguita a norma del comma 4 dello stesso art. 183, dopo l'avvenuta registrazione della sentenza. Nel caso di specie, secondo quanto risulta dal fascicolo d'ufficio, l'avviso, notificato alle parti il 15 aprile ed il 3 maggio 2005, al quale fa riferimento la sentenza impugnata ritenendo che da esso decorresse il termine per l'impugnazione, è l'avviso di cui dell'art. 183, comma 3, come è dimostrato dall'invito, in esso contenuto, a provvedere alla registrazione della sentenza e dalla circostanza, riconosciuta dallo stesso controricorrente in memoria, che la sentenza è stata registrata solo in data 3 dicembre 2007, di gran lunga successivamente alla notifica dell'avviso in questione all'odierna ricorrente ed alla stessa proposizione del ricorso al TSAP.
Ne deriva che il primo motivo del ricorso va accolto, con assorbimento del secondo, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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