Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/03/2013, n. 5943
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Le fattispecie di illecito disciplinare previste, rispettivamente, dalle lettere a) e g) dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 - che sanzionano, l'una, la violazione dei doveri di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio e rispetto della dignità della persona che arrechi ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti, e l'altra la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile - non sono tra loro in rapporto di specialità, potendo sussistere tanto gravi violazioni di legge determinate da ignoranza o negligenza inescusabile che non arrecano danno ingiusto o indebito vantaggio ad una delle parti, ma che comunque compromettono il bene giuridico (l'immagine del magistrato) a tutela del quale è diretta la previsione di ogni illecito disciplinare di cui al d.lgs. n. 109 del 2006, quanto, simmetricamente, violazioni dei doveri imposti al magistrato che non si traducono in gravi violazioni di legge determinate da ignoranza o negligenza inescusabile ed arrecano, tuttavia, ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti. Ne consegue che, quando un'unica condotta del magistrato ricada nella sfera di applicazione di entrambe le norme, ricorre un'ipotesi di concorso formale di illeciti disciplinari, tutti astrattamente sanzionabili.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Primo Presidente f.f. -
Dott. T R M - Presidente di sez. -
Dott. R R - Presidente di sez. -
Dott. P L - Consigliere -
Dott. C A - rel. Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. I A - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24136/2012 proposto da:
S.I.A. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CICERONE 60, presso lo studio 77 dell'avvocato M E, che lo rappresenta e difende, per delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
- intimati -
sul ricorso 24139/2012 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente -
contro
S.I.A. , PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA
PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, GR.V. ;
- intimati -
avverso la sentenza n. 101/2012 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 13/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/02/2013 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;
uditi gli avvocato Maria Vittoria LUMETTI dell'Avvocatura Generale dello Stato, Enzo MUSCO;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. I consiglieri della Corte d'appello di Catania, S.I.A. e R.V..G , sono stati componenti del collegio
giudicante in due procedimenti, riuniti in grado di appello, a carico di S..M. (n. 663/05) e di M.S. e A..M. (n. 842/04). Il primo aveva rivestito il ruolo di presidente e, nel processo a carico di M.A. , altresì relatore ed estensore;
e il secondo quello di giudice a latere e, nel processo a carico di A..M. altresì relatore fino all'udienza del 4 maggio 2005, in cui fu emessa ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare, peraltro secondo il capo d'incolpazione a quella data già scaduti.
2. I due magistrati sono stati incolpati degli illeciti disciplinari di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. a) e g) per aver omesso di esercitare il dovuto controllo sul termine di durata massima della custodia cautelare di quegli imputati. Secondo il capo d'incolpazione, essi non si avvedevano della scadenza dei termini incorrendo nel ritardo, nell'adozione del provvedimento di cessazione di efficacia delle misure cautelari, di anni 1, mesi 11 e giorni 3 per S..M. , e di giorni
sessantadue per A..M. .
3. Sulle incolpazioni la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura s'è pronunciato con sentenza in data 13 luglio 2012. Entrambi gli incolpati sono stati assolti dall'illecito previsto dagli art. 1 e art. 2, comma 1, lett. a), perché assorbito dall'illecito previsto dello stesso D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1 e art. 2, lett. g) essendosi ritenuto che la previsione dell'effetto dannoso, come elemento della fattispecie di cui alla lett. a), non comporti il concorso tra i due illeciti, non trattandosi di un effetto atipico e ulteriore rispetto a quello normalmente conseguente alla violazione di legge.
Entrambi gli incolpati sono stati assolti dall'illecito previsto dall'art. 1 e dall'art. 2, comma 1, lett. g), riguardo alla posizione giuridica di S..M. , per irrilevanza del fatto D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, ex art. 3 bis perché l'imputato era detenuto
all'ergastolo per altro reato, e si è ritenuto che la mancata valutazione dell'intervenuta scadenza del termine massimo non avesse comportato alcun effetto negativo ne' in relazione allo status libertatis, ne' in relazione alle possibili differenze di trattamento nella detenzione tra l'ipotesi della custodia cautelare e dell'espiazione della pena.
