Cass. pen., sez. III, sentenza 27/04/2023, n. 17395
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: C W nato il 19/06/1980 avverso la sentenza del 23/02/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere V D N;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore P M che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen., riportandosi alle conclusioni già depositate, chiede che venga dichiarata l'inammissibilitaldel ricorso. udito il difensore L'avvocato A M, al termine del proprio intervento, insiste nell'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. E' impugnata la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale di Bergamo, ha ridotto in mesi due di reclusione la pena inflitta al ricorrente per il reato di tentata vendita di prodotto industriali con segni mendaci cui all'art. 517 cod. pen. perché, in qualità di legale rappresentante della società denominata "H.M. 2 S.r.l.", compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in vendita 274 prodotti elettrici a bassa tensione - specificatamente 244 confezioni di catene luminose marca Baule Group S.r.l. e 30 confezioni di catene luminose marca Oceano - recanti sull'involucro contenitivo la marcatura "CE" attestante la conformità dei predetti prodotti ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive comunitarie ad essi applicabili, nonostante che la sezione del cablaggio degli stessi fosse inferiore ai limiti fissati dalle norme di sicurezza, così da indure in inganno il consumatore circa la qualità dei prodotti posti in vendita. La sentenza di primo grado è stata poi confermata nel resto.
2. Il ricorso, presentato dal difensore di fiducia, è affidato a due motivi, come di seguito riassunti ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l'inosservanza delle norme processuali previste a pena di nullità con riferimento agli artt. 464, primo comma ultimo periodo, e 429, primo e secondo comma, cod. proc. pen. Sostiene che, in data 16 maggio 2018, la difesa dell'imputato eccepiva la nullità del decreto che dispone il giudizio per indeterminatezza del capo di imputazione, sul rilievo che la formulazione del capo d'accusa non consentiva di individuare con sufficiente chiarezza e precisione le condotte contestate. La condotta descritta nel capo d'imputazione contestato sarebbe, secondo il ricorrente, indeterminata e priva dell'indicazione degli elementi d'accusa che devono essere tutti individuati: non solo mancherebbe qualsivoglia indicazione in ordine alle norme di sicurezza violate ed ai requisiti di sicurezza che i prodotti avrebbero dovuto rispettare, ma vi sarebbe anche un problema in ordine all'identificazione dei prodotti stessi. Osserva il ricorrente che il giudice di primo grado, nel rigettare l'eccezione, aveva argomentato come l'imputazione andasse letta alla luce dei verbali di sequestro ma il ricorrente aveva obiettato che i verbali richiamati dal Giudice non potevano considerarsi idonei a fornire alla difesa alcun elemento ad integrazione delle lacune del capo d'imputazione, per il solo fatto che attenevano a prodotti ontologicamente diversi da quelli oggetto del processo. Aggiunge che la specifica identificazione dei prodotti, la normativa applicabile agli stessi e la valutazione in ordine al rispetto dei requisiti di sicurezza della merce era avvenuta in un momento successivo alla formulazione del capo d'imputazione ed alla apertura del dibattimento e, pertanto, anche al rigetto dell'eccezione tempestivamente proposta, ovvero nel momento in cui il perito nominato dal Giudice ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., aveva depositato la relazione peritale. La Corte d'appello avrebbe liquidato il motivo sostenendo che i rilievi difensivi attenevano alla prova della contestazione piuttosto che alla chiarezza della contestazione stessa. Obietta il ricorrente che, come diffusamente trattato nel motivo di ricorso, l'eccezione attiene alla specificità e precisione del fatto contestato e non alla sua fondatezza.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione. Osserva che l'assoluzione dovesse fondarsi sulla mancanza dell'elemento soggettivo del dolo per le seguenti
udita la relazione svolta dal Consigliere V D N;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore P M che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen., riportandosi alle conclusioni già depositate, chiede che venga dichiarata l'inammissibilitaldel ricorso. udito il difensore L'avvocato A M, al termine del proprio intervento, insiste nell'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. E' impugnata la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale di Bergamo, ha ridotto in mesi due di reclusione la pena inflitta al ricorrente per il reato di tentata vendita di prodotto industriali con segni mendaci cui all'art. 517 cod. pen. perché, in qualità di legale rappresentante della società denominata "H.M. 2 S.r.l.", compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in vendita 274 prodotti elettrici a bassa tensione - specificatamente 244 confezioni di catene luminose marca Baule Group S.r.l. e 30 confezioni di catene luminose marca Oceano - recanti sull'involucro contenitivo la marcatura "CE" attestante la conformità dei predetti prodotti ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive comunitarie ad essi applicabili, nonostante che la sezione del cablaggio degli stessi fosse inferiore ai limiti fissati dalle norme di sicurezza, così da indure in inganno il consumatore circa la qualità dei prodotti posti in vendita. La sentenza di primo grado è stata poi confermata nel resto.
2. Il ricorso, presentato dal difensore di fiducia, è affidato a due motivi, come di seguito riassunti ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l'inosservanza delle norme processuali previste a pena di nullità con riferimento agli artt. 464, primo comma ultimo periodo, e 429, primo e secondo comma, cod. proc. pen. Sostiene che, in data 16 maggio 2018, la difesa dell'imputato eccepiva la nullità del decreto che dispone il giudizio per indeterminatezza del capo di imputazione, sul rilievo che la formulazione del capo d'accusa non consentiva di individuare con sufficiente chiarezza e precisione le condotte contestate. La condotta descritta nel capo d'imputazione contestato sarebbe, secondo il ricorrente, indeterminata e priva dell'indicazione degli elementi d'accusa che devono essere tutti individuati: non solo mancherebbe qualsivoglia indicazione in ordine alle norme di sicurezza violate ed ai requisiti di sicurezza che i prodotti avrebbero dovuto rispettare, ma vi sarebbe anche un problema in ordine all'identificazione dei prodotti stessi. Osserva il ricorrente che il giudice di primo grado, nel rigettare l'eccezione, aveva argomentato come l'imputazione andasse letta alla luce dei verbali di sequestro ma il ricorrente aveva obiettato che i verbali richiamati dal Giudice non potevano considerarsi idonei a fornire alla difesa alcun elemento ad integrazione delle lacune del capo d'imputazione, per il solo fatto che attenevano a prodotti ontologicamente diversi da quelli oggetto del processo. Aggiunge che la specifica identificazione dei prodotti, la normativa applicabile agli stessi e la valutazione in ordine al rispetto dei requisiti di sicurezza della merce era avvenuta in un momento successivo alla formulazione del capo d'imputazione ed alla apertura del dibattimento e, pertanto, anche al rigetto dell'eccezione tempestivamente proposta, ovvero nel momento in cui il perito nominato dal Giudice ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen., aveva depositato la relazione peritale. La Corte d'appello avrebbe liquidato il motivo sostenendo che i rilievi difensivi attenevano alla prova della contestazione piuttosto che alla chiarezza della contestazione stessa. Obietta il ricorrente che, come diffusamente trattato nel motivo di ricorso, l'eccezione attiene alla specificità e precisione del fatto contestato e non alla sua fondatezza.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione. Osserva che l'assoluzione dovesse fondarsi sulla mancanza dell'elemento soggettivo del dolo per le seguenti
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