Cass. pen., sez. I, sentenza 17/12/2019, n. 50986

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 17/12/2019, n. 50986
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 50986
Data del deposito : 17 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SPAGNOLO GIUSEPPE nato a CROTONE il 24/09/1969 avverso l'ordinanza del 25/06/2019 del TRIB. LIBERTA di CATANZAROudita la relazione svolta dal Consigliere G D G;
let-t-eVsentite le conclusioni del PG

MARIO MARIA STEFANO PINELLI

Il PG conclude chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore L'avvocato V insiste per l'accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l'ordinanza in data 8/05/19 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, con cui è stata applicata a G S la misura della custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato in ordine al delitto di strage, aggravato ai sensi dell'art. 416.1 bis cod. pen., nonché ai delitti di detenzione e porto illegali di arma, in concorso con C M ed altri soggetti allo stato non identificati. Il fatto, per cui si procede, avveniva la sera del 5 agosto 2007, allorquando all'interno del ristorante Eko in Cirò Marina entrava un gruppo di fuoco, e due persone di tale gruppo, con il volto travisato, in particolare una indossante un casco integrale e l'altra una mascherina, si dirigevano verso l'affollata veranda, esplodendo più colpi di arma da fuoco, dei quali quattro raggiungevano V P, mentre questi era intento a cenare con propri familiari e amici, provocandone dopo poco il decesso, ed ulteriori colpi ferivano alcuni congiunti del suddetto e altri avventori. La vicenda si colloca nell'ambito delle indagini relative all'operatività della cosca Farao-M nei territori di Cirò Marina e limitrofi. L'ordinanza in esame, dopo un ampio excursus sul contesto associativo mafioso in cui risulta maturata l'azione delittuosa ed in particolare sul "locale" di Cirò e sulla suddetta cosca facente di esso parte, nonché sui rapporti tra quest'ultima, capeggiata da Giuseppe Farao e C M, ed altre cosche 'ndranghetiste, infine sulle dinamiche di potere interne a detta consorteria, passa alla disamina dell'omicidio di V P, concludendo, in sintonia col primo Giudice, per la sussistenza nei confronti dell'odierno indagato di gravi indizi di colpevolezza.

2. Avverso la suddetta ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, G S, lamentando violazione degli artt. 273 e 192, commi 2 e 3 cod. proc. pen., nonché apparenza, contraddittorietà e illogicità motivazionale. Ci si duole che il Tribunale del riesame, pur menzionando la sentenza delle Sezioni Unite Aquilina, non ne abbia poi rispettato i principi, afferenti alla valutazione delle chiamate de relato.La difesa evidenzia che detto Tribunale oblitera le deduzioni difensive, rassegnate esplicitamente in una memoria prodotta all'udienza dinanzi allo stesso, sul propalato del collaboratore O, carente per non avere mai il suddetto riferito che S sarebbe stato l'esecutore materiale e contraddittorio sia con riguardo alle modalità dell'incontro con V P, smentite da un dato obiettivo quale la trascrizione della conversazione n. progr. 3878, sia con riguardo all'apprensione della notizia riguardo al ristorante ove avrebbe effettivamente cenato Piriti°, che non poteva che essere avvenuta solo dopo le 21.00, sulla base delle captazioni e delle s.i.t. di Raffaele Blefari, diversamente da quanto affermato dal collaboratore nell'interrogatorio, il quale riferisce di averlo saputo prima, durante l'incontro con P. Rileva che il Tribunale è altresì sfuggito alle argomentazioni difensive relative alla valutazione delle chiamate de relato degli altri collaboratori di giustizia. A cominciare da B, del quale dichiara la attendibilità, pure a fronte di palesato astio nei confronti del ricorrente, accusato di avergli ucciso il fratello, e pur non essendo stato il collaboratore in grado, nel successivo interrogatorio del 31.5.18, di riferire né il motivo per cui avveniva l'omicidio in esame né gli esecutori. Rileva la difesa che ancora più labile è la motivazione rispetto alle propalazioni di A F e all'interpretazione dell'affermazione fatta dallo stesso ("perché più o meno chirru cchi sacciu"), che sembrerebbe l'espressione di un'informazione di voci correnti piuttosto che di una confidenza riservata ottenuta. Osserva, sempre il difensore, che il Tribunale del riesame, a fronte dell'evidenziato contrasto tra le dichiarazioni del collaboratore V e quelle rese dall'avvocato F, che smentirebbero le prime sia in ordine alla descrizione fisica che non coinciderebbe con quella di S, sia in ordine alla stessa oggettiva possibilità di riconoscere l'esecutore travisato da un casco integrale e da una tuta da imbianchino, si limita a sostenere che non è escluso che F in un momento successivo alla deposizione abbia riferito di S in via confidenziale a V, ancora una volta dando rilievo ad una possibilità ma non ad una probabilità. Censura il difensore il frazionamento delle dichiarazioni di V M, ritenute attendibili con riguardo alla confidenza che il suddetto avrebbe ricevuto da S circa l'intenzione di uccidere C, nonostante la smentita delle dichiarazioni sul successivo incontro in carcere dopo l'evento e sulla conferma in quella occasione della partecipazione all'omicidio, smentita che avrebbe dovuto far ritenere assolutamente inattendibile M. Si duole, sempre la difesa, che le dichiarazioni di F F circa l'esecuzione dell'omicidio da parte di A e C, invece che collocate in contrapposizione a quelle degli altri collaboratori di giustizia per rilevarne l'assoluta incertezza indiziaria, siano state valorizzate dal Tribunale del riesame, desumendo dalle stesse il riferimento a contatti tra A e S. Rileva, quindi, la difesa che il Tribunale del riesame si è sottratto all'analisi dell'affidabilità dei chiamanti e all'applicazione dei principi giurisprudenziali anche relativi alla c.d. frazionabilità delle dichiarazioni, trincerandosi dietro un generico riferimento ad una pluralità di fonti dichiarative che, in un modo o nell'altro, attribuiscono a S un ruolo nell'omicidio di P. Osserva il difensore come l'aspetto più allarmante dell'ordinanza impugnata sia offerto dal superamento dell'obiezione difensiva circa la sottoposizione di S agli arresti domiciliari in data 5 agosto 2007, che portava gli inquirenti, nella relazione di servizio del 6 novembre 2007, ad escludere che lo stesso potesse essere l'esecutore materiale dell'omicidio. Lamenta che il Tribunale del riesame esprima un giudizio di plausibilità della violazione delle prescrizioni della misura cautelare in corso, deducendolo peraltro da una presunta violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, da cui lo stesso è stato, altresì, assolto;
e che non si confronti con la deduzione difensiva relativa all'esistenza di una conversazione - progr. 3020 delle ore 19.30 dell'Il agosto 2007 - tra Mario Siciliani, Raffaele Lettieri e Raffaele Blefari, tutti presenti al momento della sparatoria, circa un appostamento da parte dei killers fuori del ristorante durato almeno quindici minuti, circostanza che renderebbe altamente improbabile che S possa aver commesso l'omicidio allontanandosi per così tanto tempo dalla propria abitazione.
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