Con riguardo invece alla posizione giuridica di M.A. , il ritardo contestato nell'emissione del decreto di scarcerazione è stato ridotto a 22 giorni, e al dottor S. è stata applicata la sanzione dell'ammonizione, mentre il dottor G è stato assolto per irrilevanza del fatto a norma del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis in considerazione del fatto che era solo componente del
collegio, e non aveva avuto la materiale disponibilità degli atti processuali.
4. Contro questa sentenza ricorre il dottor S. con due mezzi d'impugnazione.
Ricorre altresì il Ministero della Giustizia per tre motivi. RAGIONI DELLA DECISIONE
5. I due ricorsi, proposti contro la medesima sentenza, devono essere riuniti. Per ragioni logiche, i motivi del ricorso del Ministero, che hanno un ambito più esteso, saranno esposti con precedenza. 6. Il ministero propone tre mezzi d'impugnazione della sentenza disciplinare.
6.1. Con il primo, concernente l'incolpazione del dottor S. come presidente, relatore ed estensore, e del dottor G quale giudice a latere (ma in occasione dell'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare in data 4 maggio 2005 anche relatore), per il ritardo di oltre un anno e undici mesi nell'emissione del provvedimento di scarcerazione di S..M. , si censura l'assoluzione degli incolpati motivata con la scarsa rilevanza del fatto, a norma del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis. Si deduce che:
- la violazione delle norme che disciplinano i termini di durata massima delle misure coercitive personali, incidendo direttamente sul diritto inviolabile alla libertà personale, sussiste anche con riguardo alle ipotesi di scarcerazioni meramente formali, non potendo il magistrato confidare sull'eventuale coesistenza di altri titoli detentivi potenzialmente destinati, con il tempo, a venir meno per le più svariate ragioni;
- il giudizio di scarsa rilevanza della condotta addebitata agli incolpati e accertata nei suoi estremi oggettivi, è stato motivato con la sola affermazione che la condotta medesima non aveva comportato alcun effetto negativo ne' in relazione allo status libertatis, ne' in relazione alle possibili differenze di trattamento nella detenzione tra l'ipotesi della custodia cautelare e dell'espiazione della pena;
- la motivazione in parola non è conforme al criterio indicato da questa corte, non essendo state esplicitate le ragioni dell'insussistenza della lesione dell'immagine del magistrato, ne' l'entità e la consistenza del ritardo, ne' valutata la circostanza che in entrambe le occasioni (ordinanza 4 Maggio 2005, sentenza 24 novembre 2006) il collegio penale aveva emesso ordinanze di sospensione di termini di custodia già scaduti.
6.2. Con il secondo motivo, si censura la decisione sull'incolpazione del dottor S. per la tardiva scarcerazione di M.A. ,
con la riduzione del ritardo, contestato in giorni sessantadue, a giorni ventidue, e con la conseguente commisurazione della sanzione a tale più lieve fattispecie. A tale riduzione il giudice disciplinare era pervenuto supponendo che il termine massimo di custodia cautelare nel giudizio di appello, di un anno e sei mesi, decorresse dal 29 dicembre 2003, vale a dire dalla scadenza dei novanta giorni dalla sentenza di primo grado, conseguente alla sospensione disposta dal primo giudice ex art. 304 c.p.p. invece che dalla sentenza medesima, e affermando poi che la legge prevede come termine massimo comprensivo della sospensione un termine uguale a quello di fase, decorrente dalla data della sospensione. Si deduce che, a norma del combinato disposto dell'art. 303 c.p.p., comma 1, lett. c), n. 3 e art. 304 c.p.p., comma 6, il termine massimo di fase decorre invece dalla sentenza di primo grado, come del resto aveva riconosciuto lo stesso collegio giudicante nell'ordinanza di scarcerazione del 29 novembre 2006;e che nella fattispecie il termine medesimo, comprensivo della somma di tutte le sospensioni, era di tre anni dalla sentenza di primo grado (come pure riconosciuto nella già menzionata ordinanza).
Il ministero sostiene pertanto che, per l'erroneità della motivazione sul punto, la pena irrogata al dottor S. deve essere valutata nuovamente in relazione al periodo effettivo di detenzione ingiustificata di A..M. .