Cass. pen., sez. III, sentenza 06/12/2019, n. 49742
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da R V, nato a Napoli il 22/05/1935, avverso l'ordinanza del 06.02.2019 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere G N;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale F L che ha chiesto di dichiarare inammissibie il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 06.02.2019, il giudice dell'esecuzione presso la Corte di Appello di Napoli, adito nell'interesse di R V, rigettava la richiesta di revocare l'ordine di demolizione di un'opera edilizia abusiva, disposto con sentenza di condanna - irrevocabile in data 16.04.1998 - intervenuta nei confronti di R V.
2. Avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione R V, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi di impugnazione.
3. Contesta con il primo motivo di impugnazione, ai sensi dell'art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 665 comma 5 cod. proc. pen. e 39 L. 724/1994, il vizio di violazione di legge per il mancato esercizio da parte del giudice dell'esecuzione dei poteri istruttori di cui all'art. 666 cod. proc. pen., con riferimento alla omessa verifica della prevedibile tennpistica di definizione della istanza proposta, a fronte della prospettata pendenza di una completa domanda di condono, corredata del pagamento delle oblazioni e degli oneri accessori. Tanto più a fronte della rappresentata e allegata decisione del comune di Napoli, intervenuta con delibera del 20 aprile 2018, di affrontare e risolvere la questione della pendenza delle domande di condono relative ad opere ricadenti in aree vincolate.
4. Con il secondo motivo di impugnazione deduce il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 31 del D.P.R. 380/01 e 20 lett. b) L. 47/85, per violazione dell'art. 173 cod. proc. pen. : la corte avrebbe erroneamente ritenuto che l'ordine di demolizione integri una sanzione di natura amministrativa, come tale imprescrittibile, atteso che tale principio non sarebbe condivisibile con riferimento a disposizioni di demolizione ordinate dal giudice penale ex art. 31 comma 9 DPR 380/01. Si tratta in questo caso della esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quello della P.A.: mentre quest'ultima può modulare lo strumento migliore per tutelare il territorio a fronte di opere abusive, scegliendo tra demolizione, acquisizione al patrimonio e applicazione di .sanzione pecuniaria, non ha tali caratteristiche il potere in cui si esplica l'ordine di demolizione disposto dal giudice penale, che consegue necessariamente alla condanna penale. Cosicchè il predetto ordine deve in tal modo rientrare nel regime del codice penale e ritenersi sottoposto alla disciplina della prescrizione della sanzione e dell'art. 173 cod. pen., da applicarsi in via anlogica. Tanto anche alla luce del principio per cui, in caso di estinzione del reato, l'ordine di demolizione deve essere revocato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente occorre evidenziare che il secondo motivo di impugnazione è manifestamente infondato. Questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 Rv. 265540 Delorier) ha escluso la natura sanzionatoria dell'ordine di demolizione sulla base di una un'articolata disamina della relativa disciplina di cui al D.P.R. 380/01. Da essa si è evinto che la demolizione dell'abuso edilizio è stata disegnata dal Legislatore come un'attività avente finalità ripristinatorie dell'originario assetto del territorio imposta all'autorità amministrativa, la quale deve provvedervi direttamente nei casi previsti dall'art. 27, comma 2 del TUE o attraverso la procedura di ingiunzione. Si tratta, dunque, di sanzioni amministrative che prescindono dalla sussistenza di un danno e dall'elemento psicologico del responsabile, in quanto applicabili anche in caso di violazioni incolpevoli;
come tali sono rivolte non solo alle persone fisiche, ma anche alle persone giuridiche ed agli enti di fatto e sono generalmente trasmissibili nei confronti degli eredi del
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere G N;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale F L che ha chiesto di dichiarare inammissibie il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 06.02.2019, il giudice dell'esecuzione presso la Corte di Appello di Napoli, adito nell'interesse di R V, rigettava la richiesta di revocare l'ordine di demolizione di un'opera edilizia abusiva, disposto con sentenza di condanna - irrevocabile in data 16.04.1998 - intervenuta nei confronti di R V.
2. Avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione R V, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi di impugnazione.
3. Contesta con il primo motivo di impugnazione, ai sensi dell'art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 665 comma 5 cod. proc. pen. e 39 L. 724/1994, il vizio di violazione di legge per il mancato esercizio da parte del giudice dell'esecuzione dei poteri istruttori di cui all'art. 666 cod. proc. pen., con riferimento alla omessa verifica della prevedibile tennpistica di definizione della istanza proposta, a fronte della prospettata pendenza di una completa domanda di condono, corredata del pagamento delle oblazioni e degli oneri accessori. Tanto più a fronte della rappresentata e allegata decisione del comune di Napoli, intervenuta con delibera del 20 aprile 2018, di affrontare e risolvere la questione della pendenza delle domande di condono relative ad opere ricadenti in aree vincolate.
4. Con il secondo motivo di impugnazione deduce il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all'art. 31 del D.P.R. 380/01 e 20 lett. b) L. 47/85, per violazione dell'art. 173 cod. proc. pen. : la corte avrebbe erroneamente ritenuto che l'ordine di demolizione integri una sanzione di natura amministrativa, come tale imprescrittibile, atteso che tale principio non sarebbe condivisibile con riferimento a disposizioni di demolizione ordinate dal giudice penale ex art. 31 comma 9 DPR 380/01. Si tratta in questo caso della esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quello della P.A.: mentre quest'ultima può modulare lo strumento migliore per tutelare il territorio a fronte di opere abusive, scegliendo tra demolizione, acquisizione al patrimonio e applicazione di .sanzione pecuniaria, non ha tali caratteristiche il potere in cui si esplica l'ordine di demolizione disposto dal giudice penale, che consegue necessariamente alla condanna penale. Cosicchè il predetto ordine deve in tal modo rientrare nel regime del codice penale e ritenersi sottoposto alla disciplina della prescrizione della sanzione e dell'art. 173 cod. pen., da applicarsi in via anlogica. Tanto anche alla luce del principio per cui, in caso di estinzione del reato, l'ordine di demolizione deve essere revocato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente occorre evidenziare che il secondo motivo di impugnazione è manifestamente infondato. Questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 Rv. 265540 Delorier) ha escluso la natura sanzionatoria dell'ordine di demolizione sulla base di una un'articolata disamina della relativa disciplina di cui al D.P.R. 380/01. Da essa si è evinto che la demolizione dell'abuso edilizio è stata disegnata dal Legislatore come un'attività avente finalità ripristinatorie dell'originario assetto del territorio imposta all'autorità amministrativa, la quale deve provvedervi direttamente nei casi previsti dall'art. 27, comma 2 del TUE o attraverso la procedura di ingiunzione. Si tratta, dunque, di sanzioni amministrative che prescindono dalla sussistenza di un danno e dall'elemento psicologico del responsabile, in quanto applicabili anche in caso di violazioni incolpevoli;
come tali sono rivolte non solo alle persone fisiche, ma anche alle persone giuridiche ed agli enti di fatto e sono generalmente trasmissibili nei confronti degli eredi del
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