Cass. pen., sez. III, sentenza 09/06/2023, n. 24937
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da E N, nato in Nigeria il 01/01/1984 avverso l'ordinanza del 24/11/2022 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere A M A;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale E P, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del dl. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che il provvedimento impugnato sia annullato con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 24 novembre 2022, il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall'interessato avverso l'ordinanza del Gip del Tribunale di Rieti del 15 novembre 2022, con cui era stata applicata all'indagato la misura cautelare della custodia in carcere, per il reato di cui all'art. 73, del d.P.R. n. 309 del 1990. 2. Avverso l'ordinanza l'indagato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento.
2.1. Con un primo motivo di impugnazione, si censura il vizio di motivazione in relazione alla violazione della disposizione di cui all'art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen. La difesa afferma che l'esiguo quantitativo e la modesta qualità degli stupefacenti rinvenuti nella disponibilità dell'odierno ricorrente determinala riconducibilità del fatto nell'alveo della più lieve ipotesi prevista dall'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990;
pertanto, in via prognostica, la pena detentiva irrogabile non potrebbe essere superiore ai tre anni di reclusione. La motivazione resa dal Tribunale al fine di escludere la possibilità di ricondurre l'episodio in esame ai sensi del comma 5, dell'art. 73, del d.P.R. n. 309 del 1990, risulterebbe errata, poiché il dato relativo al numero di dosi medie singole ricavabili dalla sostanza sottoposta a sequestro non potrebbe fondare il giudizio di offensività richiesto ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui al comma 1, dell'art. 73, del d.P.R. n. 309 del 1990. A sostegno della tesi difensiva deporrebbe uno studio recentemente svolto dall'Ufficio per il Processo presso la Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui un numero prevalente di sentenze in tema di stupefacenti considererebbero fatto di lieve entità il possesso di eroina sino a 28,4 grammi e di hashish sino a 101,5 grammi. Nel caso in esame - secondo la difesa - la sostanza stupefacente rinvenuta nella disponibilità dell'imputato risulta essere pienamente compatibile con i parametri sopra richiamati, giacché lo stesso risultava detenere 24,68 grammi lordi di eroina e 2,59 grammi lordi di hashish. Risulterebbe, dunque, violata la disposizione di cui all'art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., che, esclude la custodia cautelare in carcere nel caso di applicazione di una pena di entità esigua e di potenziale assenza di pericolosità dell'imputato.
2.2. Con una seconda doglianza, si lamenta l'inosservanza dell'art. 275, comma 3-bis, cod. proc. pen. Secondo il
udita la relazione svolta dal consigliere A M A;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale E P, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del dl. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che il provvedimento impugnato sia annullato con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 24 novembre 2022, il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall'interessato avverso l'ordinanza del Gip del Tribunale di Rieti del 15 novembre 2022, con cui era stata applicata all'indagato la misura cautelare della custodia in carcere, per il reato di cui all'art. 73, del d.P.R. n. 309 del 1990. 2. Avverso l'ordinanza l'indagato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento.
2.1. Con un primo motivo di impugnazione, si censura il vizio di motivazione in relazione alla violazione della disposizione di cui all'art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen. La difesa afferma che l'esiguo quantitativo e la modesta qualità degli stupefacenti rinvenuti nella disponibilità dell'odierno ricorrente determinala riconducibilità del fatto nell'alveo della più lieve ipotesi prevista dall'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990;
pertanto, in via prognostica, la pena detentiva irrogabile non potrebbe essere superiore ai tre anni di reclusione. La motivazione resa dal Tribunale al fine di escludere la possibilità di ricondurre l'episodio in esame ai sensi del comma 5, dell'art. 73, del d.P.R. n. 309 del 1990, risulterebbe errata, poiché il dato relativo al numero di dosi medie singole ricavabili dalla sostanza sottoposta a sequestro non potrebbe fondare il giudizio di offensività richiesto ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui al comma 1, dell'art. 73, del d.P.R. n. 309 del 1990. A sostegno della tesi difensiva deporrebbe uno studio recentemente svolto dall'Ufficio per il Processo presso la Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui un numero prevalente di sentenze in tema di stupefacenti considererebbero fatto di lieve entità il possesso di eroina sino a 28,4 grammi e di hashish sino a 101,5 grammi. Nel caso in esame - secondo la difesa - la sostanza stupefacente rinvenuta nella disponibilità dell'imputato risulta essere pienamente compatibile con i parametri sopra richiamati, giacché lo stesso risultava detenere 24,68 grammi lordi di eroina e 2,59 grammi lordi di hashish. Risulterebbe, dunque, violata la disposizione di cui all'art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., che, esclude la custodia cautelare in carcere nel caso di applicazione di una pena di entità esigua e di potenziale assenza di pericolosità dell'imputato.
2.2. Con una seconda doglianza, si lamenta l'inosservanza dell'art. 275, comma 3-bis, cod. proc. pen. Secondo il
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