Cass. pen., sez. VI, sentenza 01/07/2020, n. 19767

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 01/07/2020, n. 19767
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19767
Data del deposito : 1 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da:

1.Procuratore generale della Corte di appello di Bari nel procedimento a carico di: B A, nato a Cerignola il 24/10/1961 D A, nata a Cerignola il 20/9/1974 2.B A, nato a Cerignola il 24/10/1961 3.D A, nata a Cerignola il 20/9/1974 avverso il decreto del 2/5/2019 della Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere E A G;
letta la richiesta del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M D M che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio limitatamente a D A e il rigetto nel resto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Bari, pronunciando a seguito di sentenza del 16 gennaio 2018 di annullamento con rinvio della Seconda Sezione Penale di questa Corte, ha accolto il ricorso di A D e, per l'effetto, ha revocato la confisca della quota del 50%, di proprietà di D A, dei beni costituiti da un appartamento, categoria A 3, censito in Catasto di Cerignola al foglio 203, particella 1430, subalterno 24 sito in via Monte Bianco, n. 6, scala A, interno 1, piano 1 e del box, categoria C 6 censito al Catasto al foglio 203, subalterno 29 ivi ubicato al piano terra dell'immobile di via Monte Bianco, 6. Ha, invece, respinto il ricorso di A B confermando la confisca della quota del 50% dei predetti immobili.

2. La misura oggetto di impugnazione era costituita dal decreto emesso dal Tribunale di Foggia in applicazione della cd. confisca disgiunta: in presenza della qualificata pericolosità di A B - condannato con sentenza irrevocabile del 22 giugno 2000 per il reato di partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso con condotta dal dall'Il luglio 1990 al marzo 1994 - il Tribunale aveva ritenuto sussistente, in relazione all'acquisto del bene con atto pubblico del 25 giugno 1993 ( a seguito alla stipula di un contratto preliminare del 14 giugno 1991), la correlazione temporale con l'accertata pericolosità;
la mancata dimostrazione della legittima provenienza delle somme impiegate nell'acquisto e la sproporzione tra la capacità reddituale in capo al destinatario del provvedimento di confisca e le somme impiegate per l'acquisto.

3. Ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento del decreto, nella parte in cui ha disposto la revoca della confisca a favore di A D, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari denunciando violazione di legge, per mancanza assoluta di motivazione e violazione dell'obbligo di uniformarsi alla decisione della Corte di Cassazione non avendo la Corte di merito proceduto alla verifica della sussistenza della provvista finanziaria di cui avrebbe potuto disporre, ai fini dell'acquisto, A D. La Corte, e il rilievo è oggetto del secondo motivo di impugnazione, in presenza di un acquisto compiuto dal coniuge della Dantone, A B, in periodo di manifesta accertata pericolosità sociale, ha ritenuto riferibile alla Dantone una quota parte del prezzo versato per l'acquisto in mancanza di prova della percezione di redditi e di disponibilità economiche adeguate in capo alla predetta. La Dantone, coniugata con il Bisio e con costui convivente fino all'anno 2002 non aveva, a tenore dell'accertamento patrimoniale in atti, mai percepito alcune reddito dal 1985 all'anno 2002 tanto meno negli anni di interesse dell'acquisto: circostanza, questa, che rende neutri gli importi dei saldi complessivi, rimasti invariati per il nucleo familiare, risultanti dalla perizia contabile sulla quale è fondato il giudizio di sproporzione tra le somme impiegate per l'acquisto ed i redditi leciti del Bisio sicchè del tutto indimostrata ne è la provenienza lecita in capo alla Dantone, nonostante la formale intestazione dell'immobile in regime di comunione legale tra i coniugi.

4. Con ricorsi autonomi ma motivi comuni, di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., propongono impugnazione anche A B e, in qualità di terza interessata, A D chiedendo l'annullamento del decreto per violazione dell'art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 627, 628, 125, 234, 238, 238 bis cod. proc. pen.;
art. 240 bis, 220, cod. pen e 20 e 24 del decreto legislativo n. 159 del 2011. Sotto un primo aspetto, i ricorrenti sostengono che il provvedimento impugnato è inficiato perché sorretto, con riguardo ai presupposti legittimanti la confisca, da motivazione meramente apparente perché in contrasto con la sentenza del Tribunale di Foggia del 3 luglio 2018 di rigetto della richiesta di confisca cd. allargata in relazione al medesimo bene e, altresì, in contrasto con le risultanze della consulenza di parte redatta da dottor B e per il mancato esame della memoria difensiva depositata prima del giudizio camerale in appello. Secondo i ricorrenti la consulenza di parte svolta nel procedimento penale, culminato nella sentenza sopra indicata, ha comprovato una situazione di perfetto equilibrio e sicura capienza tra le risorse finanziarie del nucleo familiare Brandosinio/Dantone, derivanti dalla gestione dell'azienda agricola di famiglia. Da qui, altresì, la erroneità del decreto impugnato e l'irreparabile error juris di applicazione degli artt. 20 e 24 del d. igs. 159 del 2011 in relazione all'art. 240-bis cod. pen. in ordine allo statuto probatorio ed alla dinamica applicativa della misura di prevenzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ritiene il Collegio che il ricorso del Procuratore generale è fondato e che, pertanto, deve essere annullato il decreto impugnato nella parte in cui, in accoglimento del ricorso di A D, in qualità di terza interessata, ha disposto la revoca della confisca della quota del 50% degli immobili (I' appartamento e il box). L'annullamento impone il rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Bari. Devono, invece, essere rigettati i ricorsi proposti nell'interesse di A B e D A che vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

2. Come anticipato, l'odierno decreto è stato emesso a seguito di annullamento con rinvio disposto da questa Corte con la sentenza del 16 gennaio 2018 che, in relazione alla posizione di A D, osservava come non fosse stata corretta la decisione di merito di escludere la legittimazione all'impugnazione del decreto da parte della Dantone, quale terza interessata, in quanto risultava dall'atto pubblico di compravendita del 25 giugno 1993 che A B aveva dichiarato di essere coniugato in regime di comunione legale dei beni con la moglie, A D, con la conseguenza che, a prescindere dalla formale intestazione dei beni, gli stessi erano divenuti oggetto della comunione (art. 177, comma 1 lett. a) cod. civ.). La Corte prescriveva, pertanto, al giudice di rinvio la necessità di considerare il dato della proprietà degli immobili da parte della Dantone ai fini del giudizio inerente alla sproporzione tra l'investimento immobiliare contestato e le risorse in quel momento disponibili per gli acquirenti.La Corte distrettuale, disattendendo tale prescrizione, ha invece ritenuto che fosse sufficiente la mera proprietà del bene in capo alla Dantone a giustificare la revoca della confisca dal momento che, osserva la Corte barese, nessun provvedimento di confisca della quota del 50% dei beni era mai stato chiesto nei confronti della Dantone. Si tratta, infatti, della superfetazione di un dato meramente formale, e, quindi, di motivazione apparente, dal momento che la confisca di prevenzione aveva colpito gli immobili nella loro interezza, e non pro quota, tanto è vero che questa Corte aveva rilevato la erroneità della disposta ablazione riconoscendo alla Dantone la legittimazione ad impugnare il decreto - legittimazione che era stata invece negata nel giudizio di merito - con la necessaria prescrizione di valutare le concrete modalità dell' acquisto dell'immobile da parte della Dantone ai fini della verifica dei requisiti di confiscabilità del bene.
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