Cass. civ., sez. V trib., sentenza 18/12/2019, n. 33588

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 18/12/2019, n. 33588
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 33588
Data del deposito : 18 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Svolgimento del processo



1. C. Finanziaria S.p.A., in amministrazione straordinaria, ha impugnato la cartella n. (OMISSIS) con cui l'Agenzia delle entrate ha chiesto il pagamento, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, di somme iscritte a ruolo per omessi versamenti di imposte Iva, IRES, addizionale regionale e ritenute alla fonte, dovute per gli anni 2002 e 2003. Pur riconoscendo il mancato versamento dei tributi, la società ha contestato l'applicazione delle sanzioni e degli interessi, adducendo di essere stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria - di cui al D.Lgs. n. 270 del 1999 - con decorrenza del 7 agosto 2003 e che i commissari liquidatori erano impossibilitati ad effettuare versamenti per mancanza di liquidità e della autorizzazione da parte del giudice delegato.



2. La Commissione tributaria provinciale di Roma ha accolto parzialmente il ricorso della società, annullando le sanzioni e gli interessi relativi alle omissioni successive al 7 agosto 2003.



3. La Commissione regionale del Lazio ha rigettato l'impugnazione proposta dall'Agenzia delle entrate, osservando che: a) la dichiarazione di insolvenza, emessa ai sensi della L. n. 270 del 1999, produceva gli stessi effetti della sentenza di fallimento, per cui, in applicazione dell'art. 55 L. fall., il corso degli interessi convenzionali o legali era sospeso alla data della dichiarazione di fallimento;
b) i commissari straordinari si erano trovati nell'impossibilità di far fronte ai debiti fiscali.



3. L'Agenzia delle entrate propone ricorso avverso la sentenza, per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi. La società resiste con controricorso, eccependo l'inammissibilità del ricorso. Nel merito ribadisce la non spettanza degli interessi e delle sanzioni.

Motivi della decisione



1. Esaminando preliminarmente l'eccepito difetto di interesse ad agire, sollevato dalla resistente sul presupposto che l'Agenzia si sarebbe dovuta inserire nel passivo fallimentare anzichè azionare il credito mediante esecuzione esattoriale, esso è destituito di fondamento. Non v'è dubbio che l'Agenzia sia legittimata ad adire il giudice tributario per accertare la sussistenza di un tributo, rientrante specificamente nella giurisdizione tributaria, al fine della successiva insinuazione nello stato passivo dell'Amministrazione Straordinaria. Sotto questo profilo non può essere negato l'interesse ad agire dell'Agenzia ex art. 100 c.p.c.. Va, inoltre, osservato che l'eccezione facente leva sulla omessa insinuazione dell'Amministrazione finanziaria al passivo fallimentare non risulta essere stata proposta nel ricorso di primo grado, come si ricava dal testo riportato alle pagg.

3-6 del controricorso;
esiste comunque un difetto autoimplicazione ne punto.



2. Con il primo motivo, l'Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1942, artt. 55 e 54, del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 50, comma 1 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Si sostiene che il giudice di appello avrebbe errato nell'applicazione dell'art. 55 L. fall., non avendo considerato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 162 del 28 maggio 2001, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 54, comma 3, di quella legge laddove non richiamava "ai fini dell'estensione del diritto di prelazione agli interessi, l'art. 2749 c.c.". In conseguenza, la natura privilegiata del crediti d'imposta non sospendeva la decorrenza degli interessi dovuti per il ritardo del versamento dell'imposta.

Il motivo è fondato.

La CTR

